la sostenibilità ambientale e sociale nelle politiche pubbliche durante la pandemia da covid 19

di Fabiola Riccardini

Abstract  

La sostenibilità già a partire dalla fine del 2019, con il Green Deal, è divenuta centrale nelle politiche europee. A maggio 2020 sono state pubblicate le raccomandazioni specifiche per Paese, sottolineando che l’integrazione degli SDG (Obiettivi di sviluppo sostenibile) nel Semestre europeo appare ancora più importante rispetto al passato, in un contesto caratterizzato dalla diffusione della pandemia, che ha reso evidenti l’interconnessione delle sfere economiche, sociali e ambientali e la necessità di una strategia generale della ripresa nonchè invitato i Paesi membri a fare il punto dei progressi sull’attuazione degli SDG nei rispettivi Programmi Nazionali di Riforma (PNR). In poco tempo allo scoppiare della pandemia il panorama regolatorio dell’Unione europea è mutato profondamente ed è stato messo a punto il Next Generation EU, insieme di misure per la ripresa ma con una visione di lungo periodo. Il monitoraggio dei risultati delle politiche, attraverso indicatori comuni, l’analisi degli effetti nonché le previsioni strategiche sono entrati a pieno titolo nei processi di valutazione delle politiche europee.

L’analisi dei principali documenti di programmazione politica nazionale per i periodi futuri mostra luci e ombre rispetto ai concetti di sviluppo sostenibile e benessere. Se nel PNR le priorità indicate sono state collegate agli SDG negli altri documenti: NADEF (Nota di aggiornamento del documento di economia e finanza), Legge di Bilancio e PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza allo stato attuale), tale collegamenti non sono più espliciti. Per quanto riguarda il monitoraggio degli obiettivi nonostante l’Italia sia all’avanguardia nell’utilizzo degli indicatori di benessere BES nella Legge di Bilancio, che secondo la riforma del 2016 prevede, nell’allegato al DEF, una relazione sugli indicatori BES, tuttavia questi indicatori utilizzati sono solo un contenuto numero rispetto al set completo di indicatori prodotto dall’Istat, mentre gli indicatori SDG non sono previsti in alcun documento di politica generale, ad eccezione per alcuni di essi utilizzati per la Strategia di sviluppo sostenibile. Con la riforma del CIPE, oggi denominato CIPESS (Comitato per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile) bisognerà tener conto che la programmazione economica sarà orientata allo sviluppo sostenibile.   La PA avrà un ruolo importante nella formulazione e implementazione dei programmi di ripresa e resilienza, dunque è necessario un rapido allineamneto alle indicazioni europee.

L’appendice allegata analizza le tendenze degli indicatori SDG, BES e BES nel DEF con focus sulla sostenibilità nelle imprese e sulle disuguaglianze economiche, territoriali, di genere e di età, che dovrebbero essere tenute in conto per designare le politiche future orientate alla sostenibilità ed equità, in analogia a quanto avviene in sede europea, al fine anche di prevedere gli effetti delle politiche stesse.

 

2.1.1      Introduzione

In questi tempi di decisioni per la ripresa e per la fase oltre l’emergenza del Coronavirus, le priorità politiche, in termini di sviluppo in senso equo e sostenibile, non devono cambiare, altrimenti saremo sul sentiero di crisi sempre più ricorrenti e profonde.  Adottare i criteri della sostenibilità e dell’equità del benessere significa anche capire i pericoli derivanti dal nostro modello di sviluppo e come anche questa crisi ci abbia insegnato che la salute delle persone è strettamente connessa con la salute del pianeta. Ci siamo fatti trovare impreparati ad un evento che diversi studiosi avevano indicato come altamente probabile, spetta ora ai politici il compito di adottare misure con una visione oltre l’immediato e verso un futuro meno denso di vulnerabilità e più caratterizzato da elementi di resilienza[1].

Dall’altro canto sposare i criteri di sostenibilità ed equità ci porterà a comprendere anche l’eccezionale risposta che gli individui, i Paesi, l’Europa e il mondo stanno dando nell’adattarsi alle nuove regole di convivenza sociale. La pandemia ha fatto retrocedere i risultati positivi ottenuti in tanti campi e, dopo cinque anni dalla firma dei Paesi dell’Agenda 2030 con i suoi 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile, è più che mai importante incrementare gli sforzi per il loro perseguimento, come occasione di solidarietà internazionale e nazionale da non perdere[2]. Nel campo economico[3] e della finanza, nelle componenti più dinamiche, unite alla società civile si assiste invece un’accelerazione verso il cambio di paradigma che gli Obiettivi di sviluppo sostenibile richiedono.

Seguire i criteri di sostenibilità ed equità vuol dire ripensare anche il ruolo dello Stato e della PA, che diventa centrale per la loro adozione. L’intervento dello Stato si deve manifestare non solo nel ripristinare un welfare diffuso, che miri al diritto all’esistenza, alla salvaguardia di ogni forma di vita, per ogni componente delle nostre società e dei territori, proteggendo soprattutto i più deboli, che sono enormemente colpiti in questa tragica situazione [4], ma anche nell’indirizzo della produzione, nell’organizzazione dei mercati e nell’orientamento delle imprese e delle istituzioni attraverso una politica industriale e del lavoro, nel gestire le emergenze climatiche e sviluppare una politica ambientale a tutto campo al fine di ridurre la pressione antropica sull’ambiente. Il ruolo dello Stato deve, quindi, essere rivisto e fatta emergere la necessità di ipotizzare nuove reciproche relazioni tra Stato, imprese, finanza, terzo settore e cittadini, nel costruire lo sviluppo auspicato del Paese.

In questo contributo si analizza per primo il quadro europeo delle politiche attuali che hanno inserito la sostenibilità e l’equità tra le linee guida di ogni politica in campo economico, sociale e ambientale sposando esplicitamente gli obiettivi SDG e, successivamente, il tipo di recepimento di tali linee da parte dell’Italia, attraverso l’analisi dei principali documenti che rappresentano le linee portanti delle politiche nazionali durante la pandemia in corso. In appendice si presentano alcune evidenze empiriche attraverso gli indicatori SDG e BES con due focus sulle imprese e sulle disuguaglianze, che raffigurano la realtà nazionale secondo gli obiettivi precitati.

 

 

  • Quadro europeo.

Per la prima volta gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (da ora SDG acronimo della dizione inglese) delle Nazioni Unite sono stati integrati nelle fasi salienti del Semestre europeo, al fine di contribuire ad orientare le politiche economiche, sociali e di bilancio degli Stati membri verso il raggiungimento degli SDG, tenendo conto delle differenze tra paesi, monitorando i progressi e garantendo un più stretto coordinamento degli sforzi nazionali. La sostenibilità già a partire dalla fine del 2019, con il Green Deal, è divenuta centrale nelle politiche europee. A febbraio 2020 la Commissione europea ha presentato le relazioni per Paese 2020[5], recanti un’analisi e un monitoraggio degli SDG, cui figura per la prima volta, a corredo dell’analisi delle politiche economiche e sociali, una sezione per la sostenibilità ambientale, al fine di favorire le iniziative degli Stati e individuare sinergie e possibili compromessi tra le politiche ambientali, sociali ed economiche a livello nazionale. A maggio 2020 sono state pubblicate le raccomandazioni specifiche per Paese, sottolineando che l’integrazione degli SDG nel Semestre europeo appare ancora più importante rispetto al passato, in un contesto caratterizzato dalla diffusione della pandemia, che ha reso evidenti l’interconnessione delle sfere economiche, sociali e ambientali e la necessità di una strategia generale della ripresa e invitato i Paesi membri a fare il punto dei progressi sull’attuazione degli SDG nei rispettivi Programmi Nazionali di Riforma (PNR).

Il Coronavirus ha sconvolto il mondo e l’Europa, mettendo a dura prova i sistemi sanitari e previdenziali, le economie e le società, il modo di vivere e di lavorare insieme.  In poco tempo allo scoppiare della pandemia il panorama regolatorio dell’Unione europea è mutato profondamente: sospeso il Patto di stabilità fino alla fine del 2021, prevista una linea di credito del MES destinata alla spesa sanitaria, autorizzato l’emissione di bond europei, consentita un’ampia flessibilità per gli aiuti di Stato fino alla fine del 2020, emanato il Next Generation EU, inserito nel bilancio dell’Unione un fondo per la ripresa e resilienza (RRF) che, insieme alle autorizzazioni potenziali per gli aiuti di Stato, porta ad un intervento finanziario senza precedenti.   Il monitoraggio dei risultati delle politiche, attraverso indicatori comuni, l’analisi degli effetti nonché le previsioni strategiche sono entrati a pieno titolo nei processi di valutazione delle politiche europee.

2.1.2.1.Green Deal Europeo

Il Green Deal è un piano di azione europeo presentato a dicembre del 2019 che prevede una serie di iniziative  per rendere l’Europa il primo continente climaticamente neutro entro il 2050, stimolando l’economia, migliorando la salute dei cittadini e la loro qualità della vita, prendendosi cura della Natura e non lasciando nessuno indietro. In sostanza l’obiettivo è quello di rendere l’economia europea sostenibile, trasformando le problematiche climatiche e le sfide ambientali in opportunità per tutti gli ambiti politici e rendendo la transizione equa e inclusive per tutti.

Le azioni previste mirano a diversi obiettivi e in particolare:

  • promuovere l’uso efficiente delle risorse passando a un’economia pulita e circolare
  • ripristinare la biodiversità e ridurre l’inquinamento
  • investire in tecnologie rispettose dell’ambiente
  • sostenere l’industria nell’innovazione
  • introdurre forme di trasporto privato e pubblico più pulite, più economiche e più sane
  • decarbonizzare il settore energetico
  • garantire una maggiore efficienza energetica degli edifici
  • collaborare con i partner internazionali per migliorare gli standard ambientali mondiali
  • dare sostegno finanziario e assistenza tecnica per aiutare i soggetti più colpiti dal passaggio all’economia verde.

Ad oggi diverse azioni e piani sono stati emanati:

Le politiche delineate in questo contesto hanno un carattere prevalentemente ambientale anche se l’impostazione generale percorre le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile (economica, sociale e ambientale) ed avranno durata nel periodo 2021-2027.

 

2.1.2.2 Next Generation EU e il Recovery and Resilience Facility (NGEU e RRF).  

Il Next Generation EU (Comunicazione del 27 maggio 2020 “COM/2020 442 final”) è un pacchetto di misure per la ripresa e vuole garantire al bilancio dell’Unione europea la capacità aggiuntiva di cui ha bisogno per affrontare le sfide pressanti. E’ quindi uno strumento di emergenza una tantum, attivato per un periodo limitato ed esclusivamente ai fini della risposta alla crisi generata dalla pandemia e delle misure per la ripresa. Tuttavia rappresenta il documento cardine delle politiche europee attuali con una visione a lungo termine.

Il bilancio a lungo termine dell’UE, unito all’iniziativa NextGenerationEU, costituise uno strumento temporaneo pensato per stimolare la ripresa e costituirà il più ingente pacchetto di misure di stimolo mai finanziato dall’UE, con uno stanziamento totale di 1.850 miliardi di euro. Il nuovo bilancio a lungo termine potenzierà i meccanismi di flessibilità volti a garantire la possibilità di fare fronte a esigenze impreviste. Sarà quindi adeguato non solo alle realtà attuali, ma anche alle incertezze future. L’obiettivo è un’Europa più ecologica, digitale e resiliente.   I fondamenti quindi della politica europea della ripresa, che non dovrà essere come in precedenza, ma compiere un balzo in avanti, saranno basati su: green deal europeo come strategia per la ripresa, rafforzamento del mercato unico adattandolo all’era digitale e una ripresa equa e inclusiva per tutti, nonchè una leadership responsabile nel mondo.

A novembre 2020, in sede di Consiglio, il Parlamento europeo e gli Stati membri hanno raggiunto un accordo sul prossimo bilancio a lungo termine dell’UE e su NextGenerationEU. L’accordo consentirà di rafforzare programmi specifici nel quadro del bilancio a lungo termine per il periodo 2021-2027. Il bilancio europeo andrà ad integrare gli sforzi nazionali.

Il Next Generation EU reperirà sui mercati finanziari risorse per 750 miliardi di euro, 390 miliardi di euro di sovvenzioni e 360 miliardi di EUR di prestiti e il loro rimborso sarà spalmato nei futuri bilanci dell’EU a partire dal 2028 e fino al 2058.

I fondi reperiti da Next Generation EU si incanaleranno su tre pilastri:

1.Sostegno agli Stati membri per investimenti e riforme.

  • Un nuovo Dispositivo per la ripresa e la resilienza (Recovery and Resilience Facility – RRF -) da 672,5 miliardi di euro, per sostenere investimenti e riforme, anche nell’ottica della transizione verde e digitale e per la resilienza delle economie nazionali, assicurandone il collegamento con le priorità europee[6].
  • Gli attuali programmi di politica di coesione avranno 55 miliardi di euro in più da ora al 2022 nell’ambito della nuova iniziativa REACT-EU.
  • Il potenziamento del Fondo per una transizione giusta con un importo fino a 40 miliardi di euro che aiuterà gli Stati membri ad eccelerare l’obiettivo alla neutralità climatica.
  • Un incremento di 15 miliardi di euro per il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale per aiutare le zone rurali a introdurre i cambiamenti strutturali richiesti dal Green Deal europeo e a centrare gli obiettivi delle nuove strategie sulla biodiversità e “dal produttore al consumatore”.

2.Rilanciare l’economia dell’EU incentivando l’investimento privato

  • Un nuovo strumento di sostegno, operativo già dal 2020, alla solvibilità mobiliterà risorse private al fine di aiutare con urgenza le imprese europee economicamente sostenibili che operano nei settori, nelle regioni e nei paesi più colpiti. Lo strumento avrà in dotazione 31 miliardi di euro e mirerà a reperire sostegno alla solvibilità per 300 miliardi di euro a favore delle imprese di tutti i settori economici e a prepararle all’economia più pulita, digitale e resiliente del futuro.
  • Il potenziamento di InvestEU, il programma d’investimento europeo, fino a 15,3 miliardi di euro che permetterà di mobilitare investimenti privati in progetti in tutta l’Unione europa.
  • Un nuovo dispositivo per gli investimenti strategici incorporato in InvestEU genererà investimenti per un importo fino a 150 miliardi di euro nel miglioramento della resilienza dei settori strategici, specie quelli collegati alla transizione verde e digitale, e nelle catene fondamentali del valore nel mercato interno.

 

3.Trarre insegnamento dalla crisi.

