Lentamente mi sono andato convincendo, ma con un passaggio decisivo negli ultimi giorni, che è assolutamente doveroso prendere posizione sulla scuola in presenza o a distanza, ovvero sulla scuola effettiva o sulla sua sostanziale sospensione.
Prendere posizione sulla scuola è necessario, senza essere né studenti, né genitori, ne insegnanti o dirigenti scolastici. È doveroso come cittadini, come membri di una comunità, quella nazionale, che non sono indifferenti al presente della scuola, cioè al futuro dell’Italia. Un mio amico e collega di una volta, persona di cui conservo grande stima, aveva un senso così spiccato della concretezza, intesa anche come immediatezza di utilità, che per ogni proposta o iniziativa si chiedeva, e chiedeva, in quanti risparmi di costi o maggiori utili questo si traducesse per la categoria rappresentata.
Nel confronto in cui si decide cosa fare era una posizione legittima. Ovviamente esistono vantaggi, e svantaggi, per esempio quelli reputazionali, che hanno dimensioni ingenti. Possono decidere vita o morte di una realtà, ma non sono calcolabili nel breve periodo. Esistono casi in cui è possibile calcolare, ma in tempi incompatibili con le decisioni di assumere. Sotto la legge del beneficio immediato della scuola, e di altre cose, si può fare a meno. Gli studenti a casa non richiedono ristori, e il peggioramento dei destini di una generazione viene cinicamente lasciato a chi dovrà occuparsene. Le scuole non presentano bilanci, non registrano perdite, non sono quotate in borsa. Ciò che è più importante è finito all’ultimo posto.
Ma come, siamo un paese con alti livelli di evasione dell’obbligo scolastico, con alti livelli di abbandono, con primati nei NEET, e cosa facciamo? Incentiviamo i mali, e il male, di una generazione?  Siamo diventati un popolo che oltre a generare pochissimi figli, poi non sa che farsene, non si ricorda più che tesoro sono, dovrebbero essere, le generazioni che seguono, le pospongono a quasi tutto il resto?
Non sappiamo più che cosa è la scuola, oltre al mero apprendimento (ci dirà INVALSI), nella socializzazione, nel legati a volte duraturi che si stabiliscono all’interno di una generazione, nella mediazione dell’insegnante. Resta solo la rissa per socializzare? Proprio oggi ascolto i telegiornali dire a chi vorrebbe le scuole aperte che la risposta è: prima la salute? Ma davvero? Chi ha cassato dalla nostra Costituzione tutto tranne la salute? Ma se fosse vero, prima la salute, non sarebbe questo l’argomento decisivo per aprire le scuole? Prima la salute: perché non mettere in priorità della vaccinazione gli insegnanti, il personale non docente, gli studenti over 16? Perché non curarsi della salute anche mentale di questi ragazzi?
Non sono uno studente, ma continuo ad imparare. Gioco nella categoria nonni. Ma ricordo di aver appreso che eventualmente l’anziano si sacrifica per i giovani. Non viceversa. Come sempre è solo un problema di scelte. Ma è la salute dei ragazzi e dei giovani che sembra interessare a pochissimi.
Chi desidera un futuro per l’Italia dovrebbe mettere la apertura e il rilancio della scuola al centro di ogni tavolo di discussione politica. È arduo pensare alle prospettive di un popolo, che non sembra avere a cuore il proprio futuro.
Vincenzo Mannino

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