Tempo “di feste, di vacanze, di regali, di panettoni e pandori, di mercatini, di acquisti di tanto superfluo, di prosecco e spumante”: EVVIVA!

Per i credenti è piuttosto il tempo di Natale, tempo del Figlio di Dio che si fa uomo per ridare alle persone la dignità e la vita in pienezza perdute col peccato originale. Dio è l’Essere che fa vivere ogni essere, è l’Essente che comunica vita.

Questa affermazione si riferisce all’esistenza di Dio e alle sue prerogative: è un’affermazione teologica che gli atei e gli agnostici rifiutano, spesso con ostentato sarcasmo, affermando che credere in simili assiomi offende la ragione umana. Nel loro libro[1] (divulgativo ma sufficientemente preciso) Bolloré e Bonnassies[2] descrivono le più moderne scoperte dell’astrofisica e della biologia che ribaltano i convincimenti del secolo scorso, impregnato di un anti-teismo pressoché imperante. Raccontano le persecuzioni fisiche (fino all’assassinio) e morali di coloro che si opponevano coraggiosamente a quella dittatura del pensiero unico “scientifico”.

Consapevoli che la scienza è per definizione sempre in progress e quindi che ogni teoria può essere dimostrata fallace da un’altra successiva che spieghi meglio i fenomeni in studio, i due Autori presentano – fra molto altro – le teorie attualmente più accreditate e pressoché universalmente accettate circa l’effettivo avvenimento noto come Big Bang, la morte termica dell’universo, il principio antropico, nonché l’inspiegato passaggio dall’inerte al vivente.

Su questi argomenti il main stream ateista continua ad insistere – sempre più isolatamente – che la complessità della vita, pur straordinaria, sia frutto del caso; che la materia sia esistita da sempre; che l’universo non avrà fine e che non abbia avuto inizio; che l’inimmaginabile complessità della cellula, la più piccola struttura vivente, e dei suoi microcomponenti (soprattutto i ribosomi, per non parlare del sofisticatissimo DNA) sia attribuibile al caso e che la successiva comparsa di esseri senzienti sia il frutto dell’evoluzione darwiniana.

Gli Autori documentano e sostengono bene le loro affermazioni in ambito scientifico, con abbondante documentazione bibliografica e chiarezza di esposizione. L’enorme successo del loro libro, frutto di tre anni di lavoro in collaborazione con venti scienziati e specialisti di alto livello, ha suscitato – com’era prevedibile – un vespaio.

Il punctum dolens è il passaggio logico che gli Autori fanno: se i fenomeni in oggetto non sono scientificamente spiegabili allora si può e si deve inferire che siano causati di un Essere intelligente, a-materiale, fuori dallo spazio e dal tempo, potentissimo. Questo Essere è il Dio dei cristiani, la Trinità. Occorre precisare che i due francesi non pretendono di pervenire alla conoscenza sperimentale di Dio né di comprenderne la realtà profonda: essi offrono solo argomenti scientifici che rendano “ragionevole” crederne l’esistenza.

Il mondo ateo-agnostico ha reagito con critiche di carattere logico ed ermeneutico-epistemologico.

Ma si sono avute anche puntualizzazioni dal mondo cattolico. Nell’udienza del 20 giugno 2024 papa Francesco, ha ricevuto i partecipanti al convegno su «Mons. Georges Lemaître» e lo ha così ricordato: «Il suo cammino di fede lo conduce alla consapevolezza che creazione e Big Bang sono due realtà distinte, e che il Dio in cui crede non può essere un oggetto facilmente categorizzabile dalla ragione umana, ma è il “Dio nascosto”, che rimane sempre in una dimensione di mistero, non totalmente comprensibile».

L’autorevole rivista La Civiltà Cattolica ha biasimato: “La molteplicità dei saperi messi in campo comporta una commistione di metodi differenti che non giova al rigore dell’argomentazione; in particolare, il tentativo di accostare realtà qualitativamente differenti, come il Big Bang e il mistero di Dio, sembra suggerire che la fede in Dio possa essere il risultato di una scoperta scientifica” lasciando intendere che la Chiesa sembra determinata a convincere gli scettici molto più con testimonianze di amore, dialogo e accoglienza piuttosto che con dissertazioni razionali. Detto da gesuiti …