  • Il nuovo programma per la salute EU4Health, forte di una dotazione di 9,4 miliardi di euro, potenzierà la sicurezza sanitaria e permetterà di prepararsi alle crisi sanitarie future.
  • Aumento di 2 miliardi di euro del meccanismo di protezione civile dell’Unione RescEU per attrezzare l’Unione per crisi future.
  • Orizzonte europa avrà un aumento di 94,4 miliardi di euro per finanziare attività essenziali di ricerca nel campo della salute, la resilienza e la transizione verde e digitale.
  • Per sostenere i suoi partner nel mondo, l’UE incrementerà la dotazione di 16,5 miliardi di euro all’azione esterna, assitenza umanitaria compresa.
  • Saranno potenziati altri programmi europei per allineare completamente il futuro quadro finanziario ai bisogni della ripresa e alle priorità strategiche e rafforzati altri strumenti per aumentare la flessibilità e la reattività del bilancio europeo.

Per accedere al RRF i Paesi membri devono elaborare i Piani per la Ripresa e Resilienza (PNRR) che definiscono i rispettivi programmi di riforma e investimento per i prossimi quattro anni e attuati entro il 2026. I piani delineranno così pacchetti coerenti di riforme e investimenti volti ad affrontare le sfide individuate nel contesto del semestre europeo. In particolare la Commissione valuterà i piani nazionali rispetto agli obiettivi, con un minimo del 37% della spesa legata al clima e un minimo del 20% della spesa legata alla digitalizzazione. Le sovvenzioni e prestiti saranno erogati a rate, suborditamente al raggiungimento dei target intermedi e finali definiti dagli Stati membri nei rispettivi PNRR. Ogni due mesi la Commissione del Piano Europeo potranno aprire un dialogo con Bruxelles per discutere lo stato della ripresa dell’Unione e in che modo gli obiettivi e le tappe fondamentali siano stati attuati dagli Stati membri. La Commissione terrà conto dei pareri e delle risoluzioni di Strasburgo e trasmetterà i PNRR degli Stati membri al Parlamento e al Consiglio.

Per rappresentare la strategia europea nel cercare di assicurare che le iniziative di breve termine siano fondate sulle prospettive di lungo termine, per garantire un percorso verso la transizione digitale e verde e ricostruire le società colpite dalla crisi pandemica attuale, la Commissione europea ha predisposto il rapporto “Strategic Foresight” (redatto dal Joint Research Center)[7].   L’emergenza COVID-19 ha messo in evidenza come l’Europa abbia bisogno di rafforzare la propria resilienza, vale a dire la capacità non soltanto di far fronte alle sfide, ma anche di avviare processi di transizione in modo sostenibile ed equo.

Il primo rapporto di previsione strategica è stato presentato il 9 settembre 2020 ed ha la forma di Comunicazione della Commisione. Il tema centrale del rapporto è la resilienza europea analizzata attraverso quattro dimensioni interrelate: sociale ed economica, geopolitica, verde e digitale.  L’accento sulla resilienza implica un monitoraggio, che si baserà su un dashboard di indicatori, che una volta sviluppato e completato con la cooperazione degli Stati Membri ed altri stakeholders chiave, dovrà essere usato per analizzare le vulnerabilità e le capacità della UE e dei suoi Stati Membri nelle quattro dimensioni stabilite, e dovrà rispondere alla domanda se l’Europa è davvero più resiliente con l’implentazione delle politiche in questa ottica.

Il rapporto ha l’obiettivo di integrare la previsione strategica nell’elaborazione delle politiche dell’UE e consentirà alla Commissione europea di: costruire e utilizzare l’intelligenza collettiva per pronosticare gli sviluppi e prepararsi prima e in modo più efficace alle nuove opportunità e sfide; garantire che la previsione strategica diventi parte integrante del pacchetto di strumenti per legiferare meglio, comprese le valutazioni d’impatto ex ante, e vada a sostegno del programma di controllo dell’adeguatezza e dell’efficacia della regolamentazione; condurre attività di previsione approfondite e partecipative sulle principali iniziative che saranno poi riprese nel discorso annuale sullo stato dell’Unione, nei programmi di lavoro della Commissione e negli esercizi di programmazione pluriennale; promuovere la collaborazione e le alleanze con le istituzioni e i partner dell’UE, gli Stati membri e altri importanti interlocutori.

La previsione strategica si addice particolarmente ad informare i rappresentanti politici per designare le politiche volte a rafforzare la resilienza europea su quattro fronti e può contribuire ad anticipare sviluppi suscettibili di effetti avversi, per rafforzare la resilienza necessaria attraverso cambiamenti strutturali, anche tenendo conto dell’impatto delle emergenze attuali e future sulle grandi tendenze e questioni emergenti. Le politiche che beneficiano di una previsione strategica possono attenuare meglio le vulnerabilità e rafforzare le capacità rivelate dall’emergenza, aprendo nuove opportunità e rendendo l’Europa più resiliente. I principali risultati in termini di resilienza descritti nella relazione del settembre 2020 sono:

Resilienza socioeconomica. La pandemia ha aggravato le disuguaglianze, aumentato gli squilibri demografici e la povertà, accelerato l’automazione e avuto un impatto sproporzionato sui posti di lavoro nel settore dei servizi. La previsione strategica può essere utilizzata per individuare le future competenze in cui investire oggi e per avviare un più ampio dialogo con la società sull’aggiornamento del contratto sociale e fiscale.

Resilienza geopolitica. La crisi sanitaria ha messo in luce l’eccessiva dipendenza dell’UE da paesi terzi per quanto riguarda le materie prime essenziali per le tecnologie chiave necessarie per conseguire una società digitale e a zero emissioni di CO2. La previsione strategica può contribuire a individuare possibili scenari e a definire opzioni strategiche per rafforzare l’autonomia strategica aperta dell’UE.

Resilienza verde. Il passaggio a un’economia più verde potrebbe creare 24 milioni di nuovi posti di lavoro a livello mondiale e il suo impatto sulla ripresa dall’emergenza COVID-19 potrebbe essere molto maggiore di quanto inizialmente previsto. La previsione strategica può aiutarci a esplorare i motori del cambiamento, comprendere i futuri cambiamenti strutturali nel mercato del lavoro e orientare la riqualificazione delle persone che hanno perso il lavoro durante la crisi o che rischiano di perderlo in futuro a causa degli sviluppi tecnologici e dell’automazione.

Resilienza digitale. La crisi ha accelerato l’iperconnettività e l’integrazione delle nuove tecnologie che incidono sulla condizione umana e sul nostro modo di vivere. La previsione strategica può aiutarci ad anticipare il modo in cui le principali tecnologie emergenti potrebbero svilupparsi, il loro impatto su tutti gli ambiti della vita e le modalità per cogliere le opportunità future.

 

 

  • La Programmazione italiana

Il quadro europeo indica le linee entro le quali dovrebbero essere disegnate le politiche nazionali al fine di attuare la sostenibilità e l’equità del benessere delle persone e del Paese nel rispetto dell’ambiente e della tenuta dei sistemi sociali ed economici. L’analisi che segue dei principali documenti di programmazione politica nazionale per i periodi futuri mostra luci e ombre rispetto ai concetti di sviluppo sostenibile e benessere.

L’Italia è all’avanguardia nell’utilizzo degli indicatori di benessere BES nella Legge di Bilanico, che secondo la riforma del 2016 prevede, nell’allegato al DEF, una relazione sugli indicatori BES. Tuttavia gli indicatori utilizzati sono solo un contenuto numero rispetto al set completo di indicatori prodotti dall’Istat, mentre gli indicatori SDG non sono previsti in alcun documento di politica generale, ad eccezione per alcuni di essi utilizzati per la Strategia di sviluppo sostenibile. Inoltre con l’innovazione introdotta dal cd “decreto clima” (DECRETO-LEGGE 14 ottobre 2019, n. 111)  la programmazione economica del CIPESS (ex CIPE) sarà orientata alla transizione ecologica e alla sostenibilità, cambiamento sostanziale di competenze, che coincide con una delle sfide principali del Paese, cioè il rilancio della crescita secondo criteri di sostenibilità, anche attraverso l’innovazione del nostro sistema produttivo, in osservanza dell’Agenda ONU 2030 e ai programmi dell’Unione Europea.

L’appendice 1 allegata presenterà le attuali tendenze degli indicatori SDG, BES e BES nel DEF, tendenze che dovrebbero essere tenute in conto per designare le politiche future, in analogia a quanto avviene in sede europea.

 

  • Il Programma Nazionale di Riforma (PNR) luglio 2020

Come noto il PNR, che accompagna il Documento di economia e finanza, contiene l’intera strategia di politica economica che il Governo intende realizzare nel prossimo triennio, sulla base del nuovo quadro previsionale contenuto nel Def e si inserisce nell’ambito dei documenti e delle procedure che formano il Semestre europeo, elencando le priorità di riforma sulla base delle Raccomandazioni specifiche per l’Italia che, su proposta della Commissione, sono state adottate del Consiglio dell’EU.

Gli obiettivi prioritari stabiliti nel Piano Nazionale delle Riforme, a fine luglio 2020, e per l’attuazione delle raccomandazioni specifiche (CSR) riguardano cinque punti: 1. Finanza sostenibile, riduzione del debito e politiche fiscali a sostegno della crescita, 2. Mercato del lavoro, scuola e competenze, 3. Politiche sociali, sostegno alle famiglie e lotta alla povertà, 4. Produttività, competitività, giustizia e settore bancario, 5. Sostegno agli investimenti materiali e immateriali in chiave sostenibile.

Al fine di dare attuazione quanto previsto dalla Commissione europea in tema di attuazione degli obiettivi SDG, il capitolo V del Piano Nazionale Riforme (PNR) 2020 mostra nelle “aree prioritarie dell’agenda di Governo e gli obiettivi di sviluppo sostenibile”.  Tali priorità, indicate dal Governo, servono a verificare il posizionamento dell’Italia rispetto agli obiettivi SDG adottati dall’ONU con l’Agenda 2030. Tale impegno si è tradotto in Italia con la Strategia Nazionale per lo Sviluppo sostenibile che costituisce lo strumento di coordinamento dell’attuazione dell’Agenda 2030 in Italia[8].

Nell’ambito delle priorità definite nel PNR sono stati identificati i collegamenti con gli obiettivi SDG, sui quali si attende ci siano effetti positivi.   In sintesi:

PRIORITÀ 1: Finanza sostenibile, riduzione del debito e politiche fiscali a sostegno della crescita. L’implementazione delle misure strutturali che il Governo ha previsto per realizzare un sistema fiscale a sostegno della crescita permetterà di migliorare gli indicatori di sviluppo sostenibile relativi all’Obiettivo n.8 – ‘‘Lavoro dignitoso e crescita economica’’ in particolare per gli indicatori di crescita sostenibile e l’obiettivo n.17 ‘Partenariati per il conseguimento degli obiettivi’ in particolare in merito all’indicatore relativo al debito pubblico. In quest’area prioritaria si punta ad un triplice scopo: un bilancio sostenibile per rafforzare la credibilità e ridurre il premio di rischio sul debito pubblico; il rafforzamento della capacità fiscale e di riscossione delle entrate delle Amministrazioni pubbliche; un sistema impositivo funzionale alla crescita e all’efficiente allocazione delle risorse in chiave di equità.

PRIORITÀ 2: Mercato del lavoro, scuola e competenze. L’implementazione delle misure strutturali relative al mercato del lavoro, scuola e competenze attraverso misure di sostegno all’occupazione, all’uguaglianza di genere e all’istruzione, contribuirà al miglioramento della performance dell’Italia per gli indicatori relativi agli Obiettivi n.4 ‘Istruzione di qualità’, n.5 ‘Uguaglianza di genere’ e n.8 ‘Lavoro dignitoso e crescita economica’ in particolare per gli indicatori dell’area occupazione.

PRIORITÀ 3: Politiche sociali, sostegno alle famiglie e lotta alla povertà. L’implementazione delle misure strutturali relative alle politiche sociali, al sostegno delle famiglie e al contrasto alla povertà contribuirà al miglioramento degli Obiettivi n.1 ‘Povertà zero’, n.3 ‘Salute e benessere’ e n.10 ‘Ridurre le disuguaglianze’.

PRIORITÀ 4: Produttività, competitività, giustizia e settore bancario. L’implementazione delle misure strutturali atte a sostenere la produttività, la competitività, la giustizia e il settore bancario contribuirà al miglioramento dei risultati nell’Obiettivo n.8 – ‘Lavoro dignitoso e crescita economica’- in particolare per gli indicatori di crescita sostenibile – e dell’Obiettivo n.16 ‘Pace, giustizia e istituzioni forti’, in particolare per quanto riguarda il target relativo all’accesso alla giustizia e alla fiducia nelle istituzioni.

PRIORITÀ 5: Sostegno agli investimenti materiali e immateriali in chiave sostenibile. L’implementazione delle misure strutturali relative alla Priorità 5 contribuirà al raggiungimento degli Obiettivi n.7 ‘Energia pulita e accessibile’, n.8 ‘Lavoro dignitoso e crescita economica’ in particolare per gli indicatori sugli investimenti, n.9 ‘Industria, innovazione e infrastrutture’, n.11 ‘Città e comunità sostenibili’, n.12 ‘Consumo responsabile’, n.13 ‘Azione per il clima’, n.14 ‘Conservazione e uso durevole di mari e risorse marine’ e n.15 ‘Vita in terra’.

Sarebbe stato utile allegare al PNR un quadro sinottico con gli indicatori SDG per valutare i progressi dell’Italia verso gli obiettivi e non solo identificarne i collegamenti.

 

2.1.3.2 NADEF 2020 – Nota di aggiornamento del Documento di Economia e Finanza

Il 5 ottobre 2020 è stata approvata la Nota di aggiornamento del DEF 2020 che definisce il perimetro entro il quale si iscriveranno le misure della Legge di bilancio 2021 per sostenere la ripresa. Nella NADEF 2020 si prevede una manovra espansiva di 1,3 punti percentuali di PIL, cioè oltre 22 miliardi, I rapporto debito/PIL è previsto in calo nel 2021 (di 2,4 punti, dal 158% al 155%) e per gli anni successivi si delinea un graduale rientro con l’obiettivo di riportarlo al di sotto del livello pre pandemia entro la fine del decennio.

Nella NADEF 2020 si prevede un’ampia riforma fiscale che migliori l’equità, riducendo anche il carico fiscale sui redditi medio e bassi, e si prevede che la Legge di bilancio avrà l’obiettivo di sostenere la ripresa dell’economia italiana nel triennio 2021-2023 in stretta coerenza con il Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR).   Gli interventi saranno rivolti a sostenere nel breve periodo e per tutta la durata della crisi COVID-19 i lavoratori e i settori produttivi più colpiti; a valorizzare le risorse messe a disposizione dal programma Next Generation EU per realizzare investimenti e riforme di vasta portata e profondità, migliorando qualitativamente la finanza pubblica, spostando risorse verso gli utilizzi più opportuni a garantire un miglioramento del benessere dei cittadini, dell’equità e della produttività dell’economia. Nella NADEF viene inoltre definito la prima bozza del PNRR, che riporta le linee guida stabilite dal CIAE (Comitato interministeriale per gli affari europei).

