L’intento prioritario che l’Associazione “Politica Insieme” persegue sul fronte economico e sociale è quello di avviare un processo mirato a civilizzare il l’economia. Si tratta di questo!
Sappiamo che per ben funzionare e soprattutto per progredire, un’economia di mercato esige il rispetto da parte dei cittadini non solo delle norme legali, ma anche di quelle sociali e di quelle morali.
La triplicità di norme pone un grosso problema: mentre per produrre e far rispettare le norme legali è sufficiente, da un lato, un robusto assetto istituzionale unitamente a una ben oliata macchina della giustizia in grado di sanzionare prontamente i comportamenti devianti, per dotare la società delle altre due categoria di norme è necessario intervenire sulle motivazioni intrinseche dei cittadini, cioè sulla loro adesione convinta a valori condivisi quali fiducia, solidarietà, equità, bene comune.
Chiaramente, il luogo in cui questi valori vengono generati e alimentati è la società civile che si organizza secondo quelli che l’art.2 della Costituzione chiama i corpi intermedi della società.
Che dire del rapporto tra Stato e società civile? Lo strumento principale di cui lo Stato si serve per far rispettare le norme legali è la sua capacità di sanzionamento dei comportamenti illegali: una capacità che discende dalla circostanza che lo Stato, in democrazia, è l’unica istituzione legittimata a usare la coercizione. Ma, come si sa, quando il numero dei trasgressori supera una certa soglia, non c’è sanzionamento che tenga.
Ne deriva che la possibilità di rafforzare i comportamenti prosociali dei cittadini per mezzo delle sanzioni è praticabile soltanto quando tali comportamenti sono già diffusi tra la popolazione. Ciò significa che in assenza di una ben organizzata società civile, capace di risvegliare nei cittadini il senso di responsabilità e la passione per la cosa pubblica, a poco serve invocare uno Stato forte e interventista.
La crescita impetuosa in Italia, come pure in Europa, nel corso degli ultimi decenni di Stato e mercato, cui non si è accompagnato uno sviluppo adeguato della cultura del civile, è magna pars nella spiegazione sia dei problemi del settore pubblico – si penso all’enorme debito pubblico e alla elefantiasi burocratica – sia dei tanti “fallimenti” del settore privato. Se questa è la situazione – come pare – il rimedio non può essere in una radicalizzazione dell’alternativa Stato-mercato del tipo: neo-statalismo versus neo-liberismo.
Piuttosto, la via va cercata in una estensione di una autentica biodiversità di forme di impresa e di strutture organizzative ispirate al principio della responsabilità civile. In un disegno del genere, allo Stato spetta un duplice compito.
Da un lato, riconoscere (e non concedere) l’autoorganizzazione dei soggetti collettivi in tutti quegli ambiti in cui i loro membri ritengono, in piena autonomia, di avere interessi legittimi da tutelare. Ciò corrisponde a quanto esige il principio di sussidiarietà inteso in senso proprio. (Art. 118 Carta Costituzionale). Dall’altro lato, lo Stato deve vigilare sul rispetto delle regole di esercizio di questa autoorganizzazione (trasparenza, modi di finanziamento, regimi fiscali, regole delle competizione).
E’ in ciò l’idea di Stato limitato, come ci piace chiamarlo. Lo Stato limitato si differenzia sia dallo “Stato minimo”, caro ai neo-liberisti, sia dallo Stato paternalista, caro ai neostatalisti. Lo Stato limitato, invece, è uno Stato che interviene, magari in maniera forte, ma in certi ambiti e non in altri, mentre riconosce la più ampia autonomia al libero articolarsi dei corpi intermedi della società. Lo Stato limitato è uno Stato abilitante nel quale la sussidiarietà diviene vero e proprio principio di organizzazione sociale, un principio che tende a realizzare una concordia discors tra la “mano invisibile” del mercato, la “mano visibile” dello Stato e la “mano fraternizzante” della società civile.
Di tutte e tre le mani abbiamo bisogno per superare l’obsoleta e anchilosante visione – tuttora dominante – dell’economia di mercato e per dar vita a strutture di governance capaci di affrontare con successo le sfide della rivoluzione digitale in atto, prime fra tutte quelle dell’accesso al lavoro, del modello di welfare generativo, della riduzione delle scandalose diseguaglianze sociali.
Ecco cosa significa, in buona sostanza, civilizzare il mercato. Politica Insieme mira a raccogliere tale sfida, certa di essere in grado di offrire un contributo, non dei minori, alla realizzazione di un tale progetto trasformazionale, di cui il nostro paese ha oggi grandemente bisogno.
Stefano Zamagni