Mentre la Banca centrale cinese è impegnata a tamponare i tonfi del mercato a colpi di bandi sulle vendite e iniezioni di liquidità e la Fed prosegue la sua opera di dissimulazione rispetto alla reale natura delle operazioni di stimolo già in atto, la Bce prepara il proprio processo di review rispetto agli obiettivi statutari.

In primis, per stessa ammissione del numero uno, Christine Lagarde, il target inflazionistico. Insomma, il Sacro Graal del 2% è destinato a finire in discussione. Qualcuno, come il capo economista dell’Fmi e stretto collaboratore dell’attuale governatrice dell’Eurotower, Olivier Blanchard, non ha dubbi al riguardo: quel dato percentuale va
calibrato al rialzo nell’eurozona. Qualcun’altro, come il numero uno della Banca centrale austriaca, Robert  Holzmann, punterebbe invece a una revisione al ribasso. In mezzo, la gran parte dei membri del board e dei regolatori interessati, favorevoli a una soluzione compromissoria e un po’ gattopardesca, ovvero il mantenimento del
2% con però una banda di oscillazione definita “di tolleranza”, sia al rialzo che al ribasso.

Ma come ne La fattoria degli animali, ci sono membri e pareri che contano più degli altri. Uno di questi è quello di
Jens Weidmann, potente capo della Bundesbank e per un certo periodo accreditato come successore di Mario Draghi proprio alla guida della Bce. Per il numero uno della Banca centrale tedesca, il nuovo obiettivo inflazionistico deve essere “capibile, indirizzato verso il futuro e realistico”. Proprio per questo, “non obbligatoriamente al rialzo”.

Fin qui, nulla che stupisca, visto il personaggio e l’istituzione che rappresenta. Ma a lasciar intendere che il processo di review interna dell’Eurotower potrebbe rivelasi più insidioso del previsto per Christine Lagarde ci ha pensato, il 3 febbraio, proprio la Bundesbank, la quale nel rilanciare dal suo sito un’intervista sul tema con il governatore con una messa in guardia senza troppi giri di parole.

Jens Weidmann, apertissimo alla discussione, vuole però dell’altro. E pressoché in contemporanea con il dibattito sui nuovi obiettivi della Bce: uno studio operativo su come dire addio alla politica monetaria espansiva posta in essere durante la gestione di Mario Draghi e che Christine Lagarde pare non voler mettere in discussione, a partire dai tassi negativi sui depositi. E proprio questo punto sembra uno dei capisaldi della crociata che Weidmann potrebbe essere pronto a scatenare in seno al board, in caso il “pilota automatico” impostato da Mario Draghi prima del suo addio vedesse l’attuale Consiglio intenzionato a non muoversi dai presupposti espansivi attuali.

Lo scorso dicembre, le detenzioni di contante fisico delle banche tedesche hanno infatti toccato la quota record di 43,4 miliardi di euro, stando a dati appena pubblicati dalla Bundesbank stessa. Un ammontare quasi triplo rispetto a quello presente nel maggio del 2014, un mese prima che la Bce decidesse appunto una politica penalizzante sui depositi.

In linea teorica, i tassi negativi dovrebbero fungere da dinamo per l’inflazione, visto che il denaro diventa più costoso se lasciato “inattivo” e si dovrebbe essere così spinti a metterlo in circolo. Così non è stato, quantomeno nell’Eurozona. E che la situazione in Germania stia rapidamente andando fuori controllo lo dimostra il fatto che il trader di metalli preziosi ProAurum, con base a Monaco di Baviera, ha ammesso di essere subissato di richieste da parte di banche commerciali che chiedono la possibilità di noleggiare o affittare i loro caveau per stoccare il denaro contante che detengono. Richiesta che è stata rimandata al mittente, causa indisponibilità ma che apre un enorme interrogativo: per quanto ancora gli istituti di credito tedeschi potranno permettersi la pratica del deposito esterno
di cash, al fine di lasciare il minimo indispensabile nei conti corrente di riserva e tutelare se stessi e i clienti da ulteriori tassi negativi?

Un interrogativo a cui ha fornito un’indiretta quanto implicita risposta Markus Weiss, managing director della Dagussa Goldhandel: “Stiamo conoscendo un aumento esponenziale della richiesta di cassette di sicurezza, di ogni dimensione e soprattutto per il deposito di denaro contante. La domanda è crescente ormai da mesi, ma ora è
giunta a un punto tale che ci ha visto costretti a espandere le nostre facilities”. Insomma, un volàno per il business delle casseforti, ma un bel problema per gli istituti bancari. E per la Bundesbank.

Mauro Bottarelli

Tratto dall’articolo pubblicato su Businnes Insider

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