La crisi del Covid 19 ha sconvolto il sistema sanitario del nostro Paese, ponendo sfide nuove ma allo stesso tempo rendendo ancora più evidenti le principali criticità che già lo caratterizzavano: sottofinanziamento; debolezza dell’assistenza territoriale e della prevenzione, fondamentali per dare risposte efficaci al problema delle cronicità; invecchiamento e carenze di personale, soprattutto infermieri e operatori sociosanitari; necessità di integrazione tra i livelli di cura (ospedale, strutture intermedie, territorio, medici di medicina generale); arretratezza tecnologica; vetustà e inadeguatezza delle infrastrutture fisiche; scarsa capacità di utilizzare i dati con finalità di benchmarking e programmazione e come presupposto per interventi tempestivi; fragilità di alcuni sistemi regionali; livello inadeguato di competenze gestionali e di governance a livello centrale e locale.

Allo stesso tempo non sono mancati esempi di grande capacità di dedizione, resilienza e innovazione, a livello individuale o organizzativo, di cooperazione in rete tra erogatori, nonché di virtuosa collaborazione tra settore pubblico, no profit e imprese. Esperienze e buone pratiche che è importante diffondere e “scalare”, attraverso una sana contaminazione che sappia però tenere conto delle specificità e dei livelli di maturità dei diversi contesti.

Area Sanità: un contributo al dibattito

Appare pertanto necessario che tutti coloro che possono portare un contributo siano capaci di proporsi nel dibattito pubblico in questa fase cruciale, in cui sono disponibili le risorse messe a disposizione dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza PNRR e l’opinione pubblica è sensibile alle scelte di programmazione sanitaria. Si tratta infatti di un’opportunità chiave, e forse unica, per un rilancio del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), e che naturalmente coinvolgerà in senso più ampio l’intero sistema sanitario nazionale e il settore salute nel suo complesso.

Da un lato, è evidente la responsabilità dei decisori in questa fase storica, dal momento che le importanti risorse disponibili per investimenti comporteranno un rilevante aumento del debito per le generazioni future. Dall’altro, vi è la complessità di procedere in tempi relativamente brevi (5 anni) alla progettazione esecutiva per ogni misura, alla definizione delle pianificazioni regionali, e all’attuazione delle politiche nelle singole aziende sanitarie locali. Il successo non può certo considerarsi scontato, richiedendo grande coesione di intenti, da perseguirsi con un forte impegno finalizzato a creare convergenze e collaborazione istituzionale.

Per questo motivo Cergas Bocconi, a partire da un’idea di Planning Events srl, ha realizzato Area Sanità, il “Libro Bianco” della sanità del futuro. Si tratta di una ricerca in cui sono stati coinvolti alcuni tra i principali attori istituzionali e stakeholder della sanità nella definizione delle prospettive verso cui orientare l’evoluzione del sistema sanitario del nostro Paese, attraverso momenti che hanno fatto emergere e mettere a sintesi le diverse visioni, esigenze e proposte. In particolare, l’attenzione si è focalizzata su tre aree:

  • le politiche del personale;
  • le tecnologie digitali per l’innovazione dei processi di cura;
  • l’utilizzo dei big data con finalità di analisi e programmazione sanitaria.

È infatti evidente come i prossimi anni vedranno la centralità della digitalizzazione finalizzata all’innovazione dei modelli di servizio, sia nell’ambito dell’ospedale che, soprattutto, dell’assistenza territoriale. Tuttavia, l’innovazione nei modelli di servizio sarà collegata a filo diretto con il ripensamento delle politiche del personale e con la ricerca di risposte alle sfide nella formazione delle competenze, nel reclutamento e nella gestione dei professionisti.

Il white paper in questo senso riporta 30 proposte, 10 per ciascun ambito.

Di seguito ci concentreremo su quelle relative alle politiche del personale, mentre quelle relative a trasformazione digitale e big data saranno oggetto di approfondimenti specifici che saranno pubblicati prossimamente su Secondo Welfare.

