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UNIONE BANCARIA EUROPEA

L’Unione bancaria europea nasce nel 2012 come conseguenza della crisi finanziaria del 2007-2008 e degli effetti della crisi del debito sovrano, con l’obiettivo di eliminare lo stretto rapporto tra “le finanze del settore pubblico e il settore bancario” dei Paesi dell’UE. Tale legame aveva creato momenti di tensione nel settore bancario a causa della crisi del debito sovrano e provocato turbolenze finanziarie negli Stati europei.

Per evitare ciò e per permettere l’esistenza di un mercato bancario più sicuro, trasparente e con norme armonizzate, venne formalizzata la necessita di avere una unica regolamentazione del mercato creditizio e finanziario a livello europeo

Scopo principale dell’Unione bancaria era quello di avere un sistema bancario stabile, sicuro, affidabile e per ottenere ciò le banche dovevano essere solide e soggette a risoluzione (ristrutturazione e/o fallimento) senza intervento pubblico.

Gli elementi e/o pilastri su cui si basa l’attività dell’ U.B.E. sono i seguenti:

  • Meccanismo di vigilanza unico (MVU);
  • Meccanismo di risoluzione unico (Single Resolution Mechanism, SRM).

Un terzo elemento che riguardava l’assicurazione dei depositi bancari, non è stato adottato, per mancata convergenza sulle modalità e i costi di tale assicurazione, dai Paesi dell’Eurogruppo.

La non attuazione del terzo elemento mette in discussione la stessa funzione dell’UBE perché, con tale inesistenza, viene meno la difesa del risparmio dai rischi dell’esercizio del credito con conseguente alto rischio di perdita dei risparmi da parte dei risparmiatori depositanti.

Il Meccanismo di vigilanza unico è “l’organo di vigilanza sovranazionale dell’UE”. La BCE ha il compito di vigilanza bancaria in stretta collaborazione con le autorità di vigilanza nazionale.  Esso è un sistema di vigilanza, nato nel 2012 a livello dell’UE avente natura prudenziale sugli enti creditizi della zona euro e sugli enti ad essa non appartenenti che tuttavia decidono la loro adesione al meccanismo.

ll Meccanismo di risoluzione unico  “ è un sistema per la risoluzione efficace ed efficiente degli enti finanziari economicamente non sostenibili”. Tale SRM è composto da:

  1. Comitato di risoluzione unico;
  2. Fondo di risoluzione unico.

Il Comitato di risoluzione unico ha come obiettivo la risoluzione delle banche in dissesto o in pre-default. I costi della risoluzione o ristrutturazioni sono coperti dal Fondo di risoluzione unico che servirà a gesti, con la riforma del trattato del MES o ESM, dal cosiddetto paracadute delle banche o backstop.

Tra gli aspetti salienti il backstop fornisce una rete di sicurezza finanziaria o supporto al “Single Resolution Fund” (SRF) o Fondo di Risoluzione Unico e quindi ha la funzione di garanzia di ultima istanza “nell’ambito del sistema di gestione delle crisi bancarie”.

Tale fondo finanziato dalle stesse banche europee, viene utilizzato per “risolvere” o aiutare le banche fallite e/o gli istituti finanziari in difficoltà con un “common backstop” e cioè con un sostegno comune..

Il Fondo di Risoluzione Unico essendo formato anche grazie a contributi delle banche può servire a contribuire, in caso di crisi di una banca, a mantenerne l’operatività e a gestirne eventualmente il fallimento. In caso di incapienza del fondo allora il supporto, backstop avente funzione di paracadute, può pervenire da una quota parte dai Fondi del MES o ESM. Il MES serve pertanto ad aiutare le banche in difficoltà e a garantire i creditori e/o i clienti della banca stessa in caso di incapienza del Fondo di Risoluzione Unico. “E’ dunque un meccanismo di sostegno reciproco in Europa, che nel complesso garantisce i cittadini dei paesi e i clienti delle banche più deboli perché offre loro un’ulteriore rete di sicurezza. Il Fondo unico inoltre dovrà negli anni rimborsare il MES”. ((Federico Fubini 03/12/2020 – Corriere.it).

Il “Single Resolution Fund” (SRF) o Fondo di Risoluzione Unico favorisce il perfezionamento dell’Unione Bancaria Europea che è fase di formazione.

Personalmente penso che l’attività dell’Unione Bancaria Europea che darà forza e potere gestionale pieno alla BCE, dovrà essere informata al criterio che “la raccolta del risparmio, con la conseguente difesa del risparmiatore depositante, e l’esercizio del credito devono essere funzioni di interesse pubblico” (come da legge bancaria italiana del 1936), in tal modo si potrà ritornare alla banca quale intermediaria del credito e differenziarla dalla banca di affari.

