Nei punti programmatici in discussione tra M5S e PD non c’è traccia di alcun riferimento ai temi cosiddetti “eticamente sensibili”, a cominciare dall’argomento incombente relativo al “suicidio assistito”, in ordine al quale la Corte Costituzionale ha prescritto tassativamente al Parlamento il termine del prossimo 24 settembre per un pronunciamento legislativo, in carenza del quale la Corte provvederebbe in proprio.
Peraltro, se Di Maio e Zingaretti affrontassero tali questioni – e, prima o poi, dovranno pur farlo, se non come compagine di governo, come singole forze politiche – c’è da ritenere che assumerebbero un indirizzo per nulla sintonico ai nostri orientamenti, in barba ai cattolici pur presenti non solo nei rispettivi elettorati, ma negli stessi gruppi parlamentari.
Quindi, è forse meglio così: che l’eventuale nuovo governo non si impanchi in questioni più grandi di lui, lasciandole, se non altro, al libero confronto parlamentare ed alla autonoma facolta’ di giudizio che ogni parlamentare e’ in diritto di rivendicare a fronte di temi che sono dirimenti per la coscienza di ognuno.
Infatti, quel che si vorrebbe e si dovrebbe condividere concerne, anzitutto, almeno una comune valutazione in ordine al rilievo straordinario delle tematiche di ordine etico che sfidano la politica, in modo inedito e perfino provocatorio, sui temi del “nascere” e del “morire”, cioe’ esattamente su quei nuclei tematici che sono a piu’ forte densita’ antropologica di ogni altro.
E la politica non può fare spallucce. Non si tratta di pronunciare nessun atto di fede: “cattolica” o “laica” che sia, ma intanto di riconoscere che stiamo parlando di argomenti che dovrebbero da tutti essere riconosciuti come il fondamento ultimo, la ratio piu’ radicale ed intima di un costrutto concettuale da cui poi si dipanano a ventaglio – pur restandone sempre contrassegnate – le varie articolazioni di un determinato progetto politico.
Poi ci si può dividere, ma intanto riconosciamo questo dato incontrovertibile e comune: i temi della “vita”, perché di questo parliamo, esercitano necessariamente un formidabile indotto antropologico.
Cioè, a secondo di come li affrontiamo adesso, anche in sede legislativa, ma non solo, inducono – quasi insensibilmente, ma in modo ineluttabile e progressivo attraverso le pratiche correnti autorizzate dalle norme adottate – un’autocomprensione di sé, una concezione piuttosto che l’altra di cosa siano l’uomo ed, appunto, la vita, tali da segnare irreversibilmente quel percorso di comprensione e collocazione di sé dentro il corso della storia che l’umanità non ha mai interrotto.
Insomma, cominciamo ad essere d’accordo sul fatto che tali argomenti non si possono nascondere sotto l’orlo del tappeto, ma, al contrario – per quanto non sia semplice avvertirne immediatamente il nesso – sono dirimenti in ordine al tema stesso della libertà, della democrazia e per gli stessi profili, apparentemente più’ tecnici ed asettici, delle politiche di sviluppo.
Alle forze in campo, dall’una e dall’altra parte, vorremmo intanto trasmettere l’ammonimento che il Cardinal Bassetti ha offerto a noi: i temi dell’ “etica” ed i temi “sociali” non possono andare disgiunti.
Non si può difendere la vita senza promuovere libertà, democrazia, giustizia sociale, eguaglianza delle opportunità per tutti.
Non si possono difendere questi valori se non promuovendo la dignità integrale, il rispetto pieno ed incondizionato della vita, quindi dal concepimento alla sua naturale conclusione.
Domenico Galbiati