Anche laici cattolici hanno fatto sentire la loro voce. Fra questi l’astronomo Piero Benvenuti[3] che cita san Tommaso d’Aquino il quale, nel suo Commento al De Coelo di Aristotele, scrive: «Le ipotesi alle quali gli astronomi antichi sono giunti, non sono necessariamente vere; anche se sembra che, ammesse tali ipotesi, esse siano risolutive, non c’è bisogno di dire che esse sono vere: perché può darsi che le osservazioni astronomiche si possano descrivere in un altro modo non ancora afferrato dagli uomini». Benvenuti si riferisce ad alcune straordinarie acquisizioni scientifiche (si pensi alle teorie di Tolomeo, Keplero, Copernico, Galileo, Newton, Einstein, Heisenberg …) che hanno ognuna ribaltato la precedente dimostrando che “le osservazioni astronomiche si possano descrivere in un altro modo non ancora afferrato dagli uomini”. E sferza: “Risulta altrettanto pericoloso e fuorviante utilizzare i risultati di una teoria scientifica per trarre conclusioni filosofiche o teologiche definitive. È il caso della chiamata in causa del principio antropico per affermare che l’evoluzione dell’universo sia guidata da un Disegno intelligente e quindi presentarlo come prova inconfutabile dell’esistenza di un Dio Creatore. La regolazione fine dei parametri che controllano l’evoluzione del cosmo è sicuramente straordinaria e apparentemente inspiegabile, ma potrebbe in futuro discendere naturalmente da una teoria fisica “non ancora afferrata dagli uomini”. A quel punto le prove ontologiche basate sul principio antropico svanirebbero come neve al SoleUn’altra illuminante sentenza di Tommaso, in questo caso tratta dalla Summa contra Gentiles: «Risulta con chiarezza l’incongruenza di chi ricerca la creazione con argomenti desunti dalla natura dell’universo o dalla sua evoluzione: come se la creazione, al pari delle altre mutazioni, dovesse prodursi in un soggetto; e come se il non-essere dovesse trasformarsi nell’essere nello stesso modo con cui l’acqua si trasforma in vapore. La creazione infatti non è una mutazione, ma è la dipendenza stessa dell’essere creato in rapporto al principio che lo fa esistere. Essa appartiene quindi alla categoria di relazione». Questo passaggio, con il quale ho messo in crisi molti catechisti e insegnanti di religione, è fondamentale per comprendere il vero significato del concetto di creazione, che non può più essere considerata come un evento che avviene una volta per tutte nello spazio e nel tempo, ma piuttosto come una relazione a-temporale, una creatio continua, che mantiene in esistenza tutta la realtà, fisica e metafisica, in ogni istante.

Il filosofo Francesco Todaro aggiunge in proposito[4]: “L’origine ricercata dal sapere scientifico si inscrive nella catena delle cause e degli effetti. Se si ritiene che il Big Bang non sia causa di se stesso, spetta alla scienza, nella propria autonomia, puntare sulla cognizione di una causa anteriore. Perché fare il salto dall’ambito teorico-sperimentale a una causa prima che è fuori della portata della conoscenza scientifica? D’altro lato, con la propria strumentazione ipotetico-sperimentale la scienza fisica non è in grado né di affermare né di negare l’esistenza di Dio. Porre un referente ultimo del divenire processuale non appartiene al dominio concettuale del sapere fisico cosmologico. Si rischia così un assurdo regressus ad infinitum, per dirla con Aristotele? In verità, possiamo pensare un tale regressus non come assurdo, bensì soltanto come inconclusivo.

Come Kant ci ha insegnato, il concetto di causa rinvia a una serie potenzialmente illimitata di condizioni. L’idea di Dio – in proposito andando oltre Kant – è invece quella di un essere incondizionato che non può essere incastrato nella serie delle condizioni. Possiamo allora evitare di appiattire l’idea di Dio creatore sul concetto di causa. Il significato di creazione va ben al di là del paradigma fisico-matematico di causa-effetto, poiché indica una relazione più cospicua e più intrinseca tra il principio divino e le realtà relative. Pertanto, il sapere teologico dovrebbe guardarsi dal fascino di argomentazioni che appaiono parecchio discutibili in fatto di rigore.

Lo stesso George Lemaître, il gesuita teologo filosofo e fisico che intuì e fornì contribuiti per la teoria del Big Bang, in un passo (probabilmente da lui stesso barrato, che compariva nell’originale inviato alla rivista Nature – passo barrato che non venne pubblicato perché la rivista Nature non ammette alcuna allusione o suggerimento di ordine trascendente rispetto al campo puramente scientifico) espose le sue convinzioni di credente ma anche di scienziato multidisciplinare. In quel passo Lemaître scriveva: «Io penso che chiunque creda in un essere supremo che mantiene ogni essere, crede anche che Dio è essenzialmente nascosto e può rallegrarsi nel considerare come la fisica attuale fornisca un velo che nasconde la creazione»[5].

La competenza delle persone che ho citato sorpassa di gran lunga la mia e ad esse mi inchino.

