Cascano letteralmente le braccia se si scorrono le dichiarazioni che il Presidente della “République”, Macron, ha reso, a Strasburgo, presentando al Parlamento Europeo le linee programmatiche del semestre francese di presidenza dell’Unione. Evoca il progetto di democrazia, di pace e di progresso che l’Europa deve assumere come compito che la sua stessa storia le consegna. Senonché ritiene che, a tal fine, vada aggiornata la “Carta dei diritti fondamentali”
della UE, includendovi segnatamente, oltre la difesa dell’ambiente, il diritto all’accesso all’aborto in tutti i 27 Paesi membri dell’Unione. Si tratta chiaramente di una presa di posizione pregiudiziale, di carattere ideologico e, se è consentito dirlo a fronte di tanta autorità, moralmente gretta. Culturalmente povera, immotivata, anzi contorta ed insostenibile.

Non si tratta di essere credenti o meno. L’aborto è questione, prima che con la fede, che ha a che vedere con la nostra comune umanità. Basterebbe una onesta, limpida lettura antropologica. Sarebbe sufficiente chiedersi quale sia, se appena sapessimo liberarci dalla cortina fumogena di ideologie ammuffite, il sentimento comune, popolare, diffuso circa il valore della vita, nella sua immediatezza originaria, l’orgoglio della maternità, la passione della paternità, la responsabilità del trasmettere la vita.

Il che questione di libertà, nel suo pieno, effettivo valore, la quale va oltre l’autodeterminazione. Non si può fondare, in Europa o altrove, un ordinamento civile orientato alla solidarietà, alla pace, alla giustizia, al superamento delle diseguaglianze, alla libertà, alla responsabilità sociale, se non incardinandolo nel valore, nel rispetto incondizionato della vita, in ogni fase, in ogni condizione del suo sviluppo. Una posizione, quella di Macron, assunta per assecondare la deriva di quel “pensiero unico” che tuttora pretende di imporsi, in modo unilaterale, gonfio di presunzione, chiuso in un’ arroganza cieca che gli impedisce di cogliere come se non altro la pandemia, sia pure a prescindere da ogni altra considerazione, abbia francamente decretato quanto sia vuoto ed ingannevole.

L’ embrione, come a suo tempo riconobbe il Comitato Nazionale di Bioetica, è “uno di noi”, cioè, a tutto tondo, al di là delle ipocrisie che si nascondono volentieri nelle pieghe del linguaggio, una persona. L’interruzione volontaria della gravidanza sopprime concepiti, titolari di un diritto alla vita che ad essi appartiene ontologicamente, prima di ogni formale riconoscimento giuridico. Quanto più è diffusa, tanto più concorre a far crescere, nella cultura dei nostri giorni, una concezione banale della vita; l’idea che possiamo disporne, della nostra e di quella altrui, come fosse qualcosa che attiene la discrezionalità del nostro possesso e non un dono che va oltre. Che attiene lo spazio di una sacralità intangibile, che ci trascende ed al cui cospetto occorre fermarsi.

Macron annuncia un progetto ambizioso, intuisce le potenzialità di un‘Europa che comprenda come la sua forza, la sua autorevolezza, il suo compito storico, il suo destino stiano oltre, al di là dei suoi confini. Senonché lo fonda su piedi d’argilla.

Davvero è possibile e sensato sostenere la difesa dell’ambiente, la salvaguardia del creato e, nel contempo, invocare l’aborto come piatta omologazione di tutti i paesi ad una sorta di imperativo categorico? Non c’è una palese contraddizione almeno tra questi due presunti “diritti fondamentali”? A prescindere dalla fede di ognuno e dalle rispettive appartenenze culturali, la scia di morte e di sofferenza, di timori e di torsioni esistenziali, di mutazioni e di nuovi stili di vita, di adattamenti dolorosi, spesso subiti come un’usurpazione, imposti dalla pandemia ad ognuno e complessivamente alla collettività, non suggerisce, forse, a tutti una riflessione in ordine a quella che potremmo chiamare una necessaria “rifondazione antropologica” della stessa politica?

Sono saltate antiche e consolidate categorie interpretative. L’idea, ad esempio, di un progresso necessario ed irreversibile che, pur tra alti e bassi, pareva, in ogni caso, destinato ad una crescita ininterrotta e pressoché automatica, cosicché bastasse abbandonarsi a quest’onda montante per avanzare comunque. E così occorre una importante revisione di consolidate posture. A cominciare da una nuova consapevolezza del valore della Vita.

Domenico Galbiati

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