Non sarà la tecnica – “ l’offerta di tecnologia immensa” di cui dice Grillo; “immensa” e’ l’offerta o addirittura la tecnologia come tale? – a salvare il Paese, ma piuttosto la lucida coscienza dei valori e degli obblighi morali che appartengono alla nostra comune umanità.
Intanto che l’ombra di Di Maio rincorre disperatamente un ruolo in cui reincarnarsi, l’Elevato è tornato sul ponte di comando ed, assunti i toni esaltati del “predicatore”, con una rapida incursione in casa altrui, fa addirittura del “proselitismo” tra i giovani PD.
Stupisce che un Movimento che fin qui ha subito passivamente, per la verita’ anche con una buona dose di opportunismo cinico, la debordante invadenza di Salvini, ora immagini di poter impunemente affondare colpi nel ventre molle del nuovo alleato.
Ha ragione Zingaretti: ci vorrebbe almeno un po’ di rispetto.
Grillo non sbaglia quando invoca una “visione” che, effettivamente, per essere tale e risultare efficace dovrebbe andare oltre gli steccati del momento politico contingente.
Senonche’, questa fiducia smodata ed “immensa”, questo affidamento unilaterale alla tecnica, di fatto configura – al di la’ della presunzione “post-ideologica” dei pentastellati, del tutto recentemente rivendicata da Di Maio, talche’ non vi sarebbero “soluzioni di destra o di sinistra”, ma soluzioni e basta – la ricaduta e l’avvitamento del Movimento in una inedita spirale, appunto, schiettamente “ideologica”.
Se “dobbiamo decidere che tipo di società’ vogliamo”, come sostiene giustamente Grillo, dobbiamo, anzitutto, rompere le “gabbie mentali” lamentate da Popper, piuttosto che fabbricarne di nuove.
Per come la mette, l’inventore del “vaffa…” pare convinto di aver scoperto a sua volta – molti altri l’hanno creduto, giusto a destra o a manca, prima di lui ed ogni volta ci siamo leccati le ferite – la chiave di volta della storia, la legge – semplice ed universale, ad un tempo – che da’ conto dei suoi sviluppi e, quindi, del destino cui possiamo condurne l’approdo.
Abbiamo bisogno della liberta’ creativa che ciascuno di noi puo’ attingere alla sorgente della propria origine, piuttosto che dell’automatismo algido degli algoritmi.
Insomma, la parabola dei 5Stelle che ha esordito con quello che intendeva essere un irriverente e provocatorio grido di rottura di schemi asfittici, di comportamenti coatti, di condizionamenti sociali inveterati da superare in un impeto di liberazione, si va rinsecchendo in un pensiero ossificato e banale che, in definitiva, contraddice l’assunto fondativo.
Evidentemente oggi, come i leaders, anche le ideologie hanno le gambe corte e durano poco.
Peraltro, qui si misura lo iato che ci separa da questa sorta di religione neo-pagana o, a suo modo, gnostica che dovrebbe risultare indigesta ai tanti cattolici che pure hanno orientato verso i pentastellati il loro voto.
Ci sarebbe molto da dire sulla tecnica ed è indispensabile tornare su a rifletterci se vogliamo capire in che mondo viviamo.
In ogni caso, il rifiuto ad erigerla ad “idolo”, non significa affatto sottovalutarne l’ importanza che anzi, per i credenti, ha a che vedere con il comandamento: “Crescete e moltiplicatevi”.
Il che significa rifuggire dal cupo pessimismo di una visione catastrofista del tempo che e’ affidato alla responsabilita’ delle nostre generazioni.
Le sfide, le svolte del “cambiamento d’epoca” di cui parla Papa Francesco richiedono saggezza ed equilibrio, un sentimento di fiducia e, ad un tempo, una serena intelligenza delle cose del mondo che insieme esprimono quella sapienza che nasce da una fede matura.
Non a caso, lo stesso Papa Francesco nella “Evangelii Gaudium” riprende le parole con cui Papa Giovanni, l’11 ottobre 1962, solo cinque giorni prima della crisi dei missili sovietici a Cuba – straordinaria e strana coincidenza che segno’ la stagione dei “due Giovanni” – avvio’ i lavori del Concilio Ecumenico Vaticano II.
Parole illuminanti anche oggi, nel pieno delle trasformazioni incalzanti che dobbiamo imparare a governare:
“……ci vengono riferite le voci di alcuni che, sebbene accesi di zelo per la religione, valutano pero’ i fatti senza sufficiente obiettivita’ e prudente giudizio.
Nelle attuali condizioni della società umana, essi non sono capaci di vedere altro che rovine e guai……
A Noi sembra di dover risolutamente dissentire da codesti profeti di sventura che annunciano sempre il peggio, quasi incombesse la fine del mondo.
Nello stato presente degli eventi umani, nel quale l’umanita’ sembra entrare in un nuovo ordine di cose, sono piuttosto da vedere i misteriosi piani della Divina Provvidenza che si realizzano in tempi successivi attraverso l’opera degli uomini e spesso al di la’ delle loro aspettative….”.
Domenico Galbiati

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