Ritengo tuttavia che il lavoro di Bolloré e Bonnassies sia utile se non altro per mostrare la fallacia delle teorie con cui gli atei hanno preteso finora di poter irridere i credenti. Essi sono caduti nello stesso errore che ora si rimprovera ai due francesi: infatti, non esiste nessun argomento scientifico in base al quale dimostrare la non esistenza di Dio e la stupidità dei cattolici. Né lo si potrebbe, per quanto sopra. Non è proprio una cosa da poco quest’ultima, visto il clima di generalizzata irrisione che equipara fede cattolica a semplicioneria e dabbenaggine. Dimenticavo: “medievalismo, crociate, Inquisizione, Galilei, fondamentalismo, omofobia, ipocrisia, pedofilia”.

Ricordo però – fra il molto che si potrebbe ricordare – l’Enciclica Fides et ratio di san Giovanni Paolo II del 1998 e il magistero di papa Benedetto XVI che tanto hanno valorizzato la ragione umana a sostegno della fede: essa è indispensabile sia alla buona teologia che alla buona scienza.

Voglio poi proporre alcuni brani dei Vangeli (Bibbia CEI 2008, ultima edizione) “Ma io ho una testimonianza superiore a quella di Giovanni: le opere che il Padre mi ha dato da compiere, quelle opere che io sto facendo, testimoniano di me che il Padre mi ha mandato” (Gv 5, 36); “Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non credete a me, credete alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre” (Gv 10, 37-38); “Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse” (Gv 14, 10-11); “Se io non avessi compiuto in mezzo a loro opere che nessun altro ha mai compiuto, non avrebbero alcun peccato; ma ora le hanno viste, e hanno odiato me e il Padre mio” (Gv 15, 24).

Le opere a cui Gesù si riferisce sono indubbiamente i miracoli che egli ha operato, fatti straordinari che la scienza del tempo non poteva spiegare e che egli ha usato sia per annunciare la sua comunione col Padre sia per accreditarsi come Dio. Non sembra proprio che egli intenda chiedere: “Può qualcuno spiegare le cose che io faccio con la scienza dei sapienti, dimostrandole così umane? Se la vostra risposta è NO, allora io sono Dio!”? Strano che Gesù, vero uomo ma anche vero Dio, non conosca la giusta separazione dei saperi scientifico e teologico …

Infine, il Dicastero delle cause dei santi[6] precisa che per “la Beatificazione, tappa intermedia in vista della canonizzazione, richiede che venga riconosciuto un miracolo … Questo evento miracoloso in genere è una guarigione ritenuta scientificamente inspiegabile, giudicata tale da una Commissione Medica convocata dal Dicastero delle Cause dei Santi e composta da specialisti sia credenti sia non credenti. Importante, ai fini del riconoscimento, è che la guarigione sia completa e duratura, in molti casi anche rapida. Dopo questa approvazione, anche sul miracolo si pronunciano i Vescovi e i Cardinali membri del Dicastero e il Santo Padre autorizza il relativo Decreto. Così il Venerabile può essere Beatificato … Per poter arrivare alla canonizzazione, ossia per poter essere dichiarato Santo, si deve attribuire al Beato un secondo miracolo, avvenuto però successivamente alla beatificazione…”.

Se hanno ragione san Tommaso e Piero Benvenuti … la Chiesa dovrebbe rinunciare alla beatificazione e alla canonizzazione delle persone perché ciò che viene considerato “scientificamente inspiegabile” durante il processo canonico in un futuro non si sa quanto lontano si potrebbe “descrivere in un altro modo non ancora afferrato dagli uomini”.

Poiché la scienza non ha nulla di propria competenza da proporre o da opporre, in questo benedetto Tempo di Natale 2024 i credenti possono continuare a credere ancor più a testa alta nel loro Dio, proclamandolo autore e signore della vita, unico garante del suo mantenimento, e redentore.

Roberto Leonardi

 

[1] https://www.laciviltacattolica.it/recensione/dio-la-scienza-le-prove/?utm_source=Newsletter+%22La+Civilt%C3%A0+Cattolica%22&utm_campaign=66a8b11910-1850_CAMPAIGN_9_2024_COPY_01&utm_medium=email&utm_term=0_9d2f468610-66a8b11910-372294926&ct=t(1850_CAMPAIGN_9_2024_COPY_01)&mc_cid=66a8b11910&mc_eid=6f8f5e376e

[2] Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonassies “Dio, la scienza e le prove”, edizione italiana, Edizioni Sonda, 2024 pagg. 237-273

[3] Gutemberg – supplemento di AVVENIRE del 13.12.2024

[4] Gutemberg – supplemento di AVVENIRE del 13.12.2024

[5] «Georges Lemaître The Big Bang cosmology and its metaphysical implications», in Science meets faith (sciencemeetsfaith.wordpress.com/2018/06/20/georges-lemaitre-the-big-bang-cosmology-and-its-metaphysical-implications-i

[6] https://www.causesanti.va/it/i-passi-del-cammino-verso-la-santita/dettagli.html#:~:text=La%20santit%C3%A0%20%C3%A8%20solo%20l,causa%20di%20beatificazione%20e%20canonizzazione.

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