Per quel che passa il convento dei mass-media, a parte l’iniziativa di Salvini che pare stia consultando gli altri colleghi segretari di partito e, ovviamente fatti salvi i mille contatti quotidiani che, anche giustamente, è inevitabile che si intreccino riservatamente, la maledizione dei “due poli” sembra sovrastare anche il cammino verso l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.

Nel centrosinistra, Letta pare abbia stabilito un casalingo patto di consultazione circoscritto a 5Stelle e Leu. In quanto al centrodestra, a parte la Meloni, bisognerebbe essere nella testa di Salvini per capire fino a che punto l’auto-candidatura di Berlusconi sia effettivamente gradita. Oppure se, al contrario, il Cavaliere sia visto come il nonno, un po’ acciaccato, che manderesti volentieri alla Baggina ( storico ricovero milanese per anziani ). Senonché, per quanto se ne siano già abbondantemente godute le fortune, non ha ancora fatto testamento, per quel tanto che ancora gli resta da destinare agli eredi.

Insomma, qual è l’ effettiva consistenza della candidatura di Berlusconi al Quirinale? Un tributo della destra alla memoria di una stagione che si  valuta superata e il riconoscente attestato di stima e di rispetto per il leader che, anche a loro nome, l’ha rappresentata? Un tributo da assolvere ed esaurire nelle prime votazioni a Montecitorio, oppure si tratta di un punto che il centro-destra intende mantenere fermo?

In effetti, quella di Berlusconi ha tutti i crismi di una candidatura, se non altro, fuori luogo, anzi francamente improponibile. Improponibile “politicamente”, a prescindere da ogni altra considerazione, che pur potrebbe essere avanzata. Tra l’altro, mostra il limite intrinseco ad un centrodestra che, tuttora, al di là della verticale caduta di consensi di cui soffre Forza Italia, ricorre al Cavaliere anche nella misura in cui non è in grado d’indicare una sua candidatura unitaria e seriamente proponibile all’intero arco delle forze parlamentari. Condizione quest’ultima che vale specularmente anche per il centrosinistra.

Abbiamo bisogno di un Presidente che l’intero Paese senta vicino. Che senta, in un certo senso, “suo”, a prescindere dalle doverose distinzioni che attengono la fisiologica dialettica politica. Un Presidente che incarni – dopo tante divisioni, spesso studiate ad arte e spinte, per strumentali ragioni di consenso, oltre il limite – il desiderio degli italiani di ritrovarsi nella composizione di uno sforzo, per quanto possibile, convergente ed unitario.

Senonché, Berlusconi è stato ed è – analogamente Prodi sull’altro fronte – una figura divisiva. Il punto è, se mai, questo: la cosiddetta “Seconda Repubblica” con le sue regole, i suoi riti, i suoi leader, è finita, anzi è fallita. E’ venuta meno, infatti, anzi ha contraddetto i suoi stessi presupposti.

Nata nel nome del superamento della democrazia “incompiuta”, orientata ad un regime di virtuosa “alternanza”, di fatto si è risolta nella cristallizzazione di un quadro di conflitto incessante e paradossalmente “necessario”, cioè unica possibile modalità di interlocuzione tra due poli che tendono alla radicalizzazione dello scontro ed alla reciproca delegittimazione. Nata per dare voce ad una più efficace rappresentanza, nel segno della sovranità che appartiene al popolo, si è risolta nel Porcellum et similia, per un Parlamento non più degli eletti, ma dei “nominati” dalle segreterie di partito. Nata nel segno della governabilità si è risolta nel pasticcio di governi che, espressione dell’una o dell’altra parte, si sono confusamente succeduti gli uni agli altri, costringendo il sistema politico-istituzionale a più fasi di interruzione della normale funzionalità democratica, ricorrendo a governi “tecnici”, forse non dissimili dai “balneari” di una volta.

La “Seconda Repubblica”, nata nel segno della “rivoluzione liberale”, si è spiaggiata sulle leggi “ad personam”. Nata nel segno di una forte rivendicazione di giustizia e diritti sociali, si dibatte ancora sul fronte di una cultura che, in nome dei cosiddetti “diritti civili”, non sa far altro che inseguire una postura di pesante caratura individualista.
Lasciamo perdere….e camminiamo oltre…

Domenico Galbiati

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