La ferocia della guerra in corso allontana qualsiasi altra attenzione e ci interpella seriamente su quanto accade e potrà ancora accadere intorno a noi.

Ci stavamo liberando a fatica, e non senza discordie, della grave crisi sanitaria che per due anni aveva rimesso in discussione la normale convivenza e si è spalancata, nel breve volgere di pochi giorni, una realtà nuova e densa di incognite sul futuro anche più prossimo di tutti.

La ripresa economica e sociale che da noi era in corso si è già fermata, con i prezzi delle materie prime, dei beni durevoli o di consumo, dell’energia che continuano a correre. Già a dicembre era in corso questa tendenza per gli effetti globali della pandemia, ed ora la guerra ha esasperato sia le scarsità che gli aumenti dei prezzi.   Il petrolio ha sfondato la quota di cento dollari al barile e il prezzo del gas è più che quadruplicato rispetto al febbraio dello scorso anno. Il costo del grano è in tensione: siamo già al quaranta per cento in più e così per quasi tutti i costi dell’industria, dei trasporti, del commercio e dell’agricoltura.

E’ormai inevitabile constatare che si sono aperti improvvisamente scenari nuovi: per chi ci governa, per le imprese, per le famiglie e che le conseguenze saranno a cascata: dal PIL all’inflazione, dal debito pubblico alle politiche delle banche centrali, dalla sanità alle politiche sociali.

Tutto ciò ci costringerà a fare scelte rilevanti. La più evidente è convincerci che non sarà più possibile agire da soli.

Come è avvenuto per affrontare la pandemia da virus non basteranno i pur necessari decreti di urgenza e le leggi speciali ma sarà necessario metterci in relazione con gli altri, in particolare con l’Europa che in questi giorni dimostra di avere un’anima e una sorte comune. A cominciare dagli approvvigionamenti per finire inevitabilmente con interventi che si imporranno, fino al punto di immaginare mutamenti dei nostri stili di vita.

Non sarà facile, dopo i lunghi decenni di pace, di crescita sia pure debole ma nel complesso costante, di abitudini, di fiducia nelle possibilità di orizzonti futuri. Altre scelte determinanti appartengono a coloro che sono o saranno chiamati all’azione di governo.

La guerra alle porte di casa e le sue prime conseguenze hanno già fatto venir meno tutto il piccolo cabotaggio delle convenienze, degli opportunismi, delle tattiche e delle baruffe quotidiane tra i partiti per lasciare il posto a poche parole. Sperando che questo sia il segnale di una maggiore consapevolezza delle responsabilità per chi le deve esercitare.

Viene forse il tempo di protagonisti veri nel confronto politico, all’altezza di coloro che furono chiamati all’esperienza della politica negli anni non facili del dopoguerra: il tempo dove pratica e competenza riportino la politica alle vere ragioni che dovrebbero motivarla. Non è un caso che l’idea di una comunità europea si è sbocciata proprio in quegli anni.

Potrebbe essere solo una illusione di queste ore drammatiche che mettono in discussione tutto, ma dentro c’è una speranza ed è quella che anche gli elettori prima o poi faranno valere.

Saranno tali e tanti i problemi da affrontare da lasciar quasi percepire l’esigenza di un nuovo avvio della politica organizzata dai partiti e non solo. Dove ognuno abbia le proprie ambizioni e le proprie speranze ma finisca l’improvvisazione al potere e il consenso diffuso agli uomini senza qualità.

Questo ci dicono le macerie, il dolore e la paura sotto il cielo di Kiev in queste ore.

Guido Puccio

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