Dal confronto tra quanto detto dalla legge del 1936, dal TUB di cui d.lgs 385/93  e dall’Unione Bancaria Europea si evince la diversa posizione giuridica della funzione creditizia e bancaria. Riporto quanto scritta nelle pagine precedenti per stigmatizzare la diversa valutazione dell’attività bancaria cosi come inserita nell’art. 10 del Testo unico Bancario (TUB) e come voluta dall’Unione Europea.

Il testo unico bancario del 1993 ha modificato ed abrogato gran parte di quanto scritto nelle leggi bancarie del 1926 e 1936 e nello specifico questi due aspetti che caratterizzavano ed erano la base portante delle legge bancaria del 1936 e che qui si riportano:

  1. La raccolta del risparmio (e la difesa del risparmiatore depositante) e l’esercizio del credito sotto qualsiasi forma sono funzioni di interesse pubblico;
  2. Vi erano due categorie di banche:
  • le banche di credito ordinario che raccoglievano fondi a breve e investivano facendo prestiti a breve termine;
  • le banche di credito speciale che effettuavano la provvista fondi a medio e lungo termine ed investivano fondi attraverso prestiti a medio e lungo termine.

L’art. 10 del TUB di cui al d.lgs 385/1993, così definisce l’attività bancaria:

  • “1. La raccolta di risparmio tra il pubblico e l’esercizio del credito costituiscono l’attività bancaria. Essa ha carattere d’impresa.
  • L’esercizio dell’attività bancaria è riservato alle banche.
  • Le banche esercitano, oltre all’attività bancaria, ogni altra attività finanziaria, secondo la disciplina propria di ciascuna, nonché attività connesse o strumentali. Sono salve le riserve di attività previste dalla legge.”

CONSIDERAZIONI FINALI

Il TUB di cui al d.lgs. 385/93 e l’Unione Bancaria Europea considerano tutta l’attività bancaria, un’attività economica svolta livello privatistico avente il carattere di azienda impresa. A questo punto mi vengono da fare le seguenti considerazioni sulla opportunità di considerare la funzione bancaria, nella fattispecie del credito a breve termine, un’attività economica svolta nella veste di azienda impresa, il cui fine rimane solo e soltanto il conseguimento di un reddito o risultato economico positivo (lucro o profitto)

Tralascerò le banche di credito speciale con la gestione del credito a medio e lungo termine e mi soffermerò su quelle a breve termine o banche di credito ordinario di cui all’abrogata legge del 1936.

Con la legge del 1936 la Banca d’Italia aveva (come ha) “la funzione di vigilanza su tutte le aziende di credito che va dalla raccolta e impiego fondi, alla limitazione dei loro rischi fuori bilancio (off-balance-sheet), agli acquisti di partecipazioni azionarie e di beni immobili”. Scopo principale di questi controlli era la protezione dei diritti dei risparmiatori-depositanti e l’accertamento che l’azione delle aziende di credito fosse conforme agli indirizzi di politica economica del Paese.

Orbene l’attività bancaria è un’attività che anche se organizzata sotto forma di azienda impresa così come prevista dall’economia aziendale e dalla ragioneria sotto l’aspetto della rilevazione degli accadimenti aziendali, tuttavia se ne differenzia per la specifica materia trattata e che riguarda la funzione economico-sociale della intermediazione creditizia di fondamentale importanza nell’economia di ogni Paese. Essa riguarda la gestione del risparmio e l’esercizio  del credito, nell’aspetto peculiare della difesa del risparmiatore – depositante e dell’attività creditizia. Tali funzioni nella legge bancaria del 1936 erano definite di “interesse pubblico” e tali dovevano rimanere anche successivamente. Cosa che invece non è avvenuta con il d.lgs 385/93.

