Ci vuole rispetto per la Democrazia Cristiana e per lo Scudo crociato. Pare che anche l’ ex-ministro Trenta, reduce da trascorsi grillini, vada ad aggiungersi alla folta schiera di supposti democratici-cristiani che pretendono di intestarsi la storia della DC.

Si è perso il conto di quanti siano tra detentori e fruitori, più o meno autorizzati, coloro che nascondono la loro modestia politica sbandierando insegne che sono l’ emblema di una grande, straordinaria stagione della vita democratica del nostro Paese. L’ Italia, al di là delle chiacchere della “Seconda repubblica”, si regge tuttora sulle grandi scelte, fondative della nostra libertà, che risalgono a quella fase storica.

La Carta Costituzionale, anzitutto, che i democratici-cristiani hanno contrassegnato nel solco della loro cultura personalista, recandovi un concorso di primissimo piano, in collaborazione con altre forze di matrice popolare.
Non meno rilevanti la scelta europea e quella atlantica, indirizzi fortemente contrastati da quelle stesse forze di sinistra che non hanno potuto fare a meno di assumerle come proprie, addirittura a garanzia della loro stessa libertà.

La rinascita civile ed economica di un Paese materialmente e moralmente distrutto dal fascismo e rinato nel segno della fiducia nelle istituzioni democratiche che l’equilibrio dinamico, assicurato dai governi a guida democristiana, ha saputo risvegliare negli italiani. Il costante impegno ad allargare le basi democratiche dello Stato, architrave, perfino al di là dei suoi più particolari interessi elettorali, dell’ azione politica della Dc. La fermezza con cui ha saputo contrastare, a destra ed a sinistra, pagando durissimi prezzi, la deriva terroristica, senza alterare le garanzie democratiche che lo Stato di diritto ha costantemente assicurato anche ai suoi criminali protagonisti.

La Democrazia Cristiana, comunque se ne valuti l’azione politica, non ha bisogno di sopravvivere a sé stessa, attraverso l’ accanimento terapeutico di suoi presunti, pallidi e tardi epigoni, che nulla aggiungono ai suoi meriti ed, anzi, rischiano di offuscarne la memoria. Appartiene al patrimonio storico dell’ Italia.

Sfidano il dileggio coloro che trascinano lo Scudo crociato in alleanze incardinate sulle forze della destra.
Sfidano il ridicolo i poveri di spirito che credono di ravvisarvi la continuità nel partito di estrema destra che oggi esprime la guida del governo.

La Democrazia Cristiana – come, a suo tempo, il PPI di Luigi Sturzo – è stata l’espressione storica contingente, cioè pertinente al momento storico che le è stato dato vivere, di quella cultura politica cattolico-democratica e popolare, il cui valore trascende la particolarità delle singole fasi storiche ed ha ancora molto da dire, se appena se ne sappia cogliere la vitalità di fondo, così da vivificare, in maniera intelligente e creativa, le svolte epocali e le trasformazioni che il nostro tempo impone.

In altri termini, sarebbe bene desistere da un uso politicamente improprio del nome e del simbolo della Democrazia Cristiana, per deporne memoria storica ed emblema, ad esempio, all’Istituto Sturzo. In un luogo in cui, fatta oggetto di approfonditi studi, la sua vicenda non mancherà si suggerire intuizioni e concetti di cui abbiamo tuttora bisogno.
Al di là dell’ annosa e stucchevole querelle giudiziaria relativa alla titolarità del nome e del simbolo della Democrazia Cristiana, dal punto di vista sostanziale, ideale e politico, nessuno può coltivare la pretesa di rivendicarne la storia e di intestarsene l’eredità.

Solo i suoi più grandi leader, De Gasperi , Fanfani e Moro, se fossero ancora tra noi, potrebbero ambire a tanto.

Domenico Galbiati

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