Nella nota non ci sono i collegamenti specifici agli obiettivi di sviluppo sostenibile.

 

2.1.3.3 La Legge di Bilancio dello Stato 2021-2023 

Nel corso dell’anno le previsioni di finanza pubblica hanno subito progressive variazioni a fronte dell’evoluzione del quadro macroeconomico e delle misure prese dal governo per arginare la crisi economica e sociale connessa alla pandemia[9].   La Legge di bilancio 2021-2023 è inedita e cerca di mettere insieme le risorse ordinarie con quelle straordinarie anche in considerazione dalla Next Generation EU.

La Legge di Bilancio 2021 approvata a fine dicembre 2020 conferma le principali azioni del Governo, con particolare attenzione a sanità, sostegno alle imprese e famiglie e al mondo del lavoro, con specifico riguardo a donne e giovani, e prevede importanti riforme, come l’assegno unico e quella dell’IRPES, e un programma di investimenti di oltre 50 miliardi in 15 anni (a questi dovranno aggiungersi le risorse del PNRR). La manovra si caratterizza come fortemete espansiva, da quasi 40 mld di euro di indebitamento netto, di cui 24 mld per interventi previsti nella Legge di Bilancio e oltre 15 mld per impiego di risorse previste dal programma Next Generation EU.

La strategia politica seguita tiene conto dell’attuale evoluzione della pandemia e vuole fornire le risorse al Paese per superare la crisi, offrendo investimenti per istruzione, welfare, sanità e lavoro con l’obiettivo di rilanciare la crescita cercando di assorbire l’impatto sociale ed economico provocato dall’emergenza sanitaria, avviando nello stesso tempo la trasformazione del Paese nel segno dell’innovazione, della sostenibilità, dell’equità e della coesione.

In particolare la manovra prevede:

In campo sanitario, di rendere più efficace il Sistema Santario Nazionale, prevedendo nel 2021 ulteriori miliardi di euro per avere più medici e infermieri, e interventi a sostegno delle azioni necessarie a ristrutturare l’offerta sanitaria degli ospedali e del territorio, un fondo da 400 milioni di euro per acquistare le scorte di vaccini e farmaci necessarie e verrà cancellata l’IVA sui vaccini anti-Covid, su tamponi e test.

In materia di imprese, viene ulteriormente prorogata la moratoria sui prestiti, rifinanziato il Fondo Centrale di Garanzia PMI, con estensione della copertura al 90% ed al 100% fino a giugno 2021, e rafforzato l’intervento di Sace attraverso ‘Garanzia Italia’, estesa anche alle medie imprese fino a 499 dipendenti. Si potenzia e si prolunga per due anni il programma ‘Transizione 4.0’ e si rifinanzia la “nuova Sabatini” per 370 milioni di euro e, con un miliardo di euro, si proroga anche per il 2021 il credito d’imposta per gli investimenti nelle regioni del Mezzogiorno e, con 2 miliardi complessivi, le misure per l’internazionalizzazione delle imprese.

Il superbonus per ristrutturazioni “verdi” al 110% viene esteso fino al 30 giugno 2022 e prorogato al 31 dicembre 2022 per i lavori già intrapresi, e interesserà anche gli interventi per l’abbattimento delle barriere architettoniche.

Sul fronte degli investimenti, nell’ottica della coesione territoriale, viene disposta una prima assegnazione aggiuntiva di risorse al Fondo per lo sviluppo e la coesione per il ciclo di programmazione 2021-2027, per ulteriori complessivi 50 miliardi per il periodo 2021-2030. Vengono inoltre definiti i criteri e le procedure di programmazione, di gestione finanziaria e di monitoraggio delle risorse 2021-2027, in analogia con il precedente periodo di programmazione, ferma restando la chiave di riparto delle risorse dell’80% alle aree del Sud e del 20% alle quelle del Centro-Nord.

Vengono stanziate risorse per realizzare la riforma fiscale e viene messo a regime il taglio del cuneo fiscale per i lavoratori, entrato in vigore nel 2020. A luglio partirà l’assegno unico per i figli, e dal 2022 la riforma dell’IRPEF. Viene rifinanziato il reddito di cittadinanza e rafforzato il Fondo indigenti.

Per quanto riguarda il lavoro, chi assumerà giovani sotto i 35 anni avrà i contributi integralmente pagati dallo Stato, così come per l’assunzione delle donne, senza limiti di età. Con ulteriori 5 miliardi circa viene finanziata e messa a regime la decontribuzione del 30% per tutti i lavoratori nel Mezzogiorno. Un nuovo ammortizzatore sociale, l’Indennità Straordinaria di Continuità Reddituale e Operativa (ISCRO), allargherà le tutele a favore delle Partite Iva iscritte alla gestione separata.

Per quanto riguarda la scuola, viene finanziata con circa 1 miliardo a regime l’assunzione di 25.000 insegnanti di sostegno, viene avviato un piano di assunzioni per gli asili nido complementare al piano di costruzione di nuovi asili che sarà finanziato con il Next Generation Eu e alla gratuità per la maggioranza delle famiglie finanziata con la scorsa legge di bilancio.

E’ utile ricordare che in tema di collegamento con gli SDG, ai sensi dell’art. 36, comma 6 della Legge n.196/2009, la rappresentazione del Bilancio dello Stato in chiave ambientale per definire l’impegno finanziario volto alla tutela, all’uso e alla gestione delle risorse naturali è stato attuato con l’ecobilancio e l’eco-rendiconto dello Stato. Si tratta di un allegato al Rendiconto Generale dello Stato in cui si evidenziano le spese di natura ambientale (secondo le definizioni del manuale predisposto dall’Istat). Le definizioni e classificazioni sono in linea con quelle previste dal Sistema dei conti europei SERIEE per la raccolta delle informazioni economiche sull’ambiente e coerente con il Sistema dei conti nazionali. Le spese sono di due tipi: le spese per la protezione dell’ambiente e le spese per l’uso e la gestione delle risorse naturali. Si escludono le spese delle amministrazioni per la produzione di servizi ambientali ad uso interno.  La spesa primaria dello Stato in campo ambientale negli ultimi dieci anni è stata in media di 4,9 miliardi annuali, decrescendo da 8 miliardi nel 2010 a 4,7 miliardi nel 2018. Nel 2020 sono stati stanziati 4,5 miliardi nel 2021 5,1 miliardi e nel 2022 4,8 miliardi, nel 2019 erano stati stanziati poco meno di 2,4 miliardi. L’incremento è dovuto principalmente per maggiori risorse da destinare a misure contro il dissesto idrogeologico e per il programma Green Deal europeo. Le risorse primarie ambientali sono indirizzate alla protezione e risanamento del suolo, delle acque del sottosuolo e di superficie, alla biodiversità e al paesaggio, alla gestione delle acque reflue e dei rifiuti, ad altre attività per la protezione dell’ambiente, all’uso e gestione delle materie prime energetiche non rinnovabili e alle acque interne e alla gestione e all’uso di altre risosrse naturali. Tre quarti sono risorse in conto capitale e un quarto trasferite ad altre amministrazioni per la realizzazione degli interventi.

Per gli aspetti sociali viene redatto il Bilancio sociale dalle singole amministrazioni, che è il documento nel quale l’amministrazione riferisce, a beneficio di tutti i suoi interlocutori privati e pubblici, le scelte operate, le attività svolte e i servizi resi, dando conto delle risorse a tal fine utilizzate, descrivendo i suoi processi decisionali e operativi. Con tale forma di rendicontazione l’amministrazione presenta periodicamente, in modo volontario, gli esiti delle sue attività, non limitandosi ai soli aspetti finanziari e contabili. Anche per le tematiche ambientali le singole amministrazioni predispongono un rendiconto per la valutazione degli effetti ambientali delle politiche territoriali, nell’ambito del processo decisionale pubblico, ispirandosi all’ecobilancio dello Stato.

Le osservazioni che possono essere avanzate alla Legge di Bilancio 2021 riguardano, ancora una volta, il mancato collegamento tra obiettivi e risorse messe a disposizione ad essi destinate, a conferma purtroppo della cattiva prassi della P.A. di formulare previsioni di entrata e di spesa senza collegarle strettamente ai tempi, alle procedure, alla fattibilità e dunque ai risultati dell’azione amministrativa. La manovra resta indeterminata anche perché non è definito il Piano Nazionale di Ripresa e Reslienza. Anche in questa Legge di Bilancio non emergono precisi collegamenti agli SDG, pur riscontrandosi degli elementi collegati alla sostenibilità ed equità. Dunque anche in fase di predisposizione del Bilancio e non solo del DEF- Piano Nazionale Riforme e allegato BES al DEF, si dovrebbe prevedere l’utilizzo di indicatori BES/SDG per lo sviluppo sostenibile e il benessere delle persone, sfruttando l’esperienza acquisita dall’ISTAT, ai fini della valutazione delle misure previste volte al rafforzamento di comportamenti sostenibili.

Timidi sono i provvedimenti per un’adeguata transizione energetica, così come risulta insufficiente la scelta concreta sui temi ambientali per affrontare le sfide legate ai cambiamenti climatici e al degrado ambientale, che vanno adeguatamente finanziate.  Più consistenti dovrebbero essere gli investimenti nella green economy, nell’economia circolare e in generale per garantire la giusta transizione e per avviare un nuovo modello di sviluppo teso al riequilibrio delle disuguaglianze, alla tutela ambientale e alla salute di tutti i cittadini.  Occorrono, poi, misure più incisive per mettere in sicurezza il territorio e per mitigare gli eventi sismici e il dissesto idrogeologico, e risorse per bonificare i siti inquinati e gli edifici pubblici e privati che contengono l’amianto.

Per le imprese non si vede un adeguato accento al sostegno per la riconversione verso la sostenibilità dei processi produttivi, soprattutto per quelle imprese di dimensioni più contenute.   Sarebbe utile, inoltre, al pari delle Rendicontazioni non finanziarie previste dal D.Lgs 30/2016 per le grandi imprese quotate in borsa, stabilire un’estenzione dell’obbligo anche alle PMI, seppure in forma semplificata escludendo le micro imprese. Stessa prescrizione andrebbe fatta per le Pubbliche amministrazioni, non solo con quanto già previsto in tema di eco-bilancio, ma una vera e propria rendicontazione di sostenibilità, magari collegandola sempre più agli SDG.   Osservando i dati di censimento sulle imprese e del Censimento sulle istituzioni pubbliche [10] si può notare che queste forme di Rendicontazione non finanziaria sono ancora poco adottate ed è per tale motivo che dovrebbero essere oggetto di provvedimenti specifici.

Per la PA si prevede un ruolo da volano per lo sviluppo e per questo è necessario un grande intervento di rigenerazione amministrativa che preveda un piano straordinario di assunzioni, nella pubblica amministrazione sia centrale che locale, che vada ben oltre il turn over ed un piano di formazione e aggiornamento degli attuali dipendenti, nonchè un processo di digitalizzazione effettivo. Le assunzioni programmate e le altre misure previste in questa Legge di Bilancio sono un primo passo, ma ancora insufficiente. La progettazione e la gestione del PNRR comporterà uno sforzo addizionale per la PA.

 

2.1.3.4 Il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR)    

A fine dicembre 2020 l’attività di formazione del Piano italiano fa perno sul Comitato interministeriale per gli affari europei (CIAE) sulla base delle linee guida approvate dal Parlamento italiano e degli indirizzi sull’utilizzo dei fondi inseriti nella NADEF 2020. Da quest’ultimo documento si deducono le line direttrici del PNRR per l’utilizzo dei fondi previsti dalla Commissione europea e si legge che:

Affinché venga approvato dalla Commissione Europea, è necessario che il PNRR e tutti i progetti che lo costituiscono siano allineati con le linee guida della Recovery Resilience Facility e quindi, che facciano innanzitutto parte di un pacchetto coerente di investimenti e riforme ad essi correlate. Inoltre, i progetti e le iniziative di riforma dovranno essere allineati con le CSRs e con le sfide e le priorità di policy individuate nell’ambito del Semestre europeo, in particolare quelle legate alla transizione verde e digitale. Le riforme dovranno inoltre contribuire alla correzione degli squilibri macroeconomici, soprattutto per i Paesi come l’Italia i cui squilibri sono stati giudicati eccessivi nell’ambito della Procedura sugli Squilibri Macroeconomici. I contenuti e gli obiettivi del PNRR dovranno infine essere coerenti con le informazioni fornite nel PNR, nel Piano Energia e Clima[11] (PNIEC), nei Piani presentati nell’ambito del Just Transition Fund e negli accordi di partenariato e altri programmi operativi della UE.   I regolamenti attuativi dell’iniziativa NGEU dovrebbero entrare in vigore all’inizio del 2021 e solo da quel momento gli Stati Membri potranno presentare ufficialmente i PNRR.

NGEU rappresenta un grande passo in avanti per l’Europa e un’occasione irripetibile per il nostro Paese per rilanciare gli investimenti e attuare importanti riforme e per questo motivo ad esso verranno dedicate nei prossimi mesi tutte le energie disponibili, anche attraverso la partecipazione e l’apporto delle forze economiche e sociali e delle istituzioni territoriali. Le Linee guida del PNRR redatte dal Governo sono coerenti con il Piano di Rilancio presentato dal Presidente del Consiglio e discusso nel corso della consultazione nazionale “Progettiamo il Rilancio” e si basano su una valutazione equilibrata dei punti di forza e di debolezza dell’economia e della società italiane. Una crescita forte e stabile del PIL è essenziale per assicurare la sostenibilità del debito pubblico e della situazione sociale del Paese. A sua volta, la crescita richiede più elevati investimenti pubblici e una maggiore competitività di sistema per attrarre gli investimenti privati sia nazionali che esteri.”

Nel gennaio 2021 è stata approvata dal Consiglio dei Ministri una versione del PNRR ed è stata depositata in Parlamento. Su questa versione si basano quindi le osservazioni che seguono.

La strategia complessiva del PNRR è volta ad affrontare le principali sfide che il Paese ha di fronte, sono definite come miglioramento della resilienza e della capacità di ripresa dell’Italia, riduzione dell’impatto sociale ed economico della crisi pandemica, sostegno alla transizione verde e digitale, innalzamento del potenziale di crescita dell’economia e creazione di occupazione. La strategia prevede inoltre iniziative di riforma trasversali (parità di genere, giovani e territorio), che devono accompagnare le azioni strutturali di intervento.

