Il 16 ottobre 1943 è il giorno della razzia dei nazisti nel ghetto di Roma. Era un sabato, e all’alba 365 militari nazisti rastrellano 1351 ebrei. È un evento cardine nella storia degli Ebrei romani. Al di là dell’orrore per l’accaduto, e le necessarie proteste diplomatiche, per la Santa Sede poco cambia: Pio XII aveva cominciato l’opera di soccorso degli ebrei prima e durante la razzia, e lo farà anche dopo.

Sono i numeri a raccontarlo. Di Pio XII, una pubblicistica ostile ha preferito rimarcare il “silenzio” che avrebbe avuto nei confronti del nazismo, o la preferenza per il salvataggio non di ebrei, ma di soli ebrei convertiti al cristianesimo. Che tutte queste interpretazioni siano poco veritiere, lo dicono i numeri. Il diacono Dominiek Oversteyns, della Famiglia Spirituale L’Opera, ha raccolto dati dalle fonti private. Ha incrociato i numeri ufficiali con quelli delle varie ricerche, ottenendo anche dati attraverso l’estrapolazione matematica, che permette almeno di avere una idea del numero esatto di persone coinvolte. Sono dati che permettono di sfatare la “leggenda nera” non solo del silenzio, ma anche dell’inazione di Pio XII.

Il rastrellamento del 16 ottobre ha luogo fino a circa le 14. Dei 1351 ebrei, 61 ne vengono liberati prima che vengano rinchiusi nel collegio militare. Dei 1290 rastrellati e detenuti nel collegio militare furono liberati nel pomeriggio del 16 ottobre 258 ebrei. Prima della partenza del treno per Auschwitz dalla Stazione Tiburtina, altri due ebrei vengono liberati.

Pio XII e i suoi collaboratori – sono fonti primarie a dirlo in maniera innegabile – sono corresponsabili per la liberazione di 250 ebrei romani in quel giorno, cioè circa un quinto di quanti sono stati rastrellati. È un dato, poco conosciuto.

Infatti la mattina presto del giorno della razzia – documenta il diacono Oversteyns – Pio XII fa diversi interventi, impegnandosi a fermare e liberare gli ebrei prima della loro deportazione.

Gli interventi consistettero nella ricerca di contatto con l’ambasciatore tedesco Ernst von Weizsäcker per convincerlo a chiamare Berlino e fermare il rastrellamento. L’ambasciatore non agì. Allora Pio XII, tramite padre Pancrazio Pfeiffer, contattò il generale Reiner Stahel, capo dell’esercito tedesco a Roma in quel tempo, il quale telefonò direttamente a Himmler e lo convinse a fermare il rastrellamento alle 12.00, mentre il comandante SS Dannecker ricevette istruzione da Berlino di liberare tutti gli ebrei in matrimoni misti e in servizio con gli ariani.

Il diacono Oversteyns ha anche applicato un modello matematico di simulazione alla dinamica degli arresti. In questo modo, ha potuto definire che la razzia nella zona del centro di Roma terminava tra le 11 e le 11.20, mentre nella zona della periferia di Roma questa finisce intorno alle 13 e le 13.20. Questo significa che la razzia al centro era già finita mentre il generale Stahel faceva avere l’ordine di Hitler che tutto fosse terminato entro le 12, mentre stava ancora finendo nelle zone periferiche, e le ultime squadre rientravano tra le 13 e le 13.20. Questo spiega come mai Herbert Kappler scriveva nel suo rapporto ufficiale che la razzia era terminata alle ore 14. Ma spiega anche – prosegue il diacono Oversteyns – perché alcuni nazisti sottolineano di non aver ricevuto ordine di terminare la razzia. Né significa che Himmler non avesse dato l’ordine di terminare la razzia. Lo prova il fatto che Himmler avesse contestualmente dato ordine di liberare gli ebrei romani in matrimoni misti e al servizio degli ariani romani. Fu fatto per evitare una sommossa a Roma, come era successo a Napoli. E ha solo senso quando è terminata la razzia! Ecco la relazione tra le due ordini che Himmler aveva dato alle ore 12.

Dei 1.030 ebrei deportati il 18 ottobre alle 14 ad Auschwitz, solo in 16 ritorneranno dopo la fine della guerra.