Il personale che serve alla sanità del futuro

Nell’ambito delle politiche del personale le dieci proposte si concentrano sulle competenze per la sanità del futuro, su una maggiore flessibilità nelle forme di reclutamento e impiego e sulla gestione e sviluppo del capitale professionale nelle aziende. Di seguito sono elencate in sintesi le dieci proposte, ed è quindi riportato un estratto del report, disponibile integralmente sul sito di Area Sanità (CLICCA QUI) sito di Area Sanità, con il dettaglio delle proposte 1, 3 e 7, che rappresentano tre cantieri di lavoro che riteniamo particolarmente rilevanti.

  • Valorizzare il potenziale di tutti i professionisti per realizzare nuovi modelli di cura;
  • Rafforzare i percorsi di studio rispondendo agli effettivi fabbisogni formativi;
  • Sviluppare le competenze digitali;
  • Promuovere una cultura diffusa della ricerca clinica;
  • Coltivare e diffondere le competenze manageriali;
  • Ripensare i percorsi di accesso;
  • Valorizzare la professionalità con adeguate forme di inquadramento e retribuzione;
  • Rilanciare le politiche di gestione delle risorse umane nelle aziende e nelle regioni;
  • Ripensare il quadro normativo e le politiche per l’ageing e il diversity management;
  • Promuovere l’orientamento ai risultati e la qualità del top management.

Valorizzare il potenziale dei professionisti per realizzare nuovo modelli di cura

I trend demografici ed epidemiologici hanno portato a una variazione consistente nei bisogni di salute della popolazione, a tale variazione non hanno però corrisposto significativi cambiamenti sul lato dell’offerta di personale sanitario in quantità e tipologia.

Nella pianificazione del personale ha prevalso spesso, attraverso la mera sostituzione del turnover, una implicita riproposizione dei modelli esistenti, senza la capacità di trarre indicazioni da un confronto tra aziende e sistemi sanitari regionali diversi. Più in generale è mancata la capacità di guardare al futuro e ai fabbisogni dei prossimi 20/30 anni, anziché farsi spingere dal passato. Inoltre, lo sviluppo delle tecnologie e l’evoluzione dei modelli di servizio insieme all’innalzamento delle competenze delle diverse professionalità avvenuto negli ultimi anni rendono oggi possibili nuovi livelli di autonomia di tutte le professioni sanitarie.

Si tratta di potenzialità che devono essere sfruttate, consentendo a tutte le professioni e tutti i professionisti di operare al massimo delle proprie possibilità (cd. full scope of practice). Ciò potrà, fra l’altro, aiutare le aziende sanitarie nello sforzo di riappropriarsi di un ruolo significativo nella organizzazione interna del lavoro, un terreno, questo, oggi fortemente condizionato dai silos professionali e dalle loro rigidità.

Infine, a parità di altre condizioni, appare opportuno a livello di sistema e di aziende adottare politiche tese a incrementare la flessibilità complessiva del sistema costruendo le condizioni per un utilizzo selezionato ed efficiente delle figure caratterizzate da percorsi formativi più lunghi e da minori gradi di fungibilità. Alla luce di tale scenario, si propongono tre specifiche aree di intervento:

  1. Incrementare in misura significativa le dotazioni di OSS (operatori sociosanitari), soprattutto nelle regioni del centro-sud. E’ inoltre estremamente rilevante ridefinirne il profilo professionale identificando meglio competenze e responsabilità e valorizzarne il ruolo nei processi assistenziali affinché possa farsi carico con maggiore autonomia degli ambiti di attività propri di tale figura professionale. Un investimento nelle figure ausiliare dell’assistenza è anche giustificato dalla relativa brevità dei percorsi formativi che risultano, quindi, più flessibili e capaci di dare risposte rapide ai fabbisogni di personale da parte delle aziende.
  2. Ridefinire i profili professionali delle professioni sanitarie del comparto, rimuovere i vincoli giuridici, ormai inadatti alle mutate esigenze di assistenza e cura, ed esplicitare le attività che possono essere svolte in parziale o totale autonomia, soprattutto, ma non esclusivamente, nell’ambito dell’assistenza territoriale (esempio dibattito su prescrizione ausili/presidi, somministrazione terapie, gestione di posti letto, ecc.). E’ inoltre importante avviare iniziative di comunicazione capaci di legittimare sempre più la professionalità delle professioni sanitarie nei confronti dell’opinione pubblica, a prescindere dalla tipologia di contratto a cui appartengono.
  3. Rafforzare la dotazione di professionisti medici capaci di seguire pazienti cronici, fragili e affetti da più patologie, con particolare riferimento ai medici della medicina territoriale, prevedendo forme di effettiva integrazione con MMG (medici di medicina generale) e personale convenzionato, e ai medici specializzati in medicina interna, sul modello internazionale dell’hospitalist.

Sviluppare le competenze digitali

Per supportare l’innovazione dei modelli organizzativi e la diffusione di processi di cura che prevedano un sistematico processo di digitalizzazione dei servizi è necessario formare il personale sanitario, tecnico e amministrativo su ambiti oggi scarsamente presidiati. Solo così essi potranno essere in grado di utilizzare i dati e le tecnologie digitali nella loro attività clinica e professionale.

Al contempo, appare necessario reclutare un numero maggiore di professionalità nell’ambito dei sistemi informativi di cui il SSN, e il settore salute nel suo complesso, hanno bisogno ora e nei prossimi anni per accompagnare digitalizzazione e l’innovazione dei modelli di servizio prevista dal PNRR. A questo scopo sono stati identificati quattro principali fronti di lavoro:

  1. Inserire le competenze digitali nei profili professionali degli operatori della sanità e prevedere, conseguentemente, adeguati spazi dedicati alla formazione delle competenze digitali nei corsi di laurea di tutti i professionisti della salute: medici, dirigenti non medici, professioni sanitarie, ecc.
  2. Formare il personale SSN – sanitario, tecnico e amministrativo – sulle competenze digitali degli specifici contesti organizzativi e sull’utilizzo delle nuove tecnologie, sviluppando percorsi formativi che non risultino generici, ma si qualifichino per la loro coerenza con gli effettivi fabbisogni dell’azienda e delle specifiche professioni e ambiti di responsabilità. Le aziende sanitarie dovranno sviluppare attività formative periodiche in ambito ICT, in analogia a quanto avviene per tematiche quali la sicurezza sui luoghi di lavoro o il rischio clinico.
  3. Incrementare le dotazioni di personale qualificato dedicato alla gestione, innovazione e sviluppo dei sistemi informativi delle aziende sanitarie. A tal fine dovranno essere resi possibili percorsi di inserimento e sviluppo che siano realmente attrattivi per le migliori professionalità (cfr. anche punti 6 e 7). Inoltre, dovranno essere sviluppati dagli atenei percorsi formativi universitari e master capaci di formare professionisti con competenze tecniche, gestionali e di project management, e di una conoscenza delle specificità del contesto sanitario.
  4. Con riferimento principalmente ai fornitori del SSN, appare necessario incrementare le dotazioni di personale giovane e qualificato sulle competenze digitali che provenga da percorsi di studio tecnici superiori (ITS). In particolare, gli ITS hanno la potenzialità di dare risposte specifiche e flessibili alle esigenze del mondo del lavoro, e per questo sono identificati dal PNRR come oggetto di particolari investimenti. È necessario potenziare l’offerta di corsi ITS, garantendo a tale opportunità formativa adeguata visibilità istituzionale, al fine di renderla attrattiva e per un numero elevato di studenti che concludono la formazione superiore. Lo sviluppo di partnership tra ITS, SSN e industria consentirà di progettare percorsi formativi per lo sviluppo di soluzioni software, tecnologie e dispositivi medici capaci di innovare i modelli di servizio attraverso le tecnologie (software per la gestione integrata dei percorsi di cura, telemedicina, wearables, ecc).

