Stiamo dimenticando, col passare del tempo, una guerra atroce, ingiusta, destabilizzante come quella portata dalla Russia in Ucraina! Le sue notizie sono sempre più declassate. E poi, a pensar bene, una guerra non è diversa dalla altre, sperdute e sparse nel mondo, nessuna è giusta, tutte atroci, tutte, come dice Papa Francesco, facenti parte della “terza guerra mondiale a pezzi”, ma forse questa è la più pericolosa per l’innesco per una guerra atomica. È la prima, per altro, ad essere vissuta fortemente, direi con scandalo, dalle generazioni occidentali da 70 anni in poi.

Certo è che viviamo tuttora in una situazione onirica, lontana dalla realtà ed i primi a mettere questa guerra sotto il tappeto sono i governanti, incapaci di trovare soluzioni adeguate. Cercano di spostare l’attenzione dell’opinione pubblica dal dramma della guerra alle sue conseguenze disastrose economiche-finanziarie (inflazione prorompente, crisi energetica, ecc.), che ci attanagliano, in una situazione pandemica, per nulla risolta, che ha portato i governi a sbagliare i tempi nel cercare un rapido ricupero produttivo.

Siamo tutti frastornati e sofferenti.

Dobbiamo, però, noi e i nostri governanti, andare alle radici dello squasso sistemico, trovare soluzioni alla crisi globale: tutto ciò non inizierà a finire, se non si arriverà ad una pace accettata ed accettabile per tutti, in cui costruire un futuro migliore ed ecosostenibile.

In verità, oggi, solo il Papa parla della guerra con accoratezza e dolore. Si parla di un suo viaggio a Mosca e a Kiev alla radice del problema, ma cosa è necessario fare per il bene comune, al di là di tatticismi ed ipocrisie e con cristiana umiltà.

Partiamo un po’ da lontano. Nei secoli scorsi, mentre Francia, Inghilterra, Spagna, Portogallo e Paesi Bassi colonizzavano terre d’oltremare, gli Zar colonizzavano, invece, le terre, che si trovavano subito al di là dei loro confini: verso la Polonia e i Paesi Baltici ad ovest e ad est verso la Siberia e le aree tartare e turcomanne. Potremmo definire il colonialismo russo “di prossimità”. Questo ha reso più facile una “russificazione” dei territori conquistati (grazie alle deportazioni sia degli Zar che di Stalin), che, però, non ha raggiunto il grado voluto: si è avuto solo un “impero multietnico”.

La “russificazione”, come azione imperialistica, è il fil rouge che pone in diretta successione Putin agli Zar, condizionata, però, dall’azione di Lenin, che nel costruire l’Urss concesse nella costituzione il diritto incondizionato di secessione delle repubbliche confederate. Questo diritto, in età gorbacioviana, fu richiamato dalle repubbliche confederate, proprio, per “evadere” dalla gabbia sovietica.

Nel terzo millennio dell’era cristiana si può considerare l’Ucraina in una posizione particolare più intrinseca alla “Madre Russia” perché essa faceva parte nei secoli scorsi della “trinità slava”: Grande Russia, Piccola Russia (Ucraina) e Russia Bianca (Bielorussia)? Si può comprendere il neoimperialismo onirico di Putin, ma obbiettivamente non condividerlo.

Allora pensiamo alla pace. Per una “pace per resa” ci vuole una sconfitta totale che non gioverebbe a nessuno, contendenti e supporters. Ci vuole una “pace per compromesso”, dato che al momento i belligeranti grossolanamente si equivalgono: la Russia fa fatica ad occupare tutto il Donbass, e comunque, a questo punto, un’eventuale sua occupazione non determinerebbe una sconfitta dell’Ucraina.

Qui si ritrova di nuovo il lavoro accurato del nostro Papa Francesco per una pace edificata sulla giustizia tra le genti di buona volontà. E’ forte e positivo l’indirizzo indipendente che viene dal Science and Ethics of Heppiness Study Group riunito in Vaticano in questi giorni, che propone otto chiari punti di un onorevole compromesso.

In breve si dovrà salvaguardare, con garanzie internazionali, l’indipendenza e la neutralità dell’Ucraina e la possibilità di accordi commerciali per il suo sviluppo (UE), autonomia (federale?) dei territori di Lugansk e Donetsk, forse non necessariamente o non totalmente in Ucraina, ma certo vi deve essere un chiaro accordo russo-ucraino per condividerne le ricchezze di questi territori, così come per l’utilizzo dei porti del Mare di Azov.

A questi vanno aggiunti la rimozione delle sanzioni e una condivisione Occidente-Russia per la ricostruzione.

Infine, da un punto di vista umano, bisognerà stemperare l’isteria antirussa, non solo in Ucraina, che ha portato anche inconsistenti critiche al Papa, ma anche in Occidente, che potrebbe favorire, nel futuro, anche se alquanto lontano, anche l’inclusione dei Russi nell’UE, come soluzione positiva tra Russi ed Occidente, perché solo una intelligente politica inclusiva può evitare i confronti bellici.

Alfonso Barbarisi

 

Pubblicato su Il Mattino e ripreso con l’autorizzazione dell’autore

About Author