Sono certamente, l’esercizio del credito e la difesa del risparmiatore – depositante, funzioni di interesse pubblico e pertanto delicate e strategiche (nell’economia di ogni Paese) nonché di fondamentale importanza per la effettuazione e utilizzo della politica economico – monetaria di uno Stato. Queste funzioni mal si attagliano alle leggi del libero mercato. Lo Stato, nella sua politica economica e monetaria, non può non essere presente nel difendere e regolare il risparmio e il credito, per tutelare i risparmiatori e l’attività creditizia e pertanto non può non distinguere e tenere separate le banche di credito ordinario da quelle a medio e lungo termine. Le misure dell’Unione bancaria Europea cosi come sopra descritte se funzionanti potrebbero in parte difendere il risparmio e il credito, tuttavia l’attività bancaria, così come prevista dall’accordo del 2012, rimane sempre un’attività economica alla stregua di ogni altro tipo di azienda-impresa. Ciò non può sensibilizzare l’attenzione degli Stati dell’U E ai fini di tutelare in maniera speciale l’esercizio del credito a breve e la difesa del risparmiatore. Inoltre la parificazione dell’attività bancaria ad attività gestita come azienda impresa, soggetta alle sole leggi del mercato, mal si attaglia con la tutela necessaria per la speciale funzione dell’esercizio del credito così come prima descritta. Sotto questo punto di vista, l’Unione Bancaria Europea, nel porre l’attività di intermediazione creditizia alla stregua dell’attività con il carattere di impresa, soggetta al rischio di impresa, ha lasciato in balia delle sole dure regole del mercato due funzioni fondamentali, risparmio ed esercizio del credito, funzioni che sono di fondamentale importanza per lo sviluppo e per l’equilibrio economico-sociale di un Paese. Il d.lgs 385/93 nel recepire quanto stabilito dall’Unione Europea ha lasciato alle sole regole del mercato, in un regime di non concorrenza perfetta, due funzioni importanti del sistema creditizio dal notevole spessore economico-sociale.

Il sistema bancario italiano andava riformato, visti i risultati della gestione IRI ed il suo peso nell’incremento del debito pubblico del nostro Paese, ma della legge del 1936, la riforma del 1993 doveva salvare e tutelare  l’aspetto economico-sociale-monetario e l’interesse pubblico delle due funzioni su accennate. Per quanto appena detto la banca, come impresa speciale, visti il delicato settore di grande importanza nella economia del Paese e l’interesse pubblico incontestabile della funzione dell’esercizio del credito e della funzione della difesa del risparmiatore depositante (da difendere e da tutelare), non deve essere messa nelle condizioni di poter fallire. L’eventuale default va prevenuto attraverso una vigilanza stringente dell’attività bancaria che deve essere svolta dalla BCE (così come stabilito dall’Unione Bancaria Europea) con l’ausilio della Banca d’Italia nella sua naturale funzione di organo di controllo. Controllo che dovrà essere esteso sia nella corretta gestione del credito e della difesa del risparmio e sia nell’evitare che la sola legge di mercato possa danneggiare e compromettere la funzione bancaria di interesse pubblico e con essa arrecare grave danno ai risparmiatori.

La banca, anche se gestita con criteri aziendalistici e quindi di economicità, deve e dovrà sempre salvare l’interesse pubblico della difesa del risparmio e dell’esercizio del credito. La banca di credito ordinario pertanto dovrà sempre avere il supporto dello Stato, che deve   garantire la possibilità di convogliare il risparmio acquisito in operazioni di finanziamento solo e soltanto di credito commerciale e cioè a breve termine. Perché ciò possa avvenire serve ritornare alla specializzazione del credito e al tipo di gestione del credito di cui alla legge del1936. La banca universale che compie tutti i tipi di operazioni e cioè a breve, medio e lungo termine non riesce a salvare il risparmio a breve nel momento che lo può investire, a medio e lungo termine, oltre i termini del credito mercantile e cioè oltre i termini del ciclo economico – finanziario. Inoltre una cattiva e antieconomica gestione della banca di tipo universale, dovuta a criteri di espansione (causate dall’apertura di filiali e agenzie in tutta l’Europa) e alle necessarie concentrazioni bancarie conseguenti, con il sostenimento di costi di investimento eccessivi e non compensati e coperti da sostanziosi return di natura reddituale, porterà ineluttabilmente le istituzioni bancarie a gravissimi problemi di liquidità e a stati di grave insolvenza e pre-fallimentari. E’ storia recente ciò che è avvenuto in Italia e in Europa sul problema di liquidità delle banche, dovuto alla presenza dei vuoti patrimoniali nelle attività dei loro bilanci, alle enormi esposizioni per impieghi effettuati e non coperti da una seria indagine di solidità economico-patrimoniale e finanziaria delle imprese affidatarie e assegnatarie di ingenti prestiti, al possesso tra gli assets di ingenti quantità di NPL (Non Performing loans), al loro stato di pre o default ecc…

Pertanto l’attività bancaria deve avere la caratteristica di funzione di  interesse pubblico e privatizzare, come è stato fatto, l’istituzione banca  e renderla alla pari di azienda – impresa soggetta alle sole leggi di mercato, significa creare un mostro giuridico in quanto non solo non si tutela l’esercizio del credito quale supporto alle imprese per la crescita economica di un Paese, ma si espone il risparmiatore – depositante alle dure leggi del mercato e in balia di operazioni bancarie non  sempre trasparenti.

ANTONIO MASCOLO

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