Prevedere adeguate forme di inquadramento e retribuzione

È infine necessario investire sulla professionalità degli operatori del SSN premiando il merito e accompagnando adeguatamente sul terreno retributivo la crescita e l’impegno professionale. Questo è necessario anche per far guadagnare alle aziende sanitarie competitività sul mercato del lavoro rispetto al settore privato sia per quanto riguarda l’ambito sanitario che quello tecnico/professionale e manageriale.

Oggi, infatti, i profili più validi e i giovani tendono a non considerare il SSN come il miglior datore di lavoro a motivo delle modeste retribuzioni di ingresso; della scarsa capacità di remunerare le esperienze, le competenze, i rischi e le responsabilità; degli incerti percorsi di sviluppo professionale e di progressione di carriera. Inoltre, quando si inseriscono nel SSN le migliori risorse professionali sono attratte e tendono a spostarsi in via permanente nei territori con i sistemi sanitari più forti e nelle aree più urbanizzate del paese, contribuendo all’incremento dei differenziali di competenze e di livelli di servizio.

È quindi necessario trovare spazi di flessibilità nelle modalità di inquadramento e retribuzione del personale, in particolare:

  1. Aumentare i gradi di autonomia e responsabilità delle aziende sulle retribuzioni e sui percorsi di carriera, anzitutto rendendo più flessibili le politiche retributive per la dirigenza. Rendere effettiva la possibilità, già prevista dai contratti, di garantire ai professionisti con incarichi professionali di altissima specializzazione uguali potenzialità salariali rispetto ai titolari di incarichi gestionali. Pur mantenendo a livello nazionale la definizione e concertazione dei contratti, permettere alle regioni di definire una percentuale del monte salariale da poter impiegare liberamente nelle aziende sanitarie per differenziazioni salariali su profili critici, garantendo una reale attrattività per le migliori professionalità.
  2. Differenziare le forme di inquadramento del personale del comparto in base al livello di specializzazione, valorizzando i percorsi formativi con adeguati incrementi retributivi. Superare forme di riconoscimento economico che premino prevalentemente il disagio a favore di incentivi alla competenza e alla responsabilità. Garantire lo sviluppo di carriere per il personale in possesso di competenze acquisite tramite percorsi formativi a livello universitario, dando piena applicazione a quanto previsto dal CCNL del comparto sanità sulle competenze avanzate. Ciò dovrà avvenire sia in ambito sanitario che tecnico, professionale e amministrativo. In quanto, è particolarmente rilevante anche per poter attrarre, offrendo prospettive di retribuzione ragionevoli: profili qualificati di giovani ingegneri gestionali; ingegneri informatici; data analyst; economisti sanitari ed esperti di health technology assessment, statistici, ecc. Valorizzare gli incarichi di coordinamento delle professioni sanitarie. Veri ruoli di middle management, eventualmente modulando gli incarichi su più livelli in relazione alla complessità organizzativa dei diversi contesti. Prevedere la possibilità per i dipendenti del comparto di svolgere attività libero professionale.
  3. Rendere omogenea l’entità dei fondi contrattuali tra le diverse aziende del SSN, per colmare le attuali ingiustificate discrepanze tra aziende nella medesima regione.
  4. Promuovere lo sviluppo equilibrato delle competenze nei Sistemi Sanitari Regionali, grazie a adeguati sistemi di incentivi professionali che creino le condizioni per attrarre e sviluppare le competenze anche nelle sedi periferiche, prevedendo la possibilità di riconoscere incentivi anche economici per i professionisti che svolgono la propria attività presso le sedi meno attrattive.

Mario Del Vecchio e Marco Sartirana

 

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