Gli obiettivi quantitativi di lungo termine del PNRR prevedono di raddoppiare il tasso di crescita dell’economia italiana, portare gli investimenti pubblici sopra al 3 per cento del PIL, aumentare di 10 punti percentuali il tasso di occupazione, portare la quota di R&S in rapporto al PIL al di sopra della media UE e garantire la sostenibilità e resilienza della finanza pubblica. Tali obiettivi macroeconomici sono affiancati da obiettivi sociali consistenti nella riduzione dei divari territoriali di reddito, nell’aumento dell’aspettativa di vita in buona salute, nel miglioramento del livello di istruzione, inclusa la riduzione degli abbandoni scolastici, nella promozione di filiere agroalimentari sostenibili per la riduzione degli sprechi.

Il PNRR è costituito da sei missioni, che a loro volta raggruppano sedici componenti, in cui si concentrano quarantasette linee di intervento per progetti omogenei e riforme coerenti (cluster).

Le sei missioni allo stato dei testi disponibili sono:

“ 1. Digitalizzazione, innovazione e competitività del sistema produttivo. In particolare, si agirà sulla digitalizzazione della PA, dell’istruzione, della sanità e del fisco, in modo da rendere più efficienti e tempestivi i servizi resi al cittadino e alle imprese. Sarà anche necessario potenziare le infrastrutture tecnologiche in tutte le aree del Paese, con il completamento della rete nazionale di telecomunicazione in fibra ottica e gli interventi per lo sviluppo delle reti 5G. Saranno, inoltre, promossi gli investimenti che favoriranno l’innovazione in settori strategici, tra i quali le telecomunicazioni, i trasporti, l’aerospazio e l’agroalimentare. Per aumentare la competitività e la resilienza delle imprese italiane, si favoriranno i processi di trasformazione digitale e si potenzieranno gli strumenti finanziari per sostenere e migliorare la competitività delle imprese, soprattutto le PMI. Una attenzione particolare va, infine, riservata alla promozione dell’industria culturale e del turismo.

  1. Rivoluzione verde e transizione ecologica. Il Governo punterà a favorire la realizzazione di un ampio programma di investimenti, per far fronte ai nuovi più ambiziosi obiettivi dello European Green Deal di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Gli investimenti dovranno mirare alla decarbonizzazione del settore energetico, all’accelerazione della transizione verso una mobilità sostenibile e intelligente delle persone e delle merci, al miglioramento della qualità dell’aria, oltre al potenziamento delle fonti rinnovabili, al miglioramento dell’efficienza energetica degli edifici, alla promozione dell’economia circolare e a misure per accrescere la resilienza ai cambiamenti climatici.
  2. Infrastrutture per la mobilità. Oltre agli investimenti per migliorare l’intermodalità, è necessaria una maggiore efficienza dei processi autorizzativi. Il Governo punta alla rete ferroviaria AV-AC ad alta velocità di rete per passeggeri e merci, con il completamento dei corridoi TEN-T. Altri interventi riguarderanno la rete stradale e autostradale, in particolare ponti e viadotti. Anche in questo settore saranno introdotte le tecnologie informatiche. Molte di queste azioni sono state già indicate nell’allegato al DEF 2020 “Italia Veloce”
  3. Istruzione, formazione, ricerca e cultura. Si punterà a migliorare la qualità dei sistemi di istruzione e formazione in termini di ampliamento dei servizi per innalzare i risultati educativi. A ciò contribuiranno gli interventi di supporto al diritto allo studio, nonché gli interventi infrastrutturali per innalzare la qualità degli ambienti di apprendimento. Anche nel miglioramento della didattica un ruolo importante sarà svolto dalla digitalizzazione. Si interverrà, inoltre, con politiche specifiche per rafforzare le competenze dei laureati e dei dottori di ricerca, nonché la formazione nelle materie STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), che dovrà essere promossa tra le future generazioni a partire dalla più giovane età. Saranno rinnovate le infrastrutture scolastiche e universitarie e verranno creati gli innovation ecosystems, luoghi di contaminazione di didattica avanzata, ricerca, laboratori pubblico-privati e terzo settore per rafforzare le ricadute sociali ed economiche delle attività di ricerca.
  4. Equità sociale, di genere e territoriale. Si punterà a creare una strategia di sostegno alle transizioni occupazionali mediante la realizzazione di un Piano Nazionale per le nuove competenze, con l’obiettivo di migliorare le competenze dei lavoratori e dei disoccupati e rispondere ai nuovi fabbisogni, rafforzando le politiche di lifelong learning e il re-skilling e up-skilling delle donne. Dovranno essere anche rafforzate le politiche attive del lavoro e integrazione tra i servizi territoriali. Parallelamente si punterà alla tutela del reddito dei lavoratori e alla promozione della qualità del lavoro, anche mediante il potenziamento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Inoltre, verrà intensificata la lotta alle disparità di genere nel mondo del lavoro e nella vita sociale e favorita l’occupazione giovanile. Sarà importante prevedere misure di contrasto al lavoro sommerso e di maggior tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. Inoltre, le politiche sociali e di sostegno della famiglia verranno inserite in un quadro organico e coerente per migliorare la coesione sociale, la solidarietà intergenerazionale e la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. Un’attenzione particolare sarà riservata all’empowerment femminile (in termini di formazione, occupabilità ed autoimprenditorialità), al gender pay gap e alle politiche dell’infanzia, attraverso l’aumento dell’offerta nidi e la mappatura dei servizi su tutto il territorio nazionale, in linea con quanto previsto dal Family Act, già presentato nel PNR. L’obiettivo della coesione e dell’equità territoriale verrà perseguito in coerenza con il Piano Sud 2030, prevedendo una distribuzione territoriale delle risorse del PNRR che contribuisca, in via complementare e aggiuntiva, a ridurre i divari infrastrutturali, economici e sociali tra le diverse aree del Paese.
  5. Salute. Si punterà al rafforzamento della resilienza e della tempestività di risposta del sistema sanitario, attraverso la digitalizzazione dell’assistenza medica ai cittadini, la diffusione del fascicolo sanitario elettronico e la telemedicina, oltre a uno specifico investimento nell’ambito della cronicità e delle cure a domicilio. Un contributo importante sarà offerto anche dal sostegno alla ricerca medica, immunologica e farmaceutica.”

Le fonti di finanziamento del PNRR, oltre al RRF comprendono i fondi dal React EU, Just Transition Fund, Fondo Sviluppo e Coesione, Fondi strutturali (React EU, FERS, FSE, FEASR) in aggiunta ai finanziamenti previsti nella Legge di Bilancio per progetti compatibili con gli obiettivi del Piano. Per le iniziative di investimento le fonti di finaziamento accanto ai fondi pubblici, che dovranno fare da leva per attrarre strumenti finanziari privati (come equity o debito) deriveranno da risorse dal mondo privato.

Ai fini del conseguimento delle missioni, le Amministrazioni, gli enti territoriali e i potenziali co-investitori dovranno formulare delle proposte che saranno selezionate secondo criteri oggettivi.  I singoli progetti di investimento saranno selezionati per concentrare gli interventi su quelli più trasformativi, a maggior impatto sull’economia e sul lavoro, mantenendo la sostenibilità del quadro di finanza pubblica indicato nella NADEF.  Per la selezione dei progetti sono, infatti, previste particolari condizioni, oltre a quelle già citate. Ad esempio, i legami e la coerenza con le riforme e le politiche di supporto dovranno essere chiaramente esplicitati così come la tempistica e le modalità di attuazione, individuando target intermedi (milestones) e finali e identificando il soggetto attuatore.  Si prevede che, periodicamente, con riferimento ai singoli progetti, i soggetti attuatori dovranno rendicontare la spesa effettiva, l’avanzamento procedurale e l’avanzamento in termini di raggiungimento dei traguardi prefissati.  Si conterà sulla capacità progettuale delle pubbliche amministrazioni attraverso un processo efficace di programmazione e realizzazione delle opere eliminando gli sprechi e inefficienze, anche attraverso una revisione di alcune disposizioni del Codice degli appalti. Si introdurrà anche una riforma delle concessioni statali per garantire maggiore trasparenza e un corretto equilibrio tra l’interesse pubblico e privato, nonché il costante miglioramento del servizio pubblico per gli utenti.

La valutazione riguarderà oltre i criteri di sostenibilità economica, sociale e ambientale, anche il criterio di ripagabilità del debito contratto o di remunerazione del capitale investito.  Per la valutazione dell’impatto si prevede una ricaduta positiva sulle principali variabili economiche e sugli indicatori di inclusione, equità e sviluppo sostenibile (SDGs), attraverso i maggiori investimenti che il Piano attiverà direttamente e indirettamente e le innovazioni tecnologiche che introdurrà e stimolerà.

La Pubblica Amministrazione è un elemento chiave per lo sviluppo del Paese e per migliorare la vita dei cittadini e l’ambiente imprenditoriale. Nelle linnee programmatiche emerge che si lavorerà sulla valorizzazione della performance organizzativa e la regolazione dello smart working, la semplificazione amministrativa e normativa e la riforma delle società partecipate. Si intende anche incrementare le risorse dedicate alla ricerca e sviluppo (R&S) e migliorare i risultati prodotti dalla ricerca stessa. Andrà favorita la partecipazione delle imprese italiane a progetti e alleanze europee e internazionali di collaborazione su progetti di innovazione tecnologica, verrà promossa l’istituzione di crediti di imposta per gli investimenti innovativi e verdi e verranno canalizzati maggiori investimenti privati verso l’innovazione tecnologica. Un altro tassello necessario per accompagnare le misure del PNRR è costituito dalla riforma fiscale, finalizzata a ridurre le disparità tra i cittadini e rendere più efficiente il sistema, attraverso la riduzione del cuneo fiscale sul lavoro, la revisione complessiva della tassazione verso una maggiore equità e la lotta all’evasione. Con la revisione del sistema di incentivi ambientali, per il sostegno alle famiglie e alla genitorialità, e la partecipazione al mercato del lavoro, il sistema fiscale si allineerà con gli obiettivi ambientali e sociali a cui il Paese si ispira a livello europeo ed internazionale. La competitività delle imprese e la propensione ad investire nel Paese risentono negativamente anche della complessità e della lentezza della giustizia che richiede interventi di riforma processuale e ordinamentale, oltre al potenziamento delle risorse umane e delle dotazioni strumentali e tecnologiche. Infine, affinché il Piano di Rilancio possa dispiegare i suoi effetti in termini di maggiore occupazione, andrà affiancato da un impegno costante per migliorare il mercato del lavoro in termini di competenze e politiche attive.

Come si può notare gli obiettivi, sotto forma di missioni, presentati sono già presenti in parte nella Legge di Bilancio, ma occorrerà tradurli in piani specifici, con tempi e target intermedi e finali e i soggetti attuatori. La versione del PNRR degli inizi di gennaio 2021 approvata dal CdM e l’allegato con i progetti del 29 dicembre 2020 mostrano già le iniziative che verranno intraprese. Nei progetti presentati fino ad ora gli obiettivi sono generici, non vengono elencati i risultati attesi ed emergono diverse sovrapposizioni. Inoltre per le imprese il concetto di circolarità dei processi produttivi dovrebbe essere esteso anche ai servizi e non solo alle produzioni manufatturiere, così come il concetto di sostenibilità non dovrebbe essere declinato solo per gli aspetti ambientali ma anche per quelli sociali, come il benessere lavorativo e la conciliazione dei tempi di lavoro, la sicurezza nei luoghi di lavoro, le attività collegate al territorio e di interesse generale, per giunta rientrando tra i fattori di competitività del sistema produttivo (vedi Appendice 1).

Tuttavia anche in queste versioni del PNRR seppure compare un breve riferimento all’Agenda 2030 e ai BES, manca il collegamento esplicito con gli SDG/BES. Neppure è presente il richiamo che tra i criteri per la predisposzione e la valutazione dei vari progetti vi debba essere anche quello di definire il collegamento agli obiettivi SDG e l’impatto previsto. Ugualmente manca un criterio sistemico di valutazione ex ante delle politiche e il successivo monitoraggio per il raggiungimento dei target fissati, attraverso un sistema di indicatori, ispirandosi magari a quelli europei.

 

2.1.4 Conclusioni

Dall’analisi dei principali documenti di politica europea e nazionale si può dedurre che in tema di sosteniblità ambientale, sociale ed economica:

  1. E’chiaro l’orientamento alla sostenibilità e all’equità da parte dell’Unione europea, di cui si trova traccia in tutte le comunicazioni della Commissione relativamente alle politiche economiche, sociali e ambientali.
  2. A livello nazionale i provvedimenti emanati durante la pandemia e il nuovo ciclo di previsione di Bilancio dello Stato 2021-2023 sembrano essere più orientati alla protezione del sistema attuale economico e sociale, piuttosto che spingere per una sua trasformazione di lungo periodo verso la sostenibilità. Guardando alla realtà sembra che il mondo imprenditoriale, compreso quello finanziario, sia orientato ad un nuovo assetto più sostenibile (risultando dai dati e dalle analisi presentate nell’appendice) e che ci sia un maggiore grado di resilienza nelle imprese italiane che hanno adottato politiche sostenibili verso la crisi generata dalla pandemia. Va senza dubbio indagato maggiormente, per una vera riconversione ecologica, che non ci siano comportamenti di green washing e di business as usual. La politica nazionale presenta luci ed ombre rispetto alla sostenibilità ed equità. In particolare il coordinamento e la coerenza delle politiche non sembra essere stato assunto come criterio generale per il raggiungimento degli obiettivi e quindi i provvedimenti sembrano ancora a “compartimenti stagno”. Tuttavia pur essendoci un’attenzione alla transizione verde senza precedenti, non si intravedono radicali cambiamenti per la lotta ai cambiamenti climatici e la salvaguardia dell’ambiente. La Strategia nazionale di sviluppo sostenibile si esprime ancora limitatamente. Ogni tre anni tale strategia va riformulata e deve essere sottoposta a revisione su attivazione del Ministero dell’ambiente (oggi MITE, Ministero per la transizione ecologica), nonchè coordinata dalla Presidenza del Consiglio, che ne promuove il percorso di modifica con ampia partecipazione delle componenti sociali del Paese. La sua formulazione dovrebbe essere inserita a pieno titolo nei documenti di progranmmazione politica nazionale e locale, definendo gli obiettivi strategici, sul solco degli SDG, che sono necessari per affrontare le grandi sfide future.
  3. Nella legge di Bilancio manca ancora il collegamento tra obiettivi e risorse messe a disposizione ad essi destinate, a conferma della cattiva prassi della P.A. di formulare previsioni di entrata e di spesa senza collegarle strettamente ai tempi, alle procedure, alla fattibilità e dunque ai risultati dell’azione amministrativa. Il raggiungimento degli obiettivi e la realizzazione dei programmi dipenderanno in modo rilevante dalla capacità della PA nel dare risposta alle questioni sorte in tutto il periodo della pandemia, ma anche con una visione di più lungo respiro, in particolare si evidenzia la sua grande responsabilità per la transizione verde e digitale, nonché per le politiche di equità.
  4. Il concetto di benessere dei cittadini è ancora una dichiarazione generale, che parzialmente trova esplicito riscontro negli obiettivi di politica, delineati nei vari documenti analizzati. I concetti del BES trovano rappresentazione, anche in temini di indicatori, solo nell’allegato al DEF (normalmente presentato ad aprile ma quest’anno anche a luglio), nella versione stabilita di 12 indicatori. La versione del luglio 2020 è senz’altro più ricca rispetto agli anni precedenti, dove anche differenze di genere e territori (almeno macroregioni) sono considerate, nonché previsioni di indicatori sulla base delle politiche previste.
  5. Per ogni documento di politica nazionale occorre far riferimento ad un sistema di monitoraggio e previsione basato su misure specifiche, come gli indicatori SDG e BES. Solo nel PNR e nell’allegato al DEF, magari sul solco di quanto previsto in sede europea, è stato utilizzato l’insieme di indicatori BES e SDG (come nel Strategic Foresight europeo, dove si prevedono un set di indicatori per il monitoraggio delle politiche Next generation Eu basati su criteri di vulnerabilità e capacità[12], anche se non totalmente corrispondenti a quelli SDG e anche se non è dato sapere se questi criteri verranno poi recepiti dai Paesi membri). Per quanto concerne il regime di contabilità e rendicontazione comune, nonché di verifica dei risultati collegati agli SDG, l’utilizzo degli indicatori SDG è più che mai importante, allineando la relazione sugli indicatori BES nell’ambito del ciclo di bilancio agli SDG utilizzati nel semestre europeo per assicurare la coerenza delle politiche. A livello territoriale, in particolare di città, sembra che l’adozione degli obiettivi SDG e relativi indicatori, stia entrando nei documenti di programmazione politica in modo più deciso di quanto avviene a livello nazionale. Accanto all’utilizzo di indicatori occorre sviluppare la modellistica previsionale macro collegata con quella micro, al fine di cogliere i modelli di impresa ed anche quelli orientati alla sostenibilità. Gli studi sul futuro, infine, possono contribuire alla previsione strategica.
  6. Il PNRR richiederà un lavoro per tenere insieme priorità ed esigenze politiche, capacità di analisi tecnica della coerenza e della fattibilità dei risultati, in quanto la questione della capacità amministativa è centrale. Infatti non è un caso che tra le raccomandazioni ricorrenti della Commissione europea per l’Italia vi sia una profonda riforma della PA. Una via pragmatica sarebbe quella di utilizzare il PNRR per ridisegnare l’amministrazione, cercando di costruire nuove regole e nuovi strumenti per la realizzazione del piano agendo sull’organizzazione, sulle regole e sul capitale umano. La previsione strategica a supporto dell’elaborazione delle politiche nazionali e dei PNRR dovrebbe diventare metodo comunemente utilizzato. Nel PNNR, inoltre, le riforme di cui si accenna vanno specificate in dettaglio, prevedendo una rigenerazione della PA e una serie di proposte concrete specificando in dettaglio le amministrazioni coinvolte. Vi è un rischio di tecnicismo, se le azioni non sono ben specificate. Gli obiettivi delineati nella versione del PNRR in Parlamento, mancano della descrizione dei risultati attesi e misurabili in termini di benessere e sviluppo sostenibili nel tempo e nello spazio. E’ importante l’ascolto dei saperi oltre che della PA, delle imprese, delle parti sociali, della cittadinanza attiva, delle università, in sostanza di tutte le componenti della società italiana.  Infine, la valutazione è totalmente carente nella versione in Parlamento, si fa cenno solo alle previsioni di crescita quantitativa e non vi è cenno ai risultati attesi.

 

 

Bibliografia:

  • ASVIS (settembre 2020), L’Italia e gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, Rapporto 2020.
  • Commissione europea (dicembre 2019), A European Green Deal.

https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/european-green-deal_en

  • Commissione europea (febbraio 2020) Semestre europeo 2020: valutazione dei progressi in materia di riforme strutturali, prevenzione e correzione degli squilibri macroeconomici e risultati degli esami approfonditi a norma del regolamento (UE) n. 1176/2011 Country Report Italy.

https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/2020-european_semester_country-report-italy_it.pdf

  • Commissione europea (luglio 2020), Next Generation EU.

https://ec.europa.eu/info/strategy/recovery-plan-europe_it#nextgenerationeu

  • Commissione europea (settembre 2020), 2020 Strategic Foresight EU Report

https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/new-push-european-democracy/strategic-foresight/2020-strategic-foresight-report_en

  • Ministero Economia e Finanza (luglio 2020), Documento di Economia e Finanza 2020. Allegato Indicatori di benessere equo e sostenibile.
  • Ministero Economia e Finanza (luglio 2020), Il Programma Nazionale Riforme 2020
  • Ministero Economia e Finanza (ottobre 2020), La Nota di Aggiornamento del Documento di Economia e Finanza 2020
  • Ministero Economia e Finanza, Audizione del Ministro sulle linee guida del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza – Commissione riunite Bilancio e Politiche UE del Senato – 1 ottobre 2020
  • Ministero Economia e Finanza, Legge di Bilancio 2021-23 (dicemnre 2020)
  • Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, NEXT GENERATION ITALIA, versione approvata dal  CdM nel gennaio 2021 e – Allegato schede progetto, aggiornamento 29 dicembre 2020 
  • Istat (maggio 2020), Rapporto SDG 2020
  • Istat (giungo 2020), Censimento delle imprese, sostenibilità ambientale e sociale delle imprese
  • Istat (dicembre 2019), Rapporto BES 2019
  • Istat (novembre 2020), Attività preliminare all’esame del disegno di legge recante il Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e pluriennale 2021-2023. Audizione del President dell’Istat, Prof. G.C. Blangiardo, Roma 24 novembre 2020.
  • Riccardini F. “Sviluppo e benessere sostenibili-Una lettura per l’Italia”, UNIVERSITALIA novembre 2016.
  • Riccardini F. La ripresa al tempo dle Coronavirus, in Politica Insieme del  giugno 2020:

https://www.politicainsieme.com/la-ripresa-al-tempo-del-coronavirus-sostenibilita-di-fabiola-riccardini/  e  https://www.politicainsieme.com/la-ripresa-al-tempo-del-coronavirus-2-equita-di-fabiola-riccardini/

Allegato 1.  Evidenze empiriche collegate alle politiche di sostenibilità secondo gli indicatori SDG e BES prodotti dall’Istat  e alcune stime per gli indicatori BES effettuate dal Ministero economia e finanza.

Rapporto SDG 2020 (maggio)

Le tendenze generali della sostenibilità in Italia sono misurate dall’Istat attraverso gli indicatori SDG collegati ai singoli obiettivi, stabiliti dalla Commissione statistica delle Nazioni Unite e prodotti dai Paesi. Oltre a questi indicatori l’Istat calcola indici sintetici rappresentativi delle tre principali dimensioni caratterizzanti lo sviluppo sostenibile (sociale, economica e ambientale), dai quali emergono tendenze positive nelle tre dimensioni dal 2010 al 2017, ma si nota una battuta di arresto per le dimensioni sociale e ambientale nell’ultimo anno (Figura 1).

Fino al 2018 si può notare un costante miglioramento della dimensione ambientale, trainato dai progressi nel settore dell’energia pulita e nel consumo responsabile, mentre il miglioramento degli indicatori su salute e istruzione ha guidato il percorso positivo della dimensione sociale: tuttavia, per tutte e due le dimensioni si assiste a un rallentamento nell’ultimo anno (2018). L’attenuazione del processo di miglioramento registrato nell’ultimo anno è coerente con le evidenze risultanti dai singoli indicatori presentati nel Rapporto 2020.

Figura 1. Tendenze delle dimensioni sociale, economica e ambientale dello sviluppo sostenibile in Italia. Anni 2010-2018

Fonte:  Istat, Rapporto SDG 2020

L’analisi complessiva degli indicatori per i quali sono disponibili le informazioni (325) sull’ultimo anno (prevalentemente il 2019) su quello precedente, mostra un quadro complessivamente positivo, con miglioramenti registrati per il 48,1% degli indicatori, a fronte di un 29,7% rimasto invariato e ad un 22,2% in peggioramento.

Approfondendo le dinamiche per ciascun Goal, rispetto all’anno precedente, la percentuale di indicatori con variazione positiva risulta significativamente elevata per i Goal 2 (Fame zero, 71,4%) e 13 (Agire per il clima, 66,7%), mentre nei Goal 12 (Consumo e produzione responsabili) e 15 (La vita sulla terra) si registrano i livelli più elevati di indicatori in peggioramento (rispettivamente 54,5% e 41,7% ) Rispetto ai 10 anni precedenti, il quadro per Goal mostra numerosi segnali positivi. In particolare la percentuale di indicatori con variazione positiva risulta elevata (uguale o superiore al 70%) per il Goal 2 (Fame zero), 4 (Istruzione di qualità), 7 (Energia pulita e accessibile), 9 (Industria, innovazione e infrastrutture), 12 (Consumo e produzione responsabili) e 17 (Partnership per gli obiettivi), mentre nel Goal 1 (Povertà zero) si registra il livello più elevato di indicatori in peggioramento (60,0%). Nel complesso l’analisi per Goal rafforza l’immagine di una attenuazione generalizzata, nell’ultimo anno, dei miglioramenti verso lo sviluppo sostenibile.

Le dinamiche per i goal collegati prevalentemente alle dimensioni ambientali, rispetto all’anno precedente, come visto in recedenza, la percentuale di indicatori con variazione positive risulta significativamente elevate per il goal 13 (agire per il clima), mentre per il goal 12 (consumo e produzione sostenibili) e 15 (vita sulla terra) si registrano i livelli più elevate di indicatori in peggioramento.   Prosegue l’andamento positivo dell’intensità energetica italiana: il rapporto tra consumo interno lordo di energia e PIL ha subito una contrazione dell’11% negli ultimi dieci anni e del 2,1% nell’ultimo anno. Nel 2018 ci sono ulteriori avanzamanti dell’Italia nel campo della gestione dei rifiuti, seppure in presenza di un incremento dei rifiuti urbani pro capite. La percentuale di riciclaggio aumenta raggiungendo il 51%, un livello che consente al nostro Paese di superare, per il primo anno, l’obiettivo per il 2020.  Allo stesso tempo permangono elementi di criticità, rappresentati dal consumo di materiale interno (pro capite e rispetto al PIL), che torna a crescere nel corso del 2018 interrompendo la fase di riduzione che ha caratterizzato gli ultimi dieci anni, dai livelli di inquinamento atmosferico da particolato, che permangono elevate e superiori alla media europea, dal consume di suolo che continua ad aumentare (circa 48 km2 di nuove superfici asfaltate o cementificate nel corso del 2018), e dalla copertura delle superfici artificiali impermeabili (nel 2018 il 7,6% del territorio italiano) che impediscono al suolo sottostante di svolgere le funzioni naturali, e quasi il 40% presenta un elevato grado di frammentazione, dal rischio elevato di perdita di biodiversità.

Le misure volte a limitare il contagio da COVID-19 hanno portato a un deciso restringimento delle attività di imprese e famiglie. Tali misure hanno implicato la chiusura, parziale o totale, di un elevato numero di attività produttive, restringendo allo stesso tempo i comportamenti sociali e di consumo delle famiglie. Se da un lato il lockdown ha avuto un impatto negativo sulle attività economiche, dall’altra ha prodotto effetti positivi sulle emissioni climalteranti e inquinanti. La stima delle riduzioni delle emissioni di gas climalteranti (GHG) e di Precursori dell’ozono troposferico (POT) riconducibili al lockdown sarebbe pari rispettivamente al 2,6% e al 4% rispetto allo scenario base di assenza di lockdown.   Gli effetti del Covid-19 sugli obiettivi di sviluppo sostenibile possono essere stimati seguendo le relazioni evidenziate nel Rapporto SDG 2020 dell’Istat.    In particolare emerge che i presumibili riflessi  per il Goal 1 si avranno in termini di perdita di reddito e aumento della povertà, per il Goal 3 si evidenzierà l’effetto devastante sulla salute anche per altre patologie e sui sistemi sanitari messi a dura prova,  per il Goal 4 le scuole e le università chiuse con incremento delle modalità di studio digitali, dove l’apprendimento può essere meno efficace di quello in presenza e non per tutti accessibile,    per il Goal 5 possile aumento dei livelli di violenza contro le donne, maggior carico  sulle donne nella gestione del lavoro e cura della famiglia, per il Goal 8 riduzione del PIL e della produttività del lavoro, ripercussioni sil mercato del lavoro e incremento del lavoro agile, per il Goal 11 l’alta densità di popolazione porta ad un maggior rischio di contagio, le condizioni di vita e igieniche più difficili nelle abitazioni con problemi strutturali, possibile temporanea riduzione dell’inquinamento atmosferico e per il Goal 12 diminuzione delle pressioni del sistema economico sull’ambiente in termini di consumo di materiali, rifiuti,ecc., crollo del settore turistico. Per questi obiettivi gli effetti del Covid-19 ci si attende siano più diretti e con evidenze più immediate e consistenti. Per gli altri obiettivi i presumibili riflessi saranno meno diretti, ma ugualmente presenti, in particolare per il Goal 2 possibili perturbazioni nella produzione e distribuzione agricola e di alimenti, per il Goal 6 problematiche inerenti il sistema idrico, l’igiene è una delle più importanti misure di prevenzione del Covid-19,  per il Goal 7 ripercussioni degli shock sui mercati globali dell’energia (crollo del prezzo del greggio), frenata della domanda di energia dovuta alla caduta di produzione e riflessi sulla intensità energetica, rischio per gli investimenti per la transizione energetica e rischio maggiore per povertà energetica, per il Goal 9 caduta della produzione industriale, riconversione industriale in vista dei nuovi bisogni, rilevanza di innovazione e ricerca per offrire soluzioni, contrazione dei trasporti, riduzione di emissioni di carbonio,  per il Goal 10 aumento della disuguaglianza e delle problematiche inerenti i migranti e rifugiati,  per il Goal 13 si dovrà stabilire una misura per i rischi da pandemia, temporaneo calo di emissioni e inquinamento atmosferico per la minore produzione e mobilità, per il Goal 14 e 15 si dovrà continuare ad investire sulla tutela degli ecosistemi e biodiversità,  per il Goal 16 si potranno avere maggiori reati informatici, infiltrazione delle mafie e della criminaità organizzata tra i settori più esposti alla crisi economca  e settori più coinvolti (usura, traffico di medicine ed equipaggiamento), situazione rischiosa nelle carceri, e per il Goal 17 si avrà la necessità di ampliare gli strumenti di sostegno economico-finanziario dei paesi più bisognosi, forte contrazione delle rimesse degli emigranti, più ampio ricorso all’ICT e a internet.

