La non-discussione in atto sulla riforma del sistema elettorale è l’inevitabile conseguenza di una classe politica isolata dal mondo reale della vita sociale, economica, produttiva e culturale del Paese. Le poche e rare uscite di qualche esponente politico sulla riforma, focalizzano l’attenzione sulla necessità di arrivare a una sistema che garantisca la governabilità. Un ritornello che si ripete da 25 anni, ma stabilità di governo se n’è vista ben poca, anche se ogni volta si va a votare con un sistema diverso. Il problema, tuttavia, non è la governabilità, ma la credibilità.

Il sistema politico italiano ha bisogno prima di tutto di recuperare credibilità, la quale è andata via via scemando dalla stagione di Mani pulite in poi. L’ondata di antipolitica che alimenta il senso di disprezzo verso il parlamento e verso i parlamentari è qualcosa di inquietante. Sempre più spesso nelle aule parlamentari volano espressioni che richiamano a quel “bivacco di manipoli” di chi ebbe la tracotanza di rivolgersi all’aula definendola “sorda e grigia”. Bisogna riconoscere che una larga maggioranza degli attuali parlamentari fa ben poco per meritarsi l’onore e la dignità che la carica richiede e impone. Non ultimo l’episodio di un parlamentare che durante la seduta si è rivolto alla propria compagna mostrando l’anello e chiedendole di sposarlo, confondendo l’aula di Montecitorio con gli show televisivi. Ovviamente non mancano le persone serie e rispettabili, ma sono le classiche eccezioni che confermano la regola.

Nelle scorse settimane si è tanto parlato di “taglio” dei parlamentari, affermazione spregevole, pur riconoscendo che una riduzione dei parlamenti possa essere efficace e va incoraggiata. Ma parlare di “taglio” vuol dire trasmettere, in maniera deliberata e pericolosa per la democrazia, l’idea che sono stati tagliati degli sprechi, come fosse una spesa superflua. Questo è un atteggiamento che offende e calpesta prima di tutto la memoria di quanti hanno sacrificato la propria vita per lasciare in eredità la democrazia: dalla Carboneria alla Resistenza, passando per quei magistrati e altre persone perbene uccise perché servitori dello Stato democratico.

Allora una riforma del sistema elettorale deve, prima di tutto, essere finalizzato a ridare dignità al ruolo del parlamentare recuperando il legame con la base elettorale, senza per questo negare il ruolo dei partiti che hanno il compito importante di formulare le candidature. Nello stesso tempo il parlamentare deve prendere coscienza delle proprie responsabilità e deve rendere apertamente conto del proprio operato con il voto palese in tutti i provvedimenti, escluso quando si designano delle persone. Molti parlamentari si sentono, volontariamente o meno, chiamati a legittimare quotidianamente il “capitano” di turno più che a farsi interpreti delle istanze di chi li ha votato.

Ecco perché una vera e seria riforma elettorale può essere fatta solo “insieme” coinvolgendo partiti, movimenti e società civile.

Luigi Ingegneri

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