Grazie a S.E. Mons. Simoni per le affettuose raccomandazioni che ha formulato pochi giorni fa su questo giornale ( CLICCA QUI ). Ho trovato il suoi argomenti stimolanti e molto efficaci. Mi soffermo su un punto. Il garbato invito ad essere “riassuntivi” nei messaggi che intendiamo comunicare, al fine di essere capiti da chi ci ascolta.

In verità l’argomentare di Zamagni, sempre vero e affascinante nelle analisi, può non essere colto dal grande pubblico, frastornato da comunicati quotidiani, insipidi e accattivanti, dettati dal solo fine d’inseguire le emozioni di chi ascolta. Su queste lunghezze d’onda i messaggi più veicolati li conosciamo bene: sicurezza pubblica e privata, migliori condizioni economiche di vita per tutti, ambiente, ampio riconoscimento di diritti. A questo ultimo riguardo, la tendenza è quella di allungare sempre di più la lista dei diritti rivendicabili. I partiti sanno che più ampliano il ventaglio dei diritti, più si allarga la platea dei potenziali elettori. Dentro questa logica, ai partiti omnibus si affiancano i partiti monotematici, finalizzati a captare il consenso di specifici settori del corpo elettorale: pensionati, naturalisti, cacciatori, difensori degli animali, rottamatori. Ci sono poi le associazioni collaterali ai partiti, che si fanno interpreti di ulteriori diritti e interessi: di genere, di categoria, professionali, di progetto. Rivendicazioni progressive di diritti: di seconda, terza, quarta generazione e via di seguito. Non c’è cosa più facile che farsi paladini e difensori di diritti.

Il neo-partito Insieme ha, credo, un’altra aspirazione. Piuttosto che competere nel mercato delle utilità elettorali, intende rappresentare la necessità d’intervenire sulle cause che incidono negativamente sulla crisi della società che rivendica diritti.

Non ho mai sentito un partito farsi promotore, accanto ai diritti, anche delle responsabilità. L’idea invero non è elettoralmente appagante, tuttavia il disegno di fare  di “Insieme” un partito che sa che la politica è fatta anche di responsabilità può avere un senso. Del resto, se non maturano nuove forme di coscienza capaci di spostare l’impegno politico dai diritti alla sfera delle responsabilità, la decadenza della società contemporanea diventerà sempre più grave.

Gli stati di crisi diffusi, a tutti i livelli: Unione europea, Stati Nazionali, forme di convivenza metropolitana, dei partiti, dei sindacati, delle comunità associative e religiose, si devono anche all’affossamento del senso di responsabilità. Come tradurre questa verità in progetto politico?

Il diritto a un’alimentazione sana e sufficiente, il diritto universale all’acqua, il diritto a un ambiente sano, all’istruzione, all’informazione, alla partecipazione, non sono soltanto diritti individuali, ma anche diritti collettivi, perché si realizzano compiutamente solo attraverso forme di responsabilità collettiva.

Serve allora la maturazione di una nuova coscienza, su un punto: i diritti individuali non sono separabili dai diritti collettivi.

La crisi del modello liberale è tutta qui. É noto il cosiddetto paradosso di Böckenförde: «Lo Stato liberale secolarizzato vive di presupposti che non è in grado di garantire». Per Böckenförde lo Stato si fa promotore di diritti individuali che sono indifendibili in assenza di valori etici e morali. Ma, nel momento stesso in cui si fa promotore di valori etico-morali, prendendo parte nella contesa delle libertà, perde la sua stessa natura di ordinamento liberale.

         Ciò che va salvaguardato, però, non è tanto la formula “liberale”, quanto il complesso delle libertà e, allo stesso tempo, il senso di comunità. Per questo, il richiamo alle virtù civiche, cioè al senso di corresponsabilità, può aiutare.

Ci sono testimonianze concrete che attestano che le crisi contemporanee sono soprattutto smarrimento di responsabilità. Un po’ curiosamente le recenti costituzioni dell’Ecuador 2008 e della Bolivia 2009, contengono un formale messaggio monitorio di questo tipo: «Non essere ozioso, non mentire, non rubare» (ama killa, ama llulla, ama shwa). Si tratta di raccomandazioni di origine ancestrale, prevalentemente di valore etico-sociale, improduttive di immediati effetti giuridici, sono però espressive di quali possano essere gli ingredienti di un rinnovato senso di comunità.

Non è tutto legato a leggi, costituzioni e programmi. Pericle, nel discorso agli ateniesi, ricordato da Zamagni, affermava: «Qui ad Atene noi facciamo così. Ci è stato insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso».

Il messaggio del recupero del senso di responsabilità, a ogni livello, non può assumere sempre le vesti di regola giuridica. Può essere assunto però, da subito, come pedagogia caratterizzante, ad esempio, di un nuovo partito.

Lo stesso impegno dedicato alla politica è atto di responsabilità. Torno al discorso di Pericle agli ateniesi: «Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile».

Per il neo-partito Insieme la responsabilità, oltre ad essere un dovere etico, può rappresentare un messaggio politico, da gettare nell’agone partitico delle irresponsabilità, attraverso la proposizione di uno Stato che si fa carico di tutti i diritti: quelli individuali e quelli collettivi, insieme.

Guido Guidi

 

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