Come sostenuto più volte su queste pagine non è possibile costruire una coalizione che intenda governare l’Italia, mettendo insieme una forza di sinistra – ammesso che il PD sia ancora in grado di interpretare efficacemente un tale versante – ed un’ altra che, quale il Movimento 5 Stelle, è di fatto di destra, forse, anche a sua insaputa. E, perfino, a suo dispetto.
Una forza, infatti, che tuttora riposa sulla tara genetica delle sue origini – è pur sempre il partito del “vaffa” – e, per quanto dotata di una sua agenda sociale, la declina attraverso una postura demagogica e populista, nel migliore dei casi paternalistica, senza alcuna cognizione dell’ interesse generale del Paese.
Al di là delle cause scatenanti del momento che, a Bari e pure a Torino, hanno portato alla frattura tra PD e 5Stelle, se anche queste crisi locali dovessero risolversi, resterebbe per intero il problema di una conciliazione impossibile tra due forze che solo la comune convenienza elettorale potrebbe tenere assieme. In vista di una improbabile scalata al potere che, in queste condizioni, non si profila neppure su un orizzonte lontano. Il quale, peraltro, se fosse, in prospettiva, abbordabile, non farebbe altro che incrementare la rivalità interna a tale presunta coalizione, azzoppandola sul nascere.
Il nostro è, oggi, un sistema politico che francamente umilia l’Italia e gli italiani. Siamo un Paese di grande tradizione democratica, cresciuta attraverso la pluridecennale esperienza di un confronto spesso aspro, ma pur sempre orientato all’ interesse generale della collettività.
Un confronto duro e schietto, condotto secondo visioni differenti, spesso addirittura antitetiche, ma pur sempre motivate idealmente e politicamente, mai declinate solo in funzione di un potere fine a sé stesso. In altri termini, anche nelle stagioni più fortemente contrassegnate dal cosiddetto principio “ad excludendum”, il discorso pubblico dell’ Italia democratica ha sempre visto in campo, a fronte delle maggioranze che sostenevano il governo, una possibile, chiara e forte alternativa.
Che cosa resta oggi di tutto questo? Nulla o quasi. Non esiste una visione “altra”, un progetto politico che le opposizioni siano in grado di mettere in campo come termine dialettico che, a fronte della proposta incarnata dal governo, accenda nella pubblica opinione un confronto coinvolgente, possibilmente appassionato.
Al discorso del Governo, monocorde – eppure frastagliato e, per più aspetti, contrastato al suo interno – corrisponde la rissa indecente delle supposte opposizioni. Di fatto, PD e 5Stelle altro non fanno se non offrire preziosi assist alle forze di maggioranza che, sostanzialmente, giocano contro un avversario a porta vuota. Ciò che succede a Bari ed a Torino umilia la democrazia nel significato profondo del valore umano e morale di cui è la più alta, diretta ed esplicita attestazione sul piano politico e civile.
La democrazia – “forma di un desiderio profondamente umano”, come sostiene il documento preparatorio della prossima Settimana Sociale – è ferita, al punto che vacilla, dubita di sé, è tentata di rassegnarsi ad un inevitabile declino, quando il suo stesso fondamento, la sovranità popolare, la libera espressione del personale convincimento di ogni cittadino è così gravemente strumentalizzata e compromessa.
Domenico Galbiati