Tra le varie istanze presentate agli oramai noti Stati Generali dell’Economia indetti dal Governo Conte, dirompe la proposta della Commissione Nazionale Economia e Capitale Umano dell’Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti (UCID) presieduta da Giuseppe Fischetti.

Nella nuova logica economica, le conoscenze e le competenze (Capitale Umano), unite alle esperienze consolidate delle imprese (Know-how aziendale), costituiscono un “unicum”, chiamato Capitale Intellettuale, in grado di vincere le sfide del mercato, contrastare e battere la concorrenza e, di conseguenza, portare notevoli vantaggi a entrambi, lavoratori e impresa.

Il Capitale Intellettuale è posseduto da ogni impresa ed è indipendente da dimensioni o fatturati perché frutto della risorsa umana, che diventa risorsa primaria per competere e dare vita alle azioni di innovazione, ricerca e sviluppo sia per l’azienda che per il territorio.

Questo è il distillato di numerosi passaggi presenti nella legislazione nazionale e comunitaria così come negli studi accademici di economisti e premi Nobel. Il più strategico, a titolo d’esempio, viene dalla Commissione Europea  (Comunicazione al Parlamento Europeo, al Consiglio Europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni del 27.5.2020, COM 456),  “Il momento dell’Europa: riparare i danni e preparare il futuro per la prossima generazione”  che recita “Mentre l’Europa, nel suo percorso di ripresa, si sta muovendo verso un’economia e una società più verdi, digitali e più resilienti, la necessità di migliorare e adeguare le abilità, le conoscenze e le competenze diventa ancor più importante.”

Ma anche il Direttore Generale del Fondo Monetario Internazionale, Kristalina Georgeva, esprimeva agli Stati Generali che “Oggi, noi dobbiamo rafforzare la resilienza delle persone investendo nel capitale umano o l’Europa perderà una grande opportunità” (trad.ns)

Rimanendo a casa nostra, il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, identifica tre direttrici in ambito innovazione per risollevare il paese: infrastrutture, capitale umano, ricerca.

A fronte di queste premesse la proposta della Commissione UCID, nel ritenere fondamentale, per il futuro delle imprese e dell’economia, il Capitale Umano e la valorizzazione delle competenze, sostiene la necessità che siano rese tangibili ed evidenti nel bilancio delle aziende. Questo perché, ad oggi, il mondo dell’economia parla solo il linguaggio della contabilità. Qualunque indicatore (KPI, CSR, ESG) esterno alle categorie semantiche dell’economia è destinato ad essere letto in secondo piano. Serve quindi un criterio per assegnare un valore (non un costo o un prezzo) alle competenze espresse dal lavoratore all’interno del processo economico.

Dagli studi effettuati e il confronto con i principali attori del mondo economico e legislativo è emerso che ciò può avvenire attraverso la oggettivazione e la valorizzazione del capitale intellettuale che è presente in ogni azienda.

Il meccanismo è semplice e la sua praticità passa attraverso la modifica di due articoli del codice civile (2424 e 2424bis) dove si definiscono criteri e modalità di calcolo oggettivo.

I vantaggi sono innumerevoli:

– aumento del patrimonio d’impresa con conseguente sostenibilità (perché il know how è riconosciuto come bene immateriale)

– aumento dell’occupazione e dialogo impresa-lavoratori (perché l’esperienza e la conoscenza sono riconosciute)

– aumento delle competenze (perché innalzano la qualità e garantiscono l’innovazione e la competitività delle imprese)

– neutralità fiscale nella sua applicazione (perché non richiede interventi diretti da parte dello Stato)

L’inserimento del Capitale Umano nello stato patrimoniale del bilancio permette alla policromia della risorsa “umana” di vestire la bi-cromia di Luca Pacioli senza perdere senso e valore. Si è oggettivato il metodo (ostacolo da sempre) e non la persona.

Un’idea è stata portata.

Alberto Di Martino

 

Immagine utilizzata: Pixabay

 

 

 

 

 

 

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