Sostenibilità ambientale e sociale nelle imprese italiane (giugno 2020)

Secondo le linee politiche europee e nazionali particolare enfasi va data al contributo delle imprese alla transizione verde, alla lotta ai cambiamenti climatici e alla salvaguardia dell’ambiente, nonché del contributo che la sostenibilità nelle imprese può dare alla competitività generale del sistema produttivo.

A tale proposito dai dati di censimento sulle imprese risulta che, nel 2018 (quindi prima della pandemia) il 66,6% delle imprese con 3 addetti ed oltre, ha svolto azioni per ridurre l’impatto ambientale, il 69% per  migliorare il benessere lavorativo, le pari opportunità, la genitorialità e la conciliazione lavoro-famiglia,  il 65% ha incrementato il livello di sicurezza nell’impresa o nel territorio in cui opera (Figura 2).  Meno diffuse sono le azioni di interesse collettivo (31,3% delle imprese) o azioni a beneficio del territorio in cui opera l’impresa (29,4%). Queste ultime attività vengono svolte con la motivazione di consolidare i legami con  le comunità locali.

I comportamenti sostenibili delle imprese aumentano con il crescere della dimensione d’impresa. Le unità produttive di grandi dimensioni (con oltre 250 addetti ed oltre) presentano valori di oltre 10-20 punti percentuali superiori alla media nazionale in tutte le macro attività. Questa evidenza di accompagna alle differenze per dimensioni rispetto alla tipologia di finanziamento utilizzate per le attività sostenibili: il 13,9% delle microimprese ha fatto ricorso ad attività interne svolte a titolo gratuito o agevolato dal personale d’impresa.

Questi elementi rafforzano la necessità di sviluppare sistemi di incentivi alla sostenibilità che siano in grado di adattarsi a differenti realtà dimensionali e alla necessità di modificare anche l’offerta dei servizi pubblici alle imprese.

Figura 2. Azioni intraprese in materia di sostenibilità, responsabilità e sicurezza, per dimensione delle imprese. Percentuali di imprese. Anno 2018

Fonte: Istat, Censimento delle imprese

Analizzando nel dettaglio per numero di azioni sostenibili  risulta che: il 10,3% delle imprese ha realizzato più di 10 azioni di sostenibilità ambientale, il 2,7% ha compiuto più di 10 azioni di sostenibilità sociale e il 50,4% da una a quattro azioni (Fig.3).

Figura 3. Numero di azioni realizzate dalle imprese per la sostenibilità ambientale e sociale. Percentuali di imprese. Anno 2018

Fonte: Istat, Censimento sulle imprese

Analizzando i dati di censimento (prima della pandemia) insieme a quelli raccolti nell’indagine Covid-19, svolta tra maggio e giungo 2020, sulle imprese, si può delineare la reazione al Covid-19 delle imprese sostenibili, in termini di capacità di tenuta e strategie di risposta alla pandemia. Dall’analisi emerge che i «profili di sostenibilità» delle imprese rilevati nella fase  precedente sembrano incidere sulla resilienza alla crisi indotta Covid-19.

Guardando agli effetti a breve si nota che i rischi sulla tenuta dell’operatività aziendale non sono significativamente differenziati per imprese con profili diversi di sostenibilità. Ma se si analizzano le strategie di risposta alla pandemia (Figura 4) si nota che la strategia di Contrazione è prevista dal 23,7% delle imprese a bassa sostenibilità e dal 29,6% di quelle ad alta sostenibilità; la strategia di Riorganizzazione è prevista dal 21,2% delle imprese a bassa sostenibilità e dal 32,3% delle imprese ad alta sostenibilità; la strategia di Espansione è prevista dal 24,3% del primo insieme di imprese  e dal 45,3% del secondo insieme di imprese.

Figura 4. La sostenibilità e l’orientamento ai benefici sociali come fattori di resilienza: la reazione alla crisi indotta da Covid-19 (2).

Fonte: Istat, Censimento sulle imprese e Indagine Covid-19 sulle imprese (giugno 2020)

In sintesi per le imprese i dati, gli indicatori e le analisi effettuate dall’Istat fanno emergere una significativa diffusione di strategie e attività orientate alla sostenibilità.  Si nota poi una interazione positiva tra propensione alla sostenibilità, prformnace economica e struttura finanziaria delle imprese (la cui natura deve essere approfondita). Da ultimo le evidenze mostrano resilienza e capacità di reazine all’emergenza Covid-19 più elevate tra le imprese maggiormente orientate alla sostenibilità.   La sostenibilità diventa così un elemento da indagare e considerare per la competitività delle imprese, ma anche del Sistema paese nel suo complesso.

Rapporto BES e BES Territori 2019 (dicembre  2019)

Nel periodo precedente la pandemia l’andamento complessivo degli indicatori del Bes e riferiti all’ultimo anno (2018 )  segnalano un miglioramento del benessere sia per l’Italia sia per le tre ripartizioni geografiche: oltre il 50% del totale dei circa 110 indicatori per cui è possibile il confronto (115 per il totale Italia e 108 per le ripartizioni) registra un miglioramento in tutte le aree del Paese, con valori più elevati al Nord (59,3%) e più bassi al Centro (50,9%).

In quasi tutti i domini, gli indicatori in miglioramento rispetto all’ultimo anno sono più del 50%. Una quota inferiore al 50%si registra nei domini Lavoro e conciliazione dei tempi di vita, Relazioni sociali, Paesaggio e patrimonio culturale e Ambiente. L’analisi contestuale dei segnali negativi permette di confermare le difficoltà del dominio Lavoro e conciliazione dei tempi di vita (4 indicatori su 12 hanno segnato un peggioramento) cui si affianca il Benessere economico (3 su 10 in peggioramento).

Focus sulle disuguaglianze dai rilevati dall’Istat in termini di disuguaglianze del benessere dei cittadini italiani, in particolare vengono analizzate quelle economiche, dei territori, di età e di genere. Bisogna, tuttavia, tenere presente che la fotografia riportata è relativa a periodi antecedenti al coronavirus e quindi devono essere intesi come quadro per difetto, in quanto le disuguaglianze attuali, con la situazione emergenziale e post emergenziale, saranno molto più marcate e per questo assolutamente prioritarie in termini di politiche da adottare per portarsi su un sentiero di sostenibilità dello sviluppo.

Le disuguaglianze economiche, come emerge dall’ultimo Rapporto BES dell’ISTAT (2019), sono rappresentate da vari indicatori. Nel 2018 la grave deprivazione materiale, la bassa intensità lavorativa, e la grave deprivazione abitativa rispetto all’anno precedente si riducono (rispettivamente -1,6%, ed entrambi del -0,5%). Il reddito disponibile pro-capite, e la vulnerabilità finanziaria mostrano andamenti favorevoli rispetto all’anno precedente. Mentre si registra un peggioramento per l’indicatore sulla valutazione delle difficoltà economiche e la ricchezza media pro-capite. Stabili sono le misure di povertà assoluta (si ferma all’8,4%) e le persone a rischio di povertà reddituale (20,3%). Rispetto al 2010 la media dei periodi per gli indicatori precitati risulta ancora sfavorevole per la gran parte degli indicatori. In un confronto internazionale con gli altri paesi europei, nel 2018 risulta che il reddito aggiustato lordo disponibile pro-capite delle famiglie è pari a 22.658 euro e se valutato in PPA ammonta a 22.341, valore inferiore del 2,2% alla media europea e del 7,7% alla media dell’area euro.  Negli ultimi 5 anni (dal 2012 al 2017), il rapporto tra il reddito totale posseduto dalla 20% della popolazione con i redditi più bassi oscilla tra 5,8 e 6,3 livello superiore alla media europea (tra 5 e 5,2). Nel 2017 in Italia la disuguaglianza di reddito aumenta rispetto all’anno precedente (da 5,9 a 6,1).

Le disuguaglianze territoriali, secondo sempre il Rapporto BES dell’Istat del 2019,  sotto l’aspetto economico per il 2017, si evidenziano con l’11,5% degli individui a rischio di povertà nel Nord, nel Centro la quota sale al 16,3% e nel Mezzogiorno raggiunge il 34,4% (in aumento rispetto all’anno precedente). Si riduce la quota relativa all’indicatore di grave deprivazione materiale rispetto l’anno precedente al Nord e al Centro, ma rimane stabile al Sud.  Differenze ampie anche per la quota di persone che vivono in famiglie dove le persone in età lavorativa hanno lavorato meno del 20% del loro potenziale: nel 2018 al Sud sono il 19%, al Centro l’8,6% e al Nord il 6,4%. La grave deprivazione abitativa che riguarda il 3,6% della popolazione del Nord, il 5,7% nel Centro e il 6,5% nel Mezzogiorno.

Secondo il Rapporto BES Territori del 2019, che prende in considerazione le province italiane per analizzare  convergenze o divergenze territoriali, nell’ambito dei servizi (dominio BES Qualità dei servizi) presi in considerazione per valutare il benessere dei territori (infanzia, cure ospedaliere, trasporto pubblico, energia elettrica), gli indici di disuguaglianza[1] hanno livelli simili tra loro, che oscillano tra 30 e 40, a dimostrazione che le differenze territoriali siano sempre piuttosto diffuse a prescindere dal tipo di servizio. Si tratta di un gradiente che distingue le province del Centro-nord da quelle del Mezzogiorno. Nel caso del trasporto locale, invece, la concentrazione è sostanzialmente determinata dalle differenze tra grandi e piccoli centri urbani. In particolare, le interruzioni del servizio elettrico senza preavviso mostrano un aumento delle differenze territoriali, legate in particolare agli aumenti dell’irregolarità del servizio a carico di alcune province del Centro e del Sud.  Per i servizi per l’infanzia le distanze si sono ridotte grazie al miglioramento dello specifico servizio nelle province del Sud e in modo particolare in quelle del Centro.

Insieme al dominio Qualità dei servizi è quello dell’Ambiente presenta variazioni più consistenti. In termini di energie rinnovabili permane alta l’eterogeneità tra le province,  pur risultando un progressivo avvicinamento dei territori. Anche nel caso della raccolta differenziata si osserva una convergenza tra i territori. Tali dinamiche sono da osservare contestualmente alle politiche settoriali e alle scelte amministrative locali che hanno spinto all’aumento della raccolta differenziata anche attraverso campagne di sensibilizzazione e servizi di raccolta dei rifiuti più vicini ai cittadini. Per quanto concerne la qualità dell’aria si rilevano distanze elevate e crescenti tra i territori (presenza di biossido di azoto crescente indeterminati territori). Il divario cresce territorialmente nel tempo per i rifiuti smaltiti in discarica. Ciò è dovuto alla presenza o meno di discariche funzionanti e alla pianificazione e attuazione da parte degli enti locali del ciclo di gestione dei rifiuti urbani.

Per quanto concerne l’Innovazione, ricerca e creatività, la propensione alla brevettazione è forte e concentrata in alcune province del Nord-est e molto bassa nella gran parte dei restanti casi, in particolare nel Mezzogiorno.

Tutti gli indicatori di Politica e Istituzioni presentano convergenze territoriali. Il grado di finanziamento interno delle Province nel tempo ha ridotto le distanze tre le amministrazioni provinciali in un processo di maggiore omogeneità anche se nel 2015 permangono differenze rilevanti. A livello comunale più omogenea è la capacità di riscossione.  Anche sulle quote rosa nelle elezioni comunali le differenze tra province risultano essersi progressivamente ridotte. La vicinanza territoriale si nota anche rispetto alla situazione di sovraffollamento delle carceri. Tra il 2004 e il 2014 è cresciuta invece la distanza tra territori nella partecipazione alle elezioni europee.

Nell’ambito dell’Istruzione e Formazione, l’indicatore sui Neet mostra una decisa convergenza dei territori, dovuta al peggioramento del fenomeno più pronunciato nel Centro-nord, dove si avevano inizialmente livelli migliori. Anche nel Mezzogiorno si è assistito ad un peggioramento dell’indicatore. Anche per gli altri indicatori del dominio si nota una diminuzione dell’eterogeneità dei territori, con l’eccezione del tasso di passaggio all’università e della partecipazione alla formazione continua. Quest’ultimo indicatore descrive una polarizzazione del fenomeno, con la crescita dei territori già migliori nel Nord e nel Centro e il peggioramento delle province del Mezzogiorno.

La riduzione delle differenze territoriali di manifesta nel dominio Sicurezza per gli omicidi. Accresciuta omogeneità tra le province anche per i delitti violenti, mentre un lieve processo di divergenza risulta nei delitti diffusi.

Nel dominio Salute alcune distanze territoriali sono aumentate ma legate in particolare alla mortalità dei giovani per incidenti stradali, che nel tempo sono aumentate.

Infine risulta abbastanza diversificata sul territorio la Partecipazione sociale. Alla crescente diffusione di istituzioni non profit registrata tra il 2001 e il 2011 si è accompagnata una convergenza tra le province riconducibile alla riduzione del numero di organizzazioni nella provincia di Bolzano, che presentava valori nettamente superiori alle altre province, e all’aumento contemporaneo delle organizzazioni in Basilicata. Rimane invariata la concentrazione del fenomeno del volontariato.

Le disuguaglianze di età, secondo sempre il Rapporto BES dell’Istat del 2019, sotto l’aspetto economico tutti gli indicatori di povertà e deprivazione sono peggiori per le classi di età più giovani: sono il 26,2% i bambini e i ragazzi tra 0 e 24 anni a rischio di povertà reddituale, contro il 15% degli anziani di 65 anni e più; la grave deprivazione abitativa riguarda circa l’8% dei giovani tra 18 e 24 anni e poco meno del 2% degli anziani di 75 anni e più.

