È convinzione diffusa che questo sia l’anno della coprogettazione. A livello normativo, la Corte costituzionale ha finalmente chiarito, con la sentenza n.131 del 2020 (CLICCA QUI), la legittimità e la natura dell’amministrazione condivisa, ovvero del canale di collaborazione fra amministrazioni pubbliche e Terzo Settore, delineato dagli istituti della coprogrammazione e della coprogettazione. Queste procedure sono state introdotte nel 2017 con il nuovo Codice del Terzo Settore, all’interno dell’art.55, ma una serie di contenziosi istituzionali ne hanno nel frattempo condizionato l’applicazione. Oggi – nonostante la confusione, a livello istituzionale, non sia del tutto stata eliminata – la coprogrammazione e la coprogettazione poggiano su un quadro giuridico chiaro, che non concede scuse a chi voglia coprogettare.
Coprogrammazione e coprogettazione descrivono, insieme, un modello di amministrazione alternativo a quello competitivo, che negli ultimi anni ha fatto leva quasi esclusivamente sull’utilizzo della gara d’appalto. Quest’ultimo modello prevede un accentramento della decisione nelle mani del Pubblico, concepito come sede esclusiva dell’intelligenza e dell’ideazione politica. Agli altri attori spetta un ruolo meramente esecutivo: resta semplicemente da dimostrare di poter svolgere dei compiti in maniera più veloce ed economica degli altri, per poter ottenere delle commesse. Ne è derivato un inaridimento degli interventi e dei servizi, standardizzati entro prestazioni spesso incapaci di rispondere al mutamento dei bisogni sociali. (Per la lettura integrale dell’intervento CLICCA QUI)
Giacomo Pisani