Questo intervento segue la prima parte pubblicata ieri ( CLICCA QUI )

MILANO “MULTIETNICA” E CITTA’ DELL’ ACCOGLIENZA
Milano da tempi non sospetti, e cioè da ben prima che avanzasse il processo
di globalizzazione, ospita decine di etnie, alcune delle quali – dalle Filippine,
dall’Egitto e dalla Cina, in modo particolare – anche numericamente importanti
ed ancora crescenti.
Gli immigrati di seconda generazione si sono sostanzialmente integrati
nel nostro sistema scolastico ed educativo, segnalando difficoltà e ritardi,
ma anche numeri che attestano, in linea generale, un buon sviluppo del loro
percorso formativo, anche a livello delle scuole secondarie superiori e degli
stessi licei.
La città ha, dunque, maturato nel tempo un’importante esperienza di
integrazione che rappresenta una risorsa preziosa su cui investire in
vista di puntuali ed aggiornate politiche di accoglienza e di
accompagnamento dell’ inevitabile, ulteriore sviluppo multietnico dei
nostri contesti urbani.
Questo avviene anche in relazione al carattere profondo ed alla
stessa composizione di uno spazio urbano che è un insieme di borghi,
piuttosto che di “banlieue” come le conoscono altre città; un contesto civile che
si riconosce in una pluralità di “luoghi di comunità” che consentono la
formazione di micro-identità localmente circoscritte, le quali non soffocano
nella freddezza dell’anonimato quella rete di significativi rapporti interpersonali
che concorrono a dare senso compiuto alla vita.
Occorre sostenere, alimentare, incentivare questa dimensione, ad esempio,
moltiplicando, a cominciare dal patrimonio pubblico degli stessi edifici
scolastici, spazi e luoghi fisici di incontro e di socializzazione.
Il Piano di Governo del Territorio in vigore da poco più di un anno
riconosce 88 quartieri-borghi; se allarghiamo lo sguardo a tutta l’Area
Metropolitana arriviamo ad individuare almeno 1000 situazioni “glocal”
dove si vive una esperienza contemporaneamente locale e globale, che
la pandemia ha plasticamente portato all’evidenza più chiara.
Eccezionale è il fatto che, ai tradizionali ambiti cresciuti nel tempo (ex
Comuni di volta in volta aggregati e relativi campanili) negli anni ’60 e ’70
con l’immigrazione dal sud, e oggi con la migrazione da tutto il mondo,
si sono generati nuovi borghi intorno ai plessi scolastici della scuola
dell’obbligo. I bambini e i ragazzi fanno naturalmente comunità durante
la frequenza scolastica, ma il primo incontro degli adulti avviene proprio
accompagnando i figli e i nipoti a scuola: è così che le scuole sempre di
più diventano centro di comunità.
Diventa spontaneo pensare che gli edifici scolastici non possono più
essere esclusivamente luoghi dedicati alla didattica e all’istruzione, ma
sempre di più luoghi di vita e di crescita della comunità. Oggi si pensa
alla rigenerazione edilizia degli edifici scolastici, ed è indispensabile, ma
bisogna cogliere questa occasione per ripensare anche a tutte le attività
che si possono svolgere negli stessi edifici e negli spazi limitrofi: le
attività ricreative tutto l’anno, l’istruzione e la formazione permanente,
l’aggiornamento professionale, le attività artistiche e culturali, le
biblioteche reali e virtuali, sono soltanto alcune delle funzioni che si
possono svolgere nelle scuole, nei lunghi periodi che durante ogni
giorno e durante l’anno non sono utilizzate per le attività primarie.
Si creerebbero, quindi, nuovi luoghi di incontro della comunità
utilizzando ciò che già c’è e che, come detto, necessita di adeguamento
degli edifici.
Bisogna, dunque, tenere dritta la barra del timone verso una Milano che si
concepisca, anzitutto, come città del “valore umano”.
Una città che sappia ricondurre a quest’ultimo anche la sua straordinaria
capacità di produrre ricchezza nei mille campi della sua prorompente vita
attiva.
