Per decenni s’è andata affermando la “vulgata” politica per cui l’ecologia prima (anni ’70 – ’80) e l’ambientalismo poi fossero una sorta di riserva di caccia per esperti, tipo Fulco Pratesi, o “addetti ai lavori”, come ad es. l’ex radicale Rutelli, passato ai Verdi arcobaleno e infine approdato al PDS; e Chicco Testa, “buonanima” ecologista, operativo con il referendum anti-Montalto di Castro, convertitosi lentamente e radicalmente a nuclearista.

Una parte di loro ha fatto carriera politica, anche meritatamente per coerenza e competenza – leggasi Edo Ronchi – altri per testardaggine e costanza di affiliazione come Ermete Realacci. Fatto sta che, comunque, i risultati sono stati complessivamente scarsi o largamente negativi, se solo si pensa ai seguenti fattori di rilievo:

a) innumerevoli violazioni e relative infrazioni a Direttive Eu. in tema ambientale, che hanno determinato pesanti sanzioni economiche per l’Italia;

b) arretratezza, inadeguatezza e e onerosità del sistema di smaltimento dei rifiuti urbani, speciali e tossici;

c) fallimentare difesa del suolo sotto il profilo dell’edilizia abusiva, soprattutto lungo le coste, e pessima situazione idrogeologica (l’80% circa del territorio a rischio).

Eccoci, pertanto, puntuali a pagare il conto, anno dopo anno, con un’incidenza di miliardi di euro sul bilancio statale a seguito di inondazioni, frane, inquinamento atmosferico e contaminazione delle falde acquifere e del territorio (si pensi alla Val d’Agri, devastata dal giacimento petrolifero della Basilicata), con una capacità di resilienza spesso prossima allo zero ed una qualità della vita che a macchia di leopardo accomuna negativamente tutto il “bel paese”, dalla Lombardia al napoletano ed al casertano, passando per l’area di Colleferro e la periferia romana.

L’irrazionale/irresponsabile politica ambientale che ha caratterizzato, finora, il nostro sistema di vita ha aperto le braccia a fenomeni nuovi e ormai tipici del “climate change” globale, quali le così dette bombe d’acqua e grandinate eccezionali, tempeste di vento distruttive (vds. quella che in Veneto abbattè centinaia di ettari di alberi secolari), ecc. Ma, come non bastasse, tutto ciò a preoccupare e danneggiare  sensibilmente o irreparabilmente abitazioni, edifici pubblici e attività economiche, oltre alla perdita di non poche vite umane, abbiamo avuto altresì notizia dal mondo scientifico dell’incidenza del fattore ambientale, cioè dell’inquinamento (nella fattispecie della Lombardia) sulla maggiore diffusione e permanenza del COVID 19.

A tal riguardo, il Rapporto 2015 della Convenzione sulla Biodiversità ha particolarmente dimostrato che il cambio dell’uso del suolo, attraverso la “cementificazione selvaggia”, è la causa principale delle malattie infettive.

E allora, sulla base di una lunga esperienza, propongo con forza l’opportunità di pensare seriamente ad un’Ecologia religiosa, rendendoci consapevoli dell’esigenza sia di superare gli schemi ideologici di un antiquato ambientalismo, necessariamente o forse stupidamente confinato a sinistra, succube di un compromesso che vedeva privilegiare talvolta gli interessi industriali, tal’altra interventi propagandistici sul territorio (abbattimento del palazzo costruito a Punta Perotti, Bari) o in mare (Goletta verde, profumatamente remunerata); sia capace di attrarre le nuove generazioni e gli organi decisionali verso la centralità “politica” dell’ambiente. Quanto sopra risulta facile e attuabile, sposando le tesi esposte con chiarezza nell’Enciclica “Laudato sì”, fortemente voluta dal primo Pontefice ecologista della storia umana, con le nozioni elementari per l’insegnamento e l’educazione al rispetto del creato, bene da custodire e lasciare da godere alle future generazioni.

Si pone, peraltro, il problema di un nuovo “modus vivendi” e di uno stile di vita che non è soltanto individuale, ma sociale e globale, in quanto riguarda la correttezza di ogni gesto, scelta e decisione, relativi ai comportamenti quotidiani di ognuno di noi. La soluzione può essere data con un approccio nuovo, definibile appunto “ecologicamente religioso”, ispirato al pensiero francescano, nel senso dell’amore per la natura che promana dal “Cantico delle creature”, e del rispetto per la “casa comune” a cui ci richiama Papa Francesco.

Il “vescovo di Roma” ci spiega nella “Laudato sì” che la salvaguardia ecologica e la sostenibilità dello sviluppo economico non possono essere temi separati dal  contesto sociale e ambientale in nessun caso, piuttosto sono inevitabilmente connessi alla salute pubblica e di ciascuno, bene primario da tutelare, così come all’architettura urbanistica, alle infrastrutture e ai trasporti, pubblici e privati, al sistema di smaltimento e riciclo dei rifiuti, non che al tema della riduzione della produzione della plastica ed al suo necessario riciclo.

E’ doveroso, non che direi pure urgente, ispirarsi oggi più che mai alle buone prassi, adottate a livello europeo, specialmente nei paesi del nord, con una “governance” che difenda coerentemente la biodiversità, le attività contadine e artigianali, i centri  storici ed i borghi medievali, la qual cosa consentirebbe di non abbandonare le aree interne del territorio, salvaguardandone anche le tradizioni popolari e religiose, promuovendo e favorendo lo sviluppo del turismo “lento”, culturale e religioso.

Ordunque, nel progetto di rinascita post-emergenziale è auspicabile fare appello alle nostre, migliori capacità di cittadini responsabili e creativi, al fine di modellare e adattare il sistema-Paese ad una vera, reale sostenibilità – sembra che la classe politica stia per adottare incentivi fiscali o economici per l’acquisto di mezzi di locomozione elettrici – riuscendo a curare la “casa comune” dopo aver imparato ad ascoltare il grido della terra e i lamenti delle acque marine e interne, che in questo periodo di “sospensione” sono tornate a riappropriarsi del proprio, sano corso e della loro, stupenda naturalezza.

Michele Marino

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