L’analisi condotta poi sui giovani mette in luce la presenza nel nostro Paese di un nutrito numero di giovani, quasi 2 milioni, più vulnerabili in quanto deprivati in più dimensioni del benessere. La multideprivazione pone seri ostacoli alle possibilità di realizzare le potenzialità tipiche dell’età giovanile e dovrebbe richiedere specifici interventi di politica. La dimensione del benessere che fa riferimento alle reti sociali e alla partecipazione politica è quella che presenta maggiori problemi di disagio giovanile e per i quali si è registrato un notevole peggioramento nell’ultimo quinquennio. La deprivazione negli aspetti della coesione sociale è risultata strettamente associata a quella dell’ambito dell’inclusione attiva, scuola/lavoro, una dimensione più direttamente indirizzabile da specifiche politiche. Complessivamente dall’analisi risulta un aumento sensibile della quota die giovani in condizioni di disagio nelle relazioni sociali e partecipazione politica, da 17,6% nel 2012 a 24,9% nel 2018, mentre migliorano le condizioni per le dimensioni lavoro e istruzione, da 22,2% nel 2012 al 19,6% nel 2018 e benessere soggettivo, da 11,5% nel 2012 a 7,6% nel 2018 che è la dimensione che registra la minore quota di giovani deprivati. Il Mezzogiorno si caratterizza per livelli di indicatori di disagio multiplo con maggiore intensità rispetto alle altre zone del Paese. Tra i più giovani (18-24 anni) i fattori che più convergono nel definire il disagio multiplo sono l’uso di alcol (25,8% contro il 18,9% dei più grandi e l’insoddisfazione per la vita (38,8% contro il 33,8% dei più grandi.  Ma sono i giovani adulti di 25-34 anni ad essere affetti da una molteplicità di svantaggi: l’eccesso di peso (44% contro il 27,9% dei 18-24 enni), gli indicatori del lavoro e istruzione, l’insoddisfazione per il tempo libero nel benessere soggettivo (51,1% contro il 42,4% dei più giovani) e quella per gli amici nelle relazioni sociali e politica (33,8% contro il 25%).

Riguardo alle disuguaglianze di genere, sempre secondo l’Istat[2], si nota che se da un lato si riduce il gap di genere per la partecipazione al lavoro, l’occupazione femminile rimane bassa nel lungo periodo. Nei periodi recenti le donne hanno recuperato i livelli di occupazione precedenti alla crisi.  Permangono ancora le differenze di genere nella transizione al lavoro di laureati e dottorati, le donne in posizione apicali sono ancora poche rispetto agli uomini e la qualità del lavoro delle donne è in peggioramento.  I divari retributivi e di reddito si riducono, ma la conciliazione dei tempi di vita è ancora una forte criticità.  In questo gioca un ruolo importante i servizi socio educativi per la prima infanzia che si dimostra ancora scarsa e mal distribuita sul territorio a discapito delle regioni del Sud.

Dall’infografiche dell’Istat emerge che le forme di violenza riguardano il 31,5% delle donne, riguarda il 20,2% la violenza fisica, il 21% la violenza sessuale, il 5,4% lo stupro/tentato stupro, il 23,3% violenza psicologica/economica da ex partner, il 16,1% lo stolking. Nel 2018 sono stati 133 gli omicidi volontari di donne. Inoltre, tra i più comuni stereotipi di genere in Italia risulta che per il 32,5% delle persone gli uomini più che per la donna è molto importante avere successo nel lavoro, per il 31,5% delle persone gli uomini sono meno adatti ad occuparsi delle faccende domestiche, per il 27,9% degli italiani è soprattutto l’uomo che deve provvedere alle necessità economiche della famiglia, per il 16,1% degli italiani relativamente alle persone in scarsità di lavoro, i datori di lavoro dovrebbero dare la precedenza agli uomini rispetto alle donne, per l’8,8% delle persone è l’uomo che deve prendere le decisioni più importanti riguardanti la famiglia. Per quanto riguarda i pregiudizi sulla violenza sessuale  risulta che il 39,3% delle donne che non vogliono un rapporto sessuale  riescono ad evitarlo, il 23,9% le donne possono provocare la violenza sessuale con il loro modo di vestire, il 15,1% se una donna subisce violenza sessuale quando è ubriaca e sotto l’effetto di droghe è almeno in parte responsabile, il 10,3% spesso le accuse di violenza sessuale sono false.

Indicatori BES, tendenze e previsioni, presenti nell’allegato al Documento di Economia e Finanza (luglio 2020)

Come è noto 12 indicatori BES entrano a far parte delle analisi nell’allegato al DEF che viene presentato dal Governo ogni anno.  Gli andamenti degli indicatori e le previsioni di tendenza sulla base delle politiche intraprese, sono analizzate per i diversi domini del BES.  E’ sicuramente un insieme più limitato di indicatori BES, ma rappresenta un passo importante per l’analisi del benessere in Italia su cui basare le politiche nazionali intraprese.

L’analisi effettuata dal MEF viene riportata nell’Allegato sugli indicatori di Benessere Equo e Sostenibile (Allegato BES) al Documento di Economia e Finanza (DEF), giunto quest’anno alla quarta edizione, deve essere presentato alle Camere dal Ministro dell’Economia e delle Finanze ai sensi dell’articolo 10, comma 10 ter, della Legge n.196 del 2009, come modificata dalla Legge n. 163 del 2016. La recente Relazione BES, inviata al Parlamento nel mese di febbraio, descriveva l’andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile fino al 2018 e sulla base della Legge di Bilancio 2020, che è intervenuta positivamente su molteplici aspetti dall’inclusione sociale all’ambiente, dal lavoro al benessere economico, dalla salute all’istruzione, delineava l’andamento degli stessi per il triennio 2020-2022.

Tuttavia, a seguito dell’intensificarsi dell’emergenza sanitaria si è prodotto un improvviso e drammatico cambiamento di scenario della vita degli italiani e delle prospettive economiche del Paese. Il diffondersi della pandemia da Covid-19 ha avuto ed avrà profondi impatti sulla situazione economica, sociale e ambientale del Paese. L’azione del governo nei mesi successivi a quello di febbraio è stata tesa, da una parte a contenere la diffusione del virus, dall’altra ad adottare una serie di misure per limitare le conseguenze economiche e sociali generate dalle stesse misure di contenimento della pandemia adottate in Italia e all’estero. Utilizzando il conciso sistema di indicatori (dashboard) BES, il presente documento (presentato a luglio 2020) descrive lo stato di avanzamento compiuto negli ultimi anni dal Paese nei vari domini del benessere equo e sostenibile. Nello specifico sulla base dei più recenti dati disponibili forniti dall’Istat si offre una disamina dell’andamento degli indicatori fino al 2019 e sulla base del quadro macroeconomico contenuto nel Documento di Economia e Finanza del 2020, pubblicato il 24 aprile 2020, si fornisce la previsione per alcuni di essi fino al 2021.   Nell’allegato al DEF si riporta un quadro di sintesi della performance registrata nei diversi domini del benessere negli anni compresi tra il 2005 e il 2019, a seconda della disponibilità dei dati forniti dall’Istat e dalle amministrazioni competenti, e delle previsioni elaborate dal MEF per il periodo 2020-2021. Prima di esaminare nel dettaglio l’andamento degli indicatori nel corso degli ultimi anni è doveroso ricordare che gli effetti dei drammatici eventi connessi alla pandemia di COVID-19 hanno prodotto una marcata revisione dell’attuale scenario macroeconomico rispetto a quello utilizzato per l’elaborazione della Relazione BES 2020 di febbraio[3].   Nel corso del 2019 tutti gli indicatori BES mostrano una performance positiva, con l’eccezione del solo eccesso di peso in lieve peggioramento rispetto all’anno precedente. Tuttavia, in questo quadro di generale miglioramento permangono, in alcuni casi, ampi divari territoriali e di genere.

Di seguito si riporta per ciascun indicatore una breve sintesi dei risultati registrati nel 2019 e un riferimento alle misure introdotte dal Governo dopo l’adozione della Legge di Bilancio 2020 e prima della definitiva stesura del Decreto ‘Rilancio’5 che sono state considerate ai fini del presente documento. Tuttavia, si segnala che al momento della stesura del presente documento sono stati approvati dal Consiglio dei Ministri vari Decreti ‘Rilancio’, che introducono misure urgenti in materia di salute, sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19. Tali Decreti ‘Rilancio’ hanno diversi ambiti di intervento e sono composti da numerose e significative misure di sostegno alle famiglie, ai lavoratori, alle imprese, agli artigiani e ai liberi professionisti con l’obiettivo di porre le basi per una rapida ripartenza. Le risorse destinate al sistema sanitario, al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali, rendendo più efficienti le procedure di erogazione, e al sostegno dei redditi avranno un impatto su molti dei domini del BES, in particolare, sul dominio del ‘Benessere economico’ riducendo gli effetti negativi generati dalla diffusione del Covid-19.

Dominio: Benessere economico

Nel 2019 prosegue, per il sesto anno consecutivo, la fase espansiva del reddito medio disponibile aggiustato pro capite (RDA), primo indicatore del dominio ‘Benessere economico’ che include i benefici erogati alle famiglie tramite le politiche pubbliche. L’incremento rispetto all’anno precedente è stato di 1,2 punti percentuali. La fortissima riduzione dell’attività economica prevista per il 2020 si riverbererà anche sull’andamento di questo indicatore. Nello specifico, nel 2020 si prevede una riduzione del RDA pro capite nominale dello 0,9 per cento rispetto al 2019.  Sulla base del quadro macroeconomico contenuto nel DEF 2020, nel 2021 si prevede un aumento in termini nominali di 3,1 punti percentuali, che compenserà la riduzione registrata nel corso del 2020, grazie all’attesa ripresa delle attività economiche e al previsto robusto incremento del reddito disponibile lordo delle famiglie consumatrici. Si evidenzia, inoltre, che l’intensità della contrazione del RDA per il 2020 sarà decisamente più contenuta di quella prevista per il PIL pro capite, segno dell’effetto positivo prodotto dagli interventi a sostegno dei redditi e dell’occupazione adottati dal Governo

Il secondo indicatore del dominio ‘Benessere economico’, la disuguaglianza del reddito disponibile, misurata dal rapporto fra l’ammontare del reddito disponibile equivalente del quintile più alto e quello più basso, sulla base della stima anticipata fornita dall’Istat nel 2019 dovrebbe lievemente ridursi rispetto all’anno precedente (-0,1 per cento). Allargando l’orizzonte temporale emerge che nel 2019 l’indicatore dovrebbe essere migliorato di 0,3 punti percentuali rispetto al 2015 grazie anche alle dinamiche favorevoli osservate nel mercato del lavoro e ai trasferimenti alle famiglie effettuate tramite le misure del Reddito di Inclusione e del Reddito di Cittadinanza. Per il triennio 2020-2022, la proiezione dell’indice di disuguaglianza del reddito disponibile potrebbe essere significativamente influenzata dalla dinamica dei redditi colpiti dallo shock causato dal COVID-19. Il quadro, ancora incerto, non consente di elaborare misure accurate delle prime conseguenze dello shock epidemiologico. Tuttavia, nel paragrafo dedicato all’indicatore in oggetto si presenterà un’analisi preliminare degli effetti della chiusura delle attività produttive e degli effetti compensativi sui redditi e delle misure d’integrazione del reddito per individui e famiglie adottate con il Decreto ‘Cura Italia’ (DL 18/2020). Gli effetti economici e distributivi sono simulati sui soli mesi di marzo e aprile 2020. L’analisi suggerisce che le prime misure adottate dal Governo abbiano avuto nei mesi di marzo e aprile, effetti più incisivi per le classi sociali più svantaggiate, riducendo consistentemente o annullando integralmente la perdita di reddito che avrebbero registrato e invertendo la distribuzione delle perdite relative subite, rispetto allo scenario in cui non fossero state adottate misure.

I dati forniti dall’Istat indicano che la povertà assoluta, terzo indicatore del ‘Benessere economico’, nel 2019 si è ridotta in modo significativo sia a livello individuale (-0,7 punti percentuali) che a livello familiare (-0,6 punti percentuali). Come rilevato in precedenza, le misure di distanziamento sociale e la chiusura di alcuni settori produttivi, mirate a contenere la diffusione del contagio da Covid19, produrranno un impatto negativo sugli indicatori del dominio ‘Benessere economico’. Tuttavia, il Governo ha adottato varie misure di sostegno al reddito volte a contrastare tali impatti negativi. Tra le varie forme di sostegno del reddito adottate si ricordano: l’estensione degli ammortizzatori sociali alle diverse categorie di lavoratori, le misure di prevenzione dei licenziamenti dei dipendenti e quelle per garantire la liquidità alle imprese e alle famiglie, fornendo un sostegno per il periodo di chiusura delle attività lavorative. Inoltre, sono state sospese le scadenze per il pagamento dei vari adempimenti fiscali e contributivi.

Dominio Salute

Il dominio ‘Salute’ è monitorato da due indicatori: speranza di vita in buona salute alla nascita e la popolazione adulta (età dai 18 anni in su) in eccesso di peso. Il dato provvisorio fornito dall’Istat indica che il primo dei due indicatori nel 2019 presenta un moderato incremento, dopo due anni di lieve peggioramento. Allargando il periodo di riferimento, la speranza di vita in buona salute alla nascita nel 2019 risulta superiore di 2,2 anni rispetto al dato del 2009. Si ricorda che tale indicatore è una rielaborazione della speranza di vita alla nascita sulla base del profilo per età della quota delle persone che hanno dichiarato di sentirsi bene o molto bene al quesito sulla salute percepita rilevato mediante l’Indagine Aspetti della vita quotidiana. Per il 2020, la contrazione della speranza di vita alla nascita dovuta alla pandemia da Covid-19 dipende da due fattori: l’intensità e la durata, nel corso nell’anno, delle maggiori probabilità di morte indotte dalla circolazione del virus. Secondo le simulazioni contenute in un recente lavoro dell’Istat, la speranza di vita nel 2020 potrebbe diminuire in un range compreso fra 0,4 anni e 1,4 anni. Negli anni successivi al 2020, in una situazione di assenza degli effetti del Covid-19, il calo della speranza di vita verrà completamente assorbito. Se si assumessero neutrali le incidenze della vita vissuta in buona salute anche l’indicatore di speranza di vita in buona salute dovrebbe ridursi dello stesso ordine di grandezza. Tuttavia, l’incidenza della speranza di vita vissuta in buona salute non può essere ritenuta neutrale. Essa dipende dal profilo per età della percezione della propria salute e dalla sua interazione con i profili per età delle probabilità di morte. In questo periodo caratterizzato da importanti difficoltà sia sul piano fisico che psicologico appare irrealistico assumerne la neutralità.

L’eccesso di peso nel 2019 è l’unico indicatore che ha registrato un peggioramento: una lieve variazione in aumento (+0,1 per cento) rispetto al 2018.

Per contrastare l’emergenza sanitaria sono stati adottati una serie di provvedimenti volti a rafforzare il sistema sanitario e a limitare la diffusione del virus. Le specifiche misure introdotte con questi provvedimenti sono riportate in dettaglio nella Sezione II.2 di questo documento nel dominio ‘Salute’. Di particolare rilievo sono le numerose misure e risorse tese ad aumentare il personale sanitario (medici e infermieri) e a incrementare le dotazioni di attrezzature mediche. Anche se alcune misure introdotte per limitare gli effetti prodotti dal Covid-19 hanno carattere temporaneo, quelle dirette al rafforzamento del Sistema Sanitario Nazionale possono avere effetti positivi duraturi nel tempo.