Una città che non retoricamente, ma studiando politiche ed investimenti
appropriati ed intuendo nel disagio degli ultimi una misura della nostra
condizione comune, anziché emarginare ed escludere, sappia essere inclusiva
e solidale.
MILANO DIFFUSORE DI CULTURA
La ricchezza che Milano possiede nell’ambito di tutto ciò che crea e produce cultura è notevole. Innumerevoli sono gli istituti di ricerca, i centri
culturali, le pinacoteche, i musei, i teatri, ecc.
Tutto questo non può rimanere patrimonio di pochi fortunati ma deve
essere messo a disposizione di tutti. E’ necessaria una collaborazione fra
tutti gli enti preposti; è auspicabile una messa in rete del proprio patrimonio e delle esperienze acquisite; il tutto da presentare come offerta ai cittadini per una crescita globale: una piattaforma della cultura milanese.
Soprattutto ai cittadini poveri e emarginati che vivono nelle periferie, non
soltanto geografiche, della città dove la catastrofe educativa si sente in maniera particolare.
Milano, nel tempo, ha saputo portare dappertutto il Piccolo Teatro; deve
riprendere la tradizione del “Piccolo Teatro nel Territorio”.
Ma anche “riesumare” dalle cantine dei Musei le tante opere sepolte e
creare occasioni di riappropriazione culturale del beni artistici.
E ancora, nei programmi di rigenerazione urbanistico-territoriale, prevedere che molti piani terreni vengano destinati a spazi per compagnie teatrali, associazioni culturali e gruppi ricreativi.
MILANO E GLI STRUMENTI FINANZIARI
Milano è la sede di Borsa Italiana, strumento primario per la raccolta sia
del capitale di rischio che di quelli di debito.
L’Italia tramite l’MTA (Mercato Telematico Azionario, il mercato all’ingrosso dei titoli di Stato) sarà il più grande contributore dei profitti della
società: dobbiamo pretendere un ruolo più importante per la piazza di
Milano, che deve essere un esempio non solo di efficienza, ma rappresentare anche quel faro di crescita di educazione finanziaria per i risparmiatori italiani.
Dobbiamo fare in modo che crescano le incentivazioni per quotare le
aziende italiane alla Borsa Italiana – la nostra capitalizzazione è di molto
inferiore sia a quella tedesca che a quella francese – e convincere i nostri
risparmiatori a investire nelle aziende sane per contribuire alla crescita
del nostro Paese. Dobbiamo pretendere che a Milano venga dato un
esclusivo indice di borsa per le società tecnologiche o per quelle dell’economia circolare. Si stima che ad oggi i ricavi per la città siano attorno ai 20
MLD: dobbiamo farli crescere. Sappiamo che a Piazza Affari si quotano solamente in media quattro aziende all’anno, troppo poco. Milano ha l’obbligo di diventare un campione europeo nel mercato finanziario dei capitali.
Milano deve essere cervello e sede del “Fondo Sovrano Italia” (il fondo
dei fondi), che deve rilanciare la nostra economia.
Non soltanto Cassa Depositi e Prestiti e Invitalia, ma si preveda un fondo
dei fondi di private equity, pubblico/privato (50% ciascuno), dove per attrarre i risparmiatori si possa prefigurare una liquidation preference ai
privati (in sede di liquidazione finale del fondo vengono rimborsati prima i
privati con un minimo garantito di rendimento) rispetto alle istituzioni finanziarie che potrebbero conferire parte dei loro crediti UTP (Unlikely To
Pay), che facciano riferimento ad aziende con prospettive di salvataggio e
solamente alla fine avvenga il rimborso per altri reinvestimenti alla parte
pubblica. Se solo fossimo in grado di spostare, anche con incentivi fiscali,
il 10% dei depositi esistenti sui c/c metteremmo in circolo investimenti di
capitale per 170 MLD dal privato e altrettanti dal pubblico. Una massa di
gran lunga superiore ai fondi previsti da Next Generation EU. La spinta,
anche come obiettivo di exit strategy, alla quotazione in Borsa farebbe
ancora di più crescere l’importanza e il valore di Piazza Affari e di Milano.
