Il vero ospite a sorpresa al festival di Sanremo è stato il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. L’applauso che ha ricevuto è stato emblematico. L’apprezzamento alla guida illuminata, razionale, ragionevole, e al di sopra delle parti. Il riconoscimento che si tratta dell’unico punto di riferimento per chi crede in un genuino sentimento di unità nazionale. Così alto da apparire del tutto naturale e scontato. Eppure, è stata la prima volta che un Presidente della repubblica presenziava a quell’evento annuale che, vissuto popolarmente in maniera diffusa, fa trovare riuniti gli italiani almeno attorno alle canzoni. Anche Sanremo ricorda che siamo nel 75esimo anno dalla nascita della nostra Costituzione. Il nostro patrimonio comune più importante.

Sanremo nazional – popolare. I più giovani forse non ricorderanno questa espressione coniata tanto tempo fa. Erano i Sanremo di Pippo Baudo che non era amato dal “craxismo” verticista allora al comando. Un festival espressione di una dicotomia tra paese “reale” e quello “legale” che, in qualche modo, si è riproposta anche ieri sera. Visto che alcuni dei vertici Rai sono corsi a dichiarare che l’arrivo di Mattarella a Sanremo non era stata una loro decisione. Come se stesse a loro stabilire in quale occasione il punto di riferimento più significativo dell’unità nazionale, ed anche della politica più alta, si presenta in mezzo alla gente, sia pure in modo discreto quasi esclusivamente per ascoltare.

Inanellatori di gaffe una dietro l’altra si vede che hanno paura che si parli della Costituzione, che se ne ricordi la forza propulsiva in grado, come ha detto Roberto Benigni, di giungere con tutto il suo valore fino ai giorni nostri. Giacché chi la concepì e la stese, con un linguaggio senza orpelli, non la pensò solo per la pur necessaria stagione che immediatamente superava e metteva in archivio il ventennio dell’antidemocrazia e della violenza politica, ma perché fosse in grado di espandersi per i tempi futuri, visto che la battaglia per la democrazia e la giustizia sociale non conosce limitazioni temporali.

Sicuramente, la reazione dei vertici Rai nasce per la considerazione del “non detto” che tanto pervade il modo di ragionare corrente dei nostri politici e potrebbe apparire come un disturbo per il “conducente” che, invece, la nostra Costituzione vuole giungere persino a stravolgerla. Parlare della Costituzione quando c’è un Governo intenzionato a farle perdere quella caratteristica fondativa, qual è quella del concetto che la nostra è una Repubblica parlamentare, può essere scomodo e imbarazzante in una Rai sempre più preda dei partiti e del Governo.

In ogni caso, ciò cozza con la grande ovazione spontaneamente levatasi all’arrivo del Presidente. E poi ripetuta per Benigni nelle numerose occasioni in cui egli ha ricordato i passaggi più significativi della nostra Carta che gran parte del Paese, come ha ampiamente dimostrato finora, non intende stravolgere.

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