Il rapporto Oxfam sulla crescita delle diseguaglianze a vantaggio di una ristretta cerchia di potenti dimostra l’assenza, o perlomeno l’inadeguatezza delle politiche occupazionali e distributive nei nostri sistemi economici, che la pandemia – se possibile – ha reso ancora più evidenti. E sempre meno tollerabili, almeno in teoria.
Eppure il vento neoliberistico – che, si sa, ha al centro della sua attenzione il mondo delle imprese capitalistiche e non la persona umana – ha convinto la maggior parte dei politici che solo le imprese orientate alla produzione e al mercato capitalistici sono in grado di creare benessere economico, per cui si devono fare ponti d’oro per attrarre le imprese private, specie se multinazionali, affinché queste – nel loro sfarfallare da un paese all’altro alla ricerca di quello che offre le condizioni più vantaggiose – decidano d’investire nel territorio proprio del politico. Di qui il must di fare tutte le riforme che piacciono alle imprese private: imposizione fiscale che favorisca i grandi detentori di capitale, bassa imposizione parafiscale che, assieme al contenimento dei salari e dei diritti dei lavoratori, tenga basso il costo del lavoro; alta flessibilità del lavoro (nell’accezione che interessa solo il lato della domanda di lavoro); indebolimento dei sindacati dei lavoratori, per tarpare le ali a qualsiasi rivendicazioni sociale organizzata; assetto istituzionale sicuro (governi stabili capaci di garantire continuità e serenità politica) e rapido nella sua azione (parlamenti capaci di produrre in fretta leggi favorevoli agli affari).
Al contrario, la Dottrina sociale della Chiesa sviluppa la seguente sequela del lavoro: il lavoro è un bene dell’uomo, per l’uomo, la donna e la comunità; ma l’uomo ha il primato sul lavoro, perché il lavoro è per l’uomo e non l’uomo per il lavoro e l’economia; il lavoro ha il primato sul capitale e non il lavoro è al servizio del capitale; quale sintesi, la fabbrica (lavoro e capitale) è per l’uomo e non l’uomo per la fabbrica.
Nel dibattito politico italiano di oggi, la sequela sopra riportata è al margine, per non dire assente. Non è forse il caso che i cristiani, riuniti in una forza politica, assumano la responsabilità di proporla e di sostenerla?
Daniele Ciravegna
Pubblicato su Rinascita Popolare dell’Associazione i Popolari del Piemonte ( CLICCA QUI )