Una quota del fondo dei fondi dovrà per statuto essere destinato al progetto “Sportello dei problemi e delle idee “
MILANO: PROGETTI A COSTO ZERO E REALIZZABILI SUBITO
A costo zero si può trasformare qualitativamente e quantitativamente la
Città. La bellezza deve essere obiettivo primario. Ma non la bellezza
effimera di Dostoievskij che, fideisticamente “salverà il mondo”; la
bellezza del Card. Martini che è tale soltanto se si coniuga
inscindibilmente con il bene di cui deve essere origine e conseguenza.
-Rigenerare i quartieri-ghetto di edilizia popolare in quartieri pluriclasse
e plurifunzionali. C’è già un progetto di fattibilità che dimostra possibile
trasformare totalmente alcuni quartieri di edilizia popolare demolendo
gli edifici degradatissimi, costruendone di nuovi sia per trasferire i
residenti (sempre nel quartiere senza espulsione di popolazione) e sia,
con densificazione ma recuperando anche molto verde e spazi collettivi,
costruendo edifici nuovi destinati a pluralità di funzioni (terziario,
residenziale, commerciale, servizi generali, ecc.). Il tutto è reso possibile
dal cambiamento di valore di tutto il contesto immobiliare del quartiere
a seguito della presenza delle linee metropolitane che circondano il
quartiere e che sono state realizzate nel tempo.
-Realizzare poliambulatori diffusi per la sanità di base. Con forme di
parternariato pubblico-privato (project financing , concessioni, contratti
di disponibilità, ecc,) si possono realizzare “case della salute” che si
mantengono con le tariffe delle prestazioni effettuate dal Servizio
Sanitario Nazionale senza, quindi, esborsi da parte delle Istituzioni
pubbliche.
-Riqualificare e rifunzionalizzare le scuole per renderle sicure,
energeticamente sostenibili, adeguate alla didattica, ma nel contempo
anche centri di comunità per tutte le attività sociali, culturali e ricreative
possibili (c’è progetto di fattibilità).
-Manutenere gli spazi pubblici e le zone verdi attraverso le risorse che
possono provenire dalla pubblicità. Sono stati realizzati in diverse città
europee contratti di realizzazione/gestione degli spazi pubblici a costo
zero per le Amministrazioni Pubbliche Locali, perché compensati dai
proventi della pubblicità.
-Valorizzare il patrimonio immobiliare di proprietà del Comune: miglior
uso, messa a reddito, alienazione, ecc. (in parte già sperimentati)
ottenendo risparmi di gestione e risorse nuove da utilizzare per le spese
di investimento dell’Amministrazione.
-Razionalizzare le sedi operative istituzionali (costruendo i Federal
Building) ottenendo risparmi di gestione e risorse nuove aggiuntive per
investimenti tramite alienazione di patrimonio non più adeguato.
-Regolamentare l’uso del sottosuolo pubblico per i servizi a rete (cunicolo
tecnologico) con notevoli risparmi e guadagni tramite i proventi derivanti
dagli Enti che gestiscono i servizi a rete; si eviterebbero, così, anche i costi
e i disservizi generati dai continui scavi e ripristini per raggiungere le reti
tecnologiche e si garantirebbe sicurezza: si pensi allo stillicidio di piccole
e grandi voragini, di fughe di gas, di perdite dell’acquedotto, di
interruzioni di elettricità e di inconvenienti alla fibra ottica.
-Riformulare tutti i regolamenti comunali, e in particolare quelli edilizi
sulla base della prestazionalità rispetto alla vigente prescrittività.
Vorrebbe dire rivoluzionare il funzionamento della macchina
amministrativa ripristinando il concetto di responsabilità diffusa e di
impegno per raggiungere il risultato piuttosto che “accanirsi nel rispetto
dei codicilli”.
Il presente documento è l’esito del lavoro comune maturato in diverse riunioni di
amici di INSIEME della Lombardia in questo primo semestre del 2021.

In particolare sono stati tenuti in conto, e riorganizzati da Gianni Verga, i contributi
scritti di Alfredo Anzani, Domenico Galbiati, Aldo Livolsi, Mattia Molteni, Piercarlo
Valtorta, Gianni Verga

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