Estrapolando dati da diverse fonti primarie, Oversteyns quantifica in 9.975 gli ebrei presenti a Roma al 4 giugno 1944, di cui circa il 64 per cento sono identificati. Di questi, 1.697 furono uccisi: 7 durante l’arresto, 76 fucilati alle Fosse Ardeatine e 1.614 uccisi dopo la deportazione nei campi di concentramento. Da quei campi, sopravvissero solo 117 ebrei.

Come sono sopravvissuti gli altri? In 495 si rifugiarono nei villaggi intorno Roma, e 1324 si nascosero in case di amici a Roma. Ma il numero più grande è quello salvato dalla Santa Sede: in 4.205 trovarono rifugio in 235 conventi romani, e 160 sopravvissero in Vaticano e le sue 26 sedi extraterritoriali.

Non solo conventi. Pio XII nascose 336 ebrei anche nelle parrocchie e negli ospedali diocesani, mentre continuava ad inviare viveri ed aiuti finanziari al DELASEM, l’organizzazione che aiutava gli immigrati ebrei costituitasi nel 1939, che nascondeva a Roma 1.680 ebrei di diverse nazioni, con un passaporto falsa di francese in 420 case che furono comprato prato da Svizzera e protetto con extraterritorialità inviolabile di Svizzera.

Nel suo lavoro per liberare gli ebrei arrestati durante gli 8 mesi di persecuzioni, Pio XII ebbe anche alcune volte successo. Il sostegno fu incessante.

C’erano 8000 ebrei romani tra i 9.975 ebrei presenti a Roma il 4 giugno 1944. Pio XII ne aiutò più della metà, 4.590 ebrei romani.

Dal 18 ottobre 1943 fino al 31 ottobre 1944 troviamo solo 1 ebreo romano arrestato e deportato. Ma questo non significa che in 8 mesi di dominazione nazista su Roma furono deportati pochissimi ebrei. Ne furono deportati ancora 700, arrestati dal 18 ottobre 1943 fino al giugno 1944. Il 50 per cento di loro fu arrestato da nazisti, alcune volte insieme a fascisti.

Guardando invece a “forbici” temporali più brevi, nottiamo che solo dal 18 ottobre 1943 al gennaio 1944 furono arrestati 96 ebrei. Dal 2 febbraio 1944 in poi iniziava la grande persecuzioni nazista contro gli ebrei romani: il due febbraio furono da solo già arrestati 29 ebrei in circa 5 collegi e, il giorno dopo 19 ebrei nella abbazia di san Paolo, che fu territorio extraterritorialità del vaticano, il 21 febbraio fu la seconda razzia nel ghetto con 21 ebrei arrestati e deportati. A marzo del 1944, la situazione diventa ancora più seria: dal 21 marzo fino al 17 aprile furono giornalmente arrestati e deportarti circa 10 ebrei. E dal 28 aprile fino al 18 maggio giornalmente furono arrestati e deportati 5 ebrei. Gli ebrei non ebbero altra scelta che scappare o entrare in clandestinità.

Le fonti mostrano che c’erano pochi ebrei in Vaticano e nelle sue 26 sedi extraterritoriali. In tutto, 160. Questo perché la strategia di Pio XII era di nascondere gli Ebrei romani in piccoli gruppi in conventi a Roma.

Anche il fatto che Castel Gandolfo fosse usato per nascondere un grande gruppo di ebrei è falso, perché contrario alla strategia di Pio XII. È soltanto provato che a Castel Gandolfo ci furono un piccolo gruppo di 12 ebrei convertiti al cristianesimo del quale presenza nel palazzo di Propaganda Fide fu descritto il 25 dicembre 1943. Purtroppo, morirono nel bombardamento del 10 febbraio 1944. Per questo il 4 giugno 1944 non c’erano ebrei presenti.

I fatti provano che il gruppo più debole durante la persecuzione romano furono gli ebrei stranieri qui venuto per iniziativa privata. Di loro il 50 % furono arrestati e deportati, mentre degli ebrei romani furono arrestati e deportati il 22% e degli ebrei stranieri sotto protezione di DELASEM lo 0 %.

La bontà della strategia di Pio XII è stata confermata dai fatti: sono stati uccisi il 16 per cento degli Ebrei presenti in Città del Vaticano e nelle sue 26 sedi territoriali, mentre fu ucciso in conventi romani solo l’1 per cento. Vuole dire che la possibilità per gli ebrei romani di sopravvivere nei conventi romani durante la persecuzione nazista fu 16 volte più alto che nel Vaticano con le sue 26 sedi estraterritoriale.  (2- continua)

Andrea Gagliarducci

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