Giovanni Toti e il sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro, annunciano di aver dato vita a un gruppo parlamentare definito di centro in cui confluiscono esperienze diverse, in una buona parte provenienti da Forza Italia. Peccato che corrono a precisare di costituire la “gamba moderata” del centro destra. Purtroppo, si riducono a voler fare la “gamba” di un tavolo, invece che partecipare ad un grande, libero e autonomo “tavolo” di quell’area centrale di cui avrebbe bisogno il Paese dopo oltre due decenni di divaricazione estrema tra un fronte e l’altro che, all’insegna del bipolarismo, ha caratterizzato, e impoverito, la dialettica politica italiana.
Pure a Carlo Calenda è mancato per troppo tempo il coraggio per fare una scelta decisa per presentare a Roma un progetto indipendente in grado di offrire un’alternativa vera al sistema di potere e di gestione che ha condotto la Capitale d’Italia nel pieno di un fallimento che è, assieme, finanziario e gestionale. Calenda ha perso un anno prezioso in attesa di un Pd che a Roma è più “Godot” che mai. Già l’anno scorso era chiaro che il partito oggi guidato da Enrico Letta non fosse in grado di rispondere positivamente alle richieste che Calenda ha avanzato solo timidamente nella speranza di essere lui scelto quale candidato del Pd.
Il risultato è che oggi i sondaggi danno in ripresa la sindaca grillina Raggi favorita da una destra che, dicono i maligni, sembra intenzionata a perdere nuovamente visto che Giorgia Meloni si preoccupa più del successo dei suoi Fratelli d’Italia invece che della coalizione del centrodestra.
Un po’ dappertutto, nell’area del centrosinistra continuiamo a registrare la presenza di gruppi di amici che vi restano inseriti o vicini nonostante si stiano sempre più rendendo conto che molte cose, al di là delle dichiarazioni di Enrico Letta, spingono proprio nella direzione opposta all’evoluzione verso un partito aperto ed inclusivo, anche nei confronti dell’area popolare.
Ma noi non disperiamo. Pensiamo sempre che sia possibile partecipare alla creazione di quell’area centrale che deve creare il baricentro di un nuovo “sistema paese” con una forte capacità centripeta in grado di dare all’Italia quella credibilità persa nel corso degli ultimi 27 anni.
Crediamo che molto congiuri perché l’attuale quadro politico cambi fino al proprio superamento. In questo, speriamo che l’esperienza Draghi si riveli un periodo di transizione adeguato a far sì che, dopo la stagione del superamento dell’ideologie, ma senza che queste venissero sostituite da idee, ne nasca una in grado di dare vita ad un sistema di partiti programmatici che, sui programmi, misurino la capacità d’incidere e d’indirizzare il Paese.
La stagione della pandemia, che non possiamo certamente dare del tutto per conclusa, sarà seguita da quella dell’utilizzazione del Recovery Fund, su cui l’Italia si giocherà il proprio futuro, e, quindi, dei rapporti con l’Europa destinati a restare i veri spartiacque di riferimento per i partiti che si scompongono e ricompongono, ma senza tenere conto di quanto tutto stia cambiando.
Giancarlo Infante