Giovanni Palladino, su “Servire l’Italia”, ha pubblicato un’altra di quelle lettere (CLICCA QUI) che don Luigi Sturzo scriveva, ma non inviava e le teneva per se, nei momenti di più grave sconforto che sono proprio dell’esiliato. Nel  secondo scritto che segue, rimasto nel cassetto, don Sturzo affronta il tema della politica e di come dev’essere vissuta da un cristiano. Questione antica, ma sempre nuova, anche ai giorni nostri.

Il “chiacchiericcio”, come lo chiama oggi Papa Francesco, la politica ridotta a “mestare” alle spalle di avversari ed amici, il tradimento degli ideali di un progetto quando si finisce per interessarsi ad altro e il “servizio” resta dimenticato a favore del perseguimento di propri obiettivi. Accadeva prima ed accade dopo Sturzo il quale, comunque, dopo averne viste tante, ed essere stato “tradito” tanto, anche dagli amici, scrive all’interlocutore destinato a non ricevere la missiva: “A molti il problema della moralità nella vita politica sembra insolubile. È strana questa mentalità, ma ha origini psicologiche e storiche assai profonde”. 

GI

Caro Giovanni,
ti ho incoraggiato a prepararti alla vita politica come a un dovere e come ad un sacrificio, ma non mai a prenderla come una passione, che possa assorbire le tue attività affettive. Io comprendo bene che un giovane ha bisogno di qualche cosa che, come si dice, gli riempia il cuore; o è lo sport o la politica o lo studio o l’amore, qualche cosa che in certo modo polarizzi tutte le sue attività e farne come il centro della vita quotidiana. Tutto ciò nell’ordine umano è un fatto che direi normale. Però, ecco il punto serio, se qualsiasi attività centrale diviene fine di noi stessi e quindi acquista una posizione assoluta, allora da un lato altera la nostra organizzazione spirituale e dall’altro perde per ciò stesso il valore di verità, divenendo falsa e cattiva.

Come nella vita del pensiero tutto è ordine e proporzione – e allora è verità – così nella vita degli affetti tutto è valutazione e misura. Non possiamo alterare i rapporti di verità nella nostra vita affettiva, né i rapporti di verità nella nostra vita intellettiva, perché ogni alterazione è un male.

Non parlo sibillino, caro Giovanni. Stiamo alla vita politica. La tua frase, arrivare quale ne siano i mezzi, non mi è piaciuta. Traspira un alito di passione che altera i caratteri spirituali della politica come deve concepirla un buon cristiano. Tu dici arrivare. E che ne sai, caro Giovanni, se potrai o no arrivare a quel che tutti desideriamo? Per quanto riguarda te, oggi tu non sai se gli avvenimenti te lo impediranno. E non sai neppure se la tua volontà di oggi sia la tua volontà di domani. Lo stato d’animo più sano è quello di dire al contrario: “lavorare e sacrificarsi anche se non potrà ottenersi nulla, perché è un dovere e perché i sacrifici fruttano per sé, al di là dei nostri obiettivi particolari”.

Allora l’attività entra in una sfera più larga, quella della Provvidenza, con la quale si vuole cooperare non per l’abilità umana, che riesce allo scopo, ma per virtù del dovere compiuto, del bene agognato, del sacrificio operato; cioè cooperazione per amore. Capisco che ciò è più difficile a essere concepito, ma questo è colpa del divorzio nel quale si è mantenuta la vita politica da quella spirituale. Tanto più è il merito di coloro che sanno unire insieme questi due
termini per viverli spiritualmente.

Allora, caro Giovanni, non dirai più “raggiungere l’obiettivo con qualsiasi mezzo”, potendo ciò contenere l’approvazione dei mezzi illeciti. Non può esserci una politica cristiana con l’uso dei mezzi illeciti. Certo, è difficile concepire una politica veramente cristiana. Molti lo ammettono a parole, ma poi la negano con i fatti.

Tuttavia, se a qualcosa la nostra attività è utile, è proprio quello di dimostrare con i fatti che noi non intendiamo uscire dai limiti della più perfetta moralità cristiana quando facciamo politica e che si può benissimo fare una politica perfettamente morale e cristiana. Ma quel che è più difficile, è mantenersi nella vita politica immune da passione, cioè valutare tale vita come un mezzo e non come un proprio fine, dirigerla al bene degli altri e non per un nostro desiderio egoistico.

Non fare noi misura del bene politico, ma al contrario il bene politico come misura della nostra attività. È il punto scabroso non solo della vita politica, ma anche della vita terrena, professionale, domestica, economica, artistica e perfino di quella sacerdotale e missionaria. Perché ovunque possiamo alterare i termini e far noi il centro e il fine delle nostre attività, cioè sviluppare il nostro senso di orgoglio, di libidine, di avarizia anche nel più spirituale dei mondi, quale è quello della vita religiosa.

Nessuna meraviglia se ciò avviene: siamo egoisti per natura. Ma guai a perseverarvi, perché guastiamo tutto quello che tocchiamo, ogni nostra azione viene guastata spiritualmente da noi. È il contrario di quel che avviene se sappiamo sopprimere il nostro egoismo e mettere tutte le nostre azioni sotto lo sguardo di Dio che ci illumina. Per ottenere questa radicale trasformazione, il cammino è lungo e penoso, è il cammino della nostra conversione e
perfezione, è la conquista della grazia e il mantenimento di essa nel nostro cuore, è la lotta contro le passioni e l’acquisto della virtù.

Non spaventarti, caro Giovanni, la cura quotidiana di evitare la colpa e di correggere le nostre inclinazioni, di avvicinarci a Dio nelle preghiere e nell’adempimento dei nostri doveri, è l’inizio e il fondamento della nostra vita spirituale. Vedrai bene come questa conquista di noi stessi in Dio ti aprirà nuovi orizzonti di bene, persino nella diffamata vita politica, che comincerai a sentire non solo come un dovere di cittadino, ma anche come un dovere cristiano.

Perciò la valuterai nei suoi grandi valori spirituali nascosti da tanti intrighi e perversità. Non riesce facile a molti cattolici distinguere quel che c’è di bene nella vita politica da quel che c’è misto di male e di pericoli. A molti il problema della moralità nella vita politica sembra insolubile. È strana questa mentalità, ma ha origini psicologiche e storiche assai profonde. Ma tu lo intendi bene, caro Giovanni, e mi sembra superfluo insistere.

Luigi Sturzo

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