L’opera tragica “MORO” in un atto in 11 scene musica di Andrea Mannucci su libretto di Marco Ongaro sarà eseguita il 28 novembre alle ore 21 presso la sala Maffeiana di Verona. L’opera, pubblicata dalla casa editrice Suvini Zerboni di Milano, si ispira alla tragedia del Presidente Aldo Moro e narra gli ultimi giorni della sua agonia.

Il Cast vocale selezionato dal mezzosoprano Paola Fornasari, direttrice dell’Accademia Kairòs di Verona, è composto da Dario Giorgelè baritono nelle vesti di Moro, Carlotta Bellotto soprano è Cassandra, Nadina Calistru soprano nelle vesti del Corifeo, Enrico Frigo tenore è l’Angelo e Piero Facci basso è una voce del popolo. L’Orchestra NEW Made di Milano sarà guidata dallo steso compositore Andrea Mannucci*.

L’opera MORO narra uno degli episodi più emblematici degli ‘Anni di Piombo’: il rapimento (16 marzo) e l’assassinio (9 maggio) di Aldo Moro nel 1978.

Nel corso di tale tragitto, l’immagine dell’uomo politico trasfigura in una dimensione spirituale che trascende non solo gli opposti schieramenti della cosa pubblica, ma anche le diverse concezioni confessionali, raggiungendo al culmine l’universalità che lega Cristo a Socrate e i massimi valori classici a quelli della cristianità. La forma di tragedia classica assunta dal testo teatrale persegue questo spunto unificatore.

L’Angelo e Cassandra, unici personaggi a dialogare con Moro nel suo angusto carcere, rappresentano tale dualità e tale identità sostanziale. La morte non è una questione politica né di confessione, la morte riguarda tutti e tutti ci si trova al suo cospetto, alla fine, con maggiore o minore dignità. Nella tragedia, classica o moderna, non c’è spazio per le polemiche. È qui che la figura di Moro diventa modello simbolico, emblema del passaggio umano dalla prigionia corporale all’infinita libertà dell’essere. Nell’accettazione di tale passaggio, dopo la sofferenza dell’immancabile bilancio di una vita e del distacco dagli affetti, l’Essere, il suo intelletto e la sua spiritualità escono rafforzati ben oltre i vacui destini del mondo materiale.

Una lettera non spedita e l’ultima lettera di Moro compaiono, parafrasate poeticamente, in due diverse scene del testo, che in generale è espressione lirica di una riflessione umana sull’immanenza e la trascendenza cui l’arte da

sempre s’ispira e cui sempre tende. Non una discesa agli inferi, ma un viaggio verso l’alto, che vede nell’Amore, proprio come recita l’ultima missiva del Presidente, l’unico elemento davvero importante.

 

*Mannucci, Pontremoli 1960, ha studiato pianoforte, composizione e direzione d’orchestra presso il conservatorio di Parma, decisiva alla sua impronta musicale è la conoscenza con Aldo Clementi che lo presenta al Festival Pontino 86. Le sue composizioni, che sono state eseguite e radiotrasmesse in Italia e all’estero, “Moro” del 2011, è una delle più famose, composto a trentatré anni di distanza da uno degli episodi più cruenti della storia politica italiana, l’opera tragica in un atto e 11 scene venne eseguita in prima italiana il 12 marzo 2011, nella Cattedrale di Verona.

 

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