…ma grazie ai soldi dei grandi industriali (Agnelli, Pirelli, Falck e altri) e dei grandi
latifondisti, tutti terrorizzati di venire espropriati dall’arrivo di un governo di sinistra. E la
durissima “guerra” (con migliaia di morti tra il 1920 e il 1922) tra la violenza “rossa” e quella
“nera” fu vinta da questa, perché i “neri” avevano più soldi dei “rossi”.
Nella tarda estate del 1920 Don Sturzo tentò invano una via di uscita dalla crisi economica e
dal più lungo sciopero mai avuto in Italia (tre mesi) con un accordo con Turati (l’uomo di
sinistra più “moderato”) sulla base di una soluzione proposta da tempo (quasi 30 anni) dalla
“Rerum novarum”: la fine del secolare e dannoso conflitto tra capitale e lavoro, “aprendo” il
capitale al lavoro, cioè con la partecipazione e il cointeressamento dei lavoratori ai “frutti” del
capitale). Ma la saggia e moderna idea fu respinta sia da Giolitti che da Turati. Questi pretese
che i lavoratori diventassero nel tempo i veri e unici proprietari delle imprese. Da quel momento
piovvero soldi degli industriali e degli agrari nelle tasche di Mussolini, ex-socialista ma ora
difensore dei “potenti”, che poteva disporre in Parlamento di soltanto 31 deputati sul totale di
535 (in realtà nelle elezioni del 1921 i fascisti ottennero 35 seggi, ma un deputato fu subito
espulso da Mussolini per indegnità e tre deputati furono espulsi nel 1922 per essere stati eletti
con età inferiore alla minima consentita: 30 anni).
Quindi nell’ottobre del 1922 Mussolini ottenne dal Re (che in quei giorni, per paura, aveva
addirittura pensato di dimettersi…) l’incarico di formare il suo primo governo con la debolezza
del suo 5,8%, ma con la forza del consenso dei poteri forti. E nelle lezioni del 1924, grazie alla
liberticida Legge Acerbo, passò dal 5,8% al 66% (su 6,7 milioni di votanti con 11,9 milioni di
elettori e con le donne senza diritto di voto).
Oggi tutti gli italiani maggiorenni hanno diritto di voto (42 milioni). Salvini dice, sull’onda
del successo dei sondaggi, di avere “60 milioni di italiani da sfamare” e chiede “pieni poteri”.
Ma in realtà il suo “cibo” – secondo gli ultimi sondaggi – è atteso da circa 11 milioni di votanti,
mentre 20 milioni lo rifiutano. Se Mattarella dovesse ubbidire alla maggioranza dei votanti
(numero che sarebbe maggiore, se si includessero anche gli elettori non votanti, per lo più
contrari a Salvini), non dovrebbe regalargli le elezioni anticipate. Quindi l’obiezione, che tale
rifiuto non sarebbe democratico, non regge: la maggioranza dei votanti non vuole dare “pieni
poteri” a Salvini, né mangiare il suo “cibo”. Mattarella ubbidirebbe alla maggioranza.
Ma il vero problema è che questa maggioranza non è coesa, mentre lo è la minoranza dei
votanti per Salvini, che a sua volta ha un problema peggiore: il suo programma di governo non
piace ai più importanti creditori dell’Italia, gli investitori stranieri, che se dovessero decidere
di vendere i nostri titoli di Stato… Più che temere un ritorno improbabile di metodi fascisti,
dobbiamo quindi puntare su una rinascita morale e culturale del Paese. Ma fatta con politici ed
esperti che non provengano dai passati fallimenti, che hanno distrutto moralità e buona cultura,
nonché favorito l’arrivo dei nuovi “barbari” (compreso Grillo). Ne va della credibilità della
“tregua” o del “rinsavimento” proposti da gran parte degli anti-Salvini e degli anti-grillini.
Giovanni Palladino