Dominio  Istruzione e formazione

Il dominio ‘Istruzione e formazione’ è monitorato dall’indicatore uscita precoce dal sistema di istruzione e formazione. Nel corso del 2019 l’indicatore ha registrato un miglioramento di 1,0 punti percentuali, portandolo al livello più basso registrato dal 2005. Nonostante l’interruzione dell’attività didattica in presenza dovuta a esigenze legate all’emergenza Covid-19, il Governo ha adottato misure per consentire agli alunni di proseguire gli studi per l’anno scolastico in corso in via telematica. La Legge ‘Cura Italia’ dispone misure destinate alle infrastrutture fisiche e informatiche e per i docenti, mentre il Decreto Legge n.22 dell’8 aprile 2020, convertito nella Legge n.41 del 6 giugno 2020, prevede interventi per garantire agli studenti di ogni ordine e grado la possibilità di fruire degli esami finali e proseguire con il successivo anno scolastico.

Dominio Lavoro e conciliazione dei tempi di vita

Un altro importante aspetto dell’inclusione sociale è monitorato dal tasso di mancata partecipazione al lavoro (TMP), afferente al dominio ‘Lavoro e conciliazione dei tempi di vita’, che dal 2015 è in fase di miglioramento. Dai dati del 2019 emergono vari aspetti positivi, quali la riduzione del TMP totale e il restringimento del divario di genere (gender gap), sebbene permangono elevati divari territoriali. Nello specifico, nonostante il rallentamento dell’attività economica, nel 2019 è proseguito a ritmi sostenuti il miglioramento del TMP (-0,8 punti percentuali). Dalla scomposizione per genere dell’indicatore emerge che lo scorso anno si è registrato un miglioramento sia per le femmine che per i maschi, rispettivamente -1,0 punti percentuali e -0,7 punti percentuali. Dal 2015 il TMP femminile si è ridotto più velocemente del TMP maschile. Tali andamenti hanno generato una progressiva contrazione del gap maschi-femmine che si è attestato nel 2019 a 6,7 punti percentuali, il valore più basso dal 2005, anno in cui tale differenza era pari a 11,0 punti percentuali. Le previsioni per gli anni 2020 e 2021, predisposte sulla base del quadro macroeconomico contenuto nel DEF 2020, indicano che la prolungata fase di miglioramento dell’indicatore registrata a partire dal 2015 e che era prevista proseguire sulla base dei dati a disposizione al momento della stesura della Relazione BES 2020 si interromperà bruscamente a seguito dell’inversione del ciclo economico prodotto dall’insorgere dell’epidemia. Nel dettaglio, nel 2020 si prevede un aumento del TMP totale di 1,4 punti percentuali rispetto al dato del 2019; tale variazione risulta essere più contenuta di quelle registrate nel biennio 2012-2013, ma superiore a quelle registrate nel biennio 2009-2010. Nel 2021 il progressivo recupero dell’attività economica sarà accompagnato da un graduale miglioramento del mercato del lavoro e conseguentemente anche il TMP è previsto ridursi di 0,7 punti percentuali, compensando parzialmente l’aumento previsto per il 2020. Le misure di contenimento dell’emergenza sanitaria hanno modificato radicalmente la situazione del mercato del lavoro costringendo numerose attività alla chiusura forzata per contenere la diffusione del virus. Conseguentemente sono state adottate misure volte ad allargare gli ammortizzatori sociali esistenti, quali la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria, il Fondo di Integrazione Salariale e la Cassa Integrazione Guadagni in Deroga, a tutte le imprese costrette a limitare o arrestare l’attività a causa del Coronavirus. Sono state inoltre previste disposizioni per favorire il lavoro agile, quali: i) acquisti per lo sviluppo di sistemi informativi per la diffusione dello stesso e di servizi in rete per l’accesso di cittadini e imprese; ii) stabilire che per il periodo dello stato di emergenza il lavoro agile costituisce la modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa delle pubbliche amministrazioni.

Il secondo indicatore del dominio ‘Lavoro e conciliazione dei tempi di vita’ attiene alla partecipazione al lavoro delle donne di età compresa fra i 25 e i 49 anni con o senza figli (ORM). Nel 2019 l’indicatore, dopo un triennio in cui i dati hanno mostrato un peggioramento, è migliorato di 0,5 punti percentuali rispetto al 2018. Il miglioramento osservato nel 2019 è imputabile all’aumento del tasso di occupazione delle madri (+0,4 punti percentuali) e alla sostanziale stabilità del tasso di occupazione delle non madri (+0,1 punti percentuali), rispettivamente il numeratore e il denominatore dell’ORM. Tra le misure adottate dal Governo per fronteggiare l’emergenza Covid-19, quelle più rilevanti in termini di conciliazione dei tempi di vita e, quindi, con impatti sull’indicatore ORM, riguardano l’estensione dei congedi parentali, la possibilità di usufruire di bonus per baby-sitter per i lavoratori dipendenti privati e agli iscritti in via esclusiva alla gestione separata e misure per favorire il lavoro agile.

Dominio Sicurezza

L’indice di criminalità predatoria, che sintetizza tre sotto-indicatori, ovvero il numero di vittime di rapine, di furti in abitazione e di borseggi per mille abitanti, monitora il dominio ‘Sicurezza’. Nel 2019 l’indice è risultato in forte contrazione rispetto al dato del 2018 (-2,6 punti percentuali), e, dopo un quinquennio di riduzioni ininterrotte, si è attestato sul valore più basso dal 2010. Il regime di distanziamento sociale, che limita in modo drastico i contatti sociali e gli spostamenti della popolazione dal proprio domicilio, avrà verosimilmente l’effetto di migliorare l’indice di criminalità predatoria per tutto il periodo in cui saranno vigenti.

Dominio Politica e istituzioni

Al dominio ‘Politica e istituzioni’ appartiene l’indice di efficienza della giustizia civile (la durata media dei processi civili, definiti nell’anno). Dopo il picco di 505 giorni registrato nel 2014, il dato provvisorio del 2019 conferma la fase di prolungata riduzione dell’indicatore, avviata nel 2015, che ha portato a circa 421 giorni la durata media dei processi civili. Il DL ‘Cura Italia’ ha previsto la sospensione dei processi, la promozione della digitalizzazione e l’erogazione di un’indennità per i giudici onorari in servizio.

Dominio Ambiente

Le emissioni pro capite di CO2 e altri gas clima alteranti (indicatore del dominio ‘Ambiente’) secondo le stime fornite dall’Istat nel 2019 sono state, per il secondo anno consecutivo, inferiori rispetto a quelle dell’anno precedente eguagliando il valore minimo, pari a 7,2 tonnellate pro capite, registrato nel 2014. Rispetto al dato rilevato nel 2008 le emissioni nel 2019 si sono ridotte di 2,4 tonnellate pro capite, pari ad una contrazione del 25,2 per cento. Le misure eccezionali adottate dopo il mese di febbraio stanno provocando dei profondi cambiamenti, tuttora in corso, sul profilo emissivo del Paese rispetto a quanto riportato nella Relazione BES 2020. Il distanziamento sociale, la sospensione di molteplici attività produttive e la chiusura anticipata delle scuole genereranno in corso d’anno una riduzione delle emissioni di CO2 eq., la cui intensità dipenderà sia dalla tempistica e dalle modalità con cui avverrà il graduale rilassamento di tali misure, sia da eventuali effetti strutturali indotti dalle misure stesse, quali ad esempio il potenziamento del lavoro agile oltre la durata dell’epidemia. Tuttavia, dato che dal 10 marzo al 4 maggio la circolazione delle persone è stata soggetta a misure restrittive che ne hanno limitato fortemente le possibilità di spostamento, se non per comprovate esigenze lavorative, di assoluta urgenza ovvero per motivi di salute e che l’allentamento di tali misure restrittive, avviata il 5 maggio, è stata parziale, si è deciso di adottare un approccio prudenziale escludendo dalla previsione delle emissioni di CO2 eq. per il 2020 e il 2021 quelle derivanti dal trasporto delle famiglie. Per il 2020, sulla base del quadro macroeconomico contenuto nel DEF 2020, si prevede una robusta riduzione delle emissioni di CO2 eq. pro capite, al netto di quelle imputabili ai trasporti delle famiglie, che dovrebbe portare l’indicatore intorno alle 5,8 tonnellate, per la prima volta al di sotto della soglia delle 6,0 tonnellate pro capite. Per il 2021, a seguito della ripresa delle attività produttive che dovrebbero recuperare parzialmente il calo delle attività registrato nel 2020, si prevede un rimbalzo delle emissioni che dovrebbero aumentare di 0,2 tonnellate pro capite, un valore comunque inferiore a quello stimato per il 2019. Il recente Decreto  ‘Rilancio’ prevede il potenziamento dell’ecobonus, nello specifico, stabilisce l’incremento della detrazione che raggiunge il 110 per cento delle spese sostenute tra il 1° luglio 2020 e il 31 dicembre 2021 per specifici interventi volti ad incrementare l’efficienza energetica degli edifici.

 

Dominio Patrimonio culturale e paesaggio

Infine, l’indice di abusivismo edilizio, del dominio ‘Paesaggio e patrimonio culturale’, dopo il triennio 2015-2017 durante il quale si è osservata una sostanziale stazionarietà, il numero di costruzioni abusive per cento costruzioni edificate legalmente si è ridotto sia nel 2018 che nel 2019, rispettivamente -1,0 punti percentuali e -1,2 punti percentuali, pur rimanendo ad un livello più che doppio rispetto al punto di minimo della serie registrato nel 2007. La decomposizione della variazione assoluta annua dell’indice di abusivismo evidenzia che il miglioramento che si ravvisa nell’ultimo biennio è legato all’andamento delle abitazioni legali, in crescita dopo 10 anni di forte diminuzione, e dalla contemporanea riduzione delle abitazioni illegali.

Note a piè di pagina

[1] Un’applicazione del metodo di identificazione delle vulnerabilità e resilienze, definite come fattori di rischio che possono mettere in crisi gli equilibri e i livelli di benessere da un lato e, dall’altro, delle capabilities e dei capitali a disposizione che, al contrario, si presentano come fattori di contenimento dei rischi e/o di capacità di reazione e ristabilimento dello stato di benessere, si trova in: F. Riccardini “Sviluppo e benessere sostenibili-Una lettura per l’Italia”, UNIVERSITALIA novembre 2016.

[2] Alcuni risultati per valutare il posizionamento dell’Italia rispetto agli SDG e BES verranno presentati nell’Appendice 1.

[3] Un focus sulle imprese verrà fatto nell’Appendice 1.

[4] Un focus sulle disuguaglianze verrà fatto nell’Appendice 1.

[5] https://ec.europa.eu/info/sites/info/files/2020-european_semester_country-report-italy_it.pdf

[6] L’ammontare di risorse del RRF è pari a 672,5 miliardi, di cui 312,5 costituiti da sovvenzioni e 360 da prestiti. Sono previste due fasi operative di cui la prima riguarderà un importo pari al 70 per cento del totale e dovrà consistere in progetti da presentare al più tardi nel 2022. In questa fase la quota di sovvenzioni ricevuta da ciascun Paese si baserà principalmente sul PIL pro capite e sul tasso di disoccupazione. L’ammontare dei prestiti è invece funzione del livello del Reddito Nazionale Lordo (RNL) e non potrà superare il 6,8 per cento di tale variabile secondo i dati 2018 nell’arco temporale di tutto il programma. Nella seconda fase del programma invece, il restante 30 per cento delle sovvenzioni verrà allocato secondo una formula che riflette la caduta registrata dal PIL dei Paesi membri nel 2020 e la variazione complessiva registrata nel 2020-2021. Le risorse della RRF che dovrebbero essere allocate all’Italia sono quindi stimate in 193 miliardi di cui 65,4 miliardi di sovvenzioni e fino a 127,6 miliardi di prestiti.

[7] Commissione europea (settembre 2020), 2020 Strategic Foresight EU Report

https://ec.europa.eu/info/strategy/priorities-2019-2024/new-push-european-democracy/strategic-foresight/2020-strategic-foresight-report_en

[8] A cura del Ministero dell’ambiente: https://www.minambiente.it/pagina/la-strategia-nazionale-lo-sviluppo-sostenibile-il-processo-di-definizione

[9] Lo scorso 19 ottobre il Governo ha presentato alle Istituzioni europee il Documento Programmatico di Bilancio per il 2021 (DPB), nell’ambito del consueto ciclo di monitoraggio dei Paesi dell’eurozona. Il documento presenta un quadro di finanza pubblica lievemente modificato rispetto alle stime contenute nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza (NADEF) del 5 ottobre. Con riferimento al quadro programmatico, l’indebitamento netto in rapporto al Pil viene fissato al 10,5% nel 2020, in leggero miglioramento rispetto a quanto riportato nella NADEF (10,8%). La revisione della stima per il 2020 è ascrivibile principalmente a un andamento delle entrate migliore di quanto previsto e al minor utilizzo di alcune misure di sostegno.

[10] ISTAT, Censimento imprese: https://www.istat.it/it/censimenti/imprese e Censimento Istituzioni pubbliche: https://www.istat.it/it/censimenti/istituzioni-pubbliche

[11] Il Piano Nazionale Integrato per l’Energia e il Clima prevede cinque aree di intervento: 1. decarbonizzazione, 2 efficienza, 3 sicurezza energetica, 4 sviluppo del mercato interno dell’energia, 5 ricerca innovazione e competitività  e tre obiettivi quantitativi: -56% di emissioni nel settore della grande industria, -35% terziario, trasporti terrestre e civile, 30% di energia da rinnovabili

[12] Per un’applicazione pratica dei criteri di indicatori di vulnerabilità e resilienza si veda Riccardini F. “Sviluppo e benessere sostenibili-Una lettura per l’Italia”, UNIVERSITALIA novembre 2016.

[13] Il metodo seguito riguarda l’osservazione dello scarto medio annuo dell’indice di Gini per il primo, in genere il 2004, e l’ultimo anno disponibile, in genere il 2016, e diviso per il numero di anni meno uno; valori negativi dello scarto indicano una riduzione nel tempo delle differenze territoriali, ovvero vi è convergenza dei territori. Mettendo in relazione i due criteri di misure, cioè il grado di omogeneità dell’indicatore nell’ultimo anno disponibile, indice di Gini, e la sua variazione nel tempo ì, scarto medio annuo, si nota la relazione tra concentrazione e dinamicità.

[14] Audizione della dott.ssa Linda Laura Sabbadini (Istat)  alla Camera dei Deputati in occasione della discussione delle misure a sostegno della partecipazione delle donne al mercato del lavoro e per la conciliazione delle esigenze di vita e di lavoro. 26 febbraio 2020.  Infografiche predisposte dall’Istat in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne.

[15] Per i dettagli circa lo scenario macroeconomico utilizzato per il presente Allegato BES si rimanda al Programma di Stabilità 2020 (Sezione I, Capitolo II) approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 aprile scorso