Prendersi cura del mondo che ci circonda e ci sostiene significa prendersi cura di noi stessi. Ma abbiamo bisogno di costituirci in un “noi” che abita la Casa comune (Francesco, Fratelli tutti, 17).

Il pensiero sociale espresso nella “Fratelli tutti” di papa Francesco dovrebbe essere posto come premessa a qualunque tipo di possibilità di azione politica. E’ necessario per quest’ultima un orizzonte comune che nasca dal basso, dalle forme dell’esperienza pratica, da una esperienza comune, una osmosi di relazioni e di logos. Così sembra importante percorrere piste di rivisitazione del soggetto moderno in grado di valorizzarne lo spessore storico e relazionale, capace di favorire in misura maggiore il riconoscimento di un'”antropologia della libertà” rispetto a quella “antropologia delle facoltà” tradizionalmente ben presente nel grande alveo della riflessione aristotelico-tomista, maggioritaria nella riflessione cattolica, ma probabilmente non più in grado di alimentare lo sguardo attuale del soggetto umano, figlio di questo tempo, bisognoso di un’attuazione di sè in un ampio orizzonte pieno di buone pratiche narrative e transitive.

Soprattutto perché è arrivato finalmente il tempo di abbandonare definitivamente il divorzio anacronistico tra cattolicesimo e libertà democratiche e pensare al contenuto delle Scritture giudeo-cristiane come a un possente serbatoio semantico (secondo il metodo storico-critico) da offrire come cornice simbolica di un’identità inclusiva e plurale, offerta a tutti. Credo che qui faccia scuola il pensiero di J. Habermas, in dialogo con quello di J. Ratzinger, in un ormai celebre colloquio che li vide protagonisti nel 2004 a Monaco. La secolarizzazione è da considerarsi come un processo di apprendimento complementare, dove credenti e non siedono allo stesso tavolo del dialogo, nell’offerta reciproca della propria ricerca, dove entrambi rispondono decisamente all’appello della realtà stessa dell’esserci e del divenire. Le grandi sfide del nostro tempo confuso e in parte minaccioso dovrebbero essere messe a tema dalla politica e dai soggetti protagonisti che da sempre la animano e per così dire la costituiscono: i partiti. Ma questi ultimi, dopo la fine delle grandi narrazioni ideologiche e dei blocchi contrapposti e dopo la realizzazione piena del “villaggio globale”, ipertecnologico e saturo di immanenza, hanno seguito un destino di evaporazione e di assottigliamento identitario, anoressici per vocazione o per sventura… sempre più simili all’asino di Buridano… Così è necessario rialimentare la vita pubblica e l’esercizio del potere politico che oggi, anche in Parlamento, è delegittimato dall’assenza della coscienza del valore. In questo senso la questione morale ritorna sempre potentemente al centro, ma nessuno sembra preoccuparsene. Un paradigma di ottima umanità oggi è rappresentato dall’ amicizia tra filosofi, motivata dalla virtù e dall’eccellenza. Mostra che il sapere richiama da sé una dimensione sapienziale che vive di buone relazioni, di inter-esse, non di algide autoreferenzialita’. Kant preferiva “la fertile bassura dell’esperienza” alle alte torri… Il pensiero filosofico cammina sulle strade… ha bisogno di recuperare i rumori delle strade, il vociare del mercato…

Se c’è una possibilità morale più alta, essa abita presso l’amicizia più autentica dei filosofi. Inoltre, abbiamo a nostra disposizione i serbatoi immensi della nostra tradizione filosofica e teologica occidentale (intesa come forza di liberazione e di prossimità, in ascolto dell’Altro e quindi dell’altro…), dove la ragione secolare può aiutare a purificare e mantenere il volto umano delle religioni (il rischio del fondamentalismo e del fideismo) e dove queste ultime possono correggere la ragione secolare sul versante della gestione del potere, ricordando alla politica che la sua ragion d’essere è penultima e non ultima… Insomma è arrivato il tempo, dopo la stagione delle contrapposizioni ideologiche, che la filosofia sviluppi una sua “vocazione politica”, senza improbabili re-incanti, anzi rispondendo a una sfida: l’anarchia della responsabilità (Di Cesare) e dove la ragionevolezza che apre alla religione sappia trovare nel riferimento al Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Gesù la più possente spinta a vedere nel proprio simile umano (o di altra specie) non più solo un socio, ma un prossimo, un altro me, da custodire e per cui desiderare reciprocamente ogni bene. E’ la grande profezia cristiana della fraternità e della prossimità solidale che si trova appunto realizzata nell’opera e nella prassi di Gesù di Nazareth, il Redentore per i credenti di tutti i secoli, ma ugualmente un possente maestro di fraternità e di testimonianza per tutti coloro che desiderano un bene più grande. Ma, d’altronde, il pensiero sociale cristiano e cattolico è stato spesso l’interlocutore di intellettuali non cattolici, come quando Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti, Giuseppe Vacca hanno scritto una lettera aperta intitolata: “l’emergenza antropologica: una nuova alleanza”, pubblicata nel 2011 sull’Avvenire, in cui questi intellettuali hanno sottolineato l’importanza della presenza del pensiero cattolico per la democrazia italiana e per le crisi difficili che sarebbero seguite. Così ben venga l’impegno dei cattolici in politica… verranno quelli del campanile…? O del Vangelo…?

Luca Novara

 

 

 

 

 

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