Come sentenziò Orazio: “Est modus in rebus”. Detto volgarmente: “C’è modo e modo”.  Cui il sommo poeta aggiungeva: “sunt certi denique fines, Quos ultra citraque nequit consistere rectum”, cioé “v’è una misura nelle cose; vi sono determinati confini, al di là e al di qua dei quali non può esservi il giusto”.

Questo vale anche per la politica. In particolare per la maniera in cui si assume una posizione, che non si esaurisce mai in un mero dato di schieramento, ma è normalmente più ricca di motivazioni, di sfumature, di sottigliezze, spesso sostanziali. Non per  il gusto di essere stucchevolmente leziosi, ma perché qualunque tesi politica vive di luce riflessa delle argomentazioni che la supportano.

E’ il caso del comunicato ufficiale con cui l’UDC si è sfilata dal novero dei possibili “responsabili” o “costruttori” che siano. Posizione non solo ovviamente legittima, ma addirittura ineccepibile in ordine alla vicenda attualmente all’ordine del giorno, cioè la “conta” parlamentare e la fiducia al governo, per una forza che stava e sta all’opposizione dell’esecutivo intrappolato nella crisi imposta da Matteo Renzi, contro ogni ragionevole prudenza.

Non sta, dunque, qui il punto, almeno per quel che ci preme sottolineare in questo frangente. Se mai, la presa di posizione dell’on. Cesa e del suo partito merita di essere commentata relativamente al cosiddetto processo di superamento della “diaspora” dei cattolici, per quanto ci rendiamo conto che un tale versante tematico andrebbe posposto ai ben più stringenti argomenti del momento, a cominciare sì dalla crisi, ma ancor più e ben prima dalla pandemia sanitaria ed economica, dalle centinaia di famiglie quotidianamente gettate nel lutto.

Ad ogni modo, l’ UDC afferma con ruvida fermezza di voler permanere a tutti gli effetti nel centro-destra. Ovviamente, ribadita in un momento del genere – e non in un frangente elettorale, dove sarebbe più facilmente comprensibile nella contingente opportunità del momento – una tale presa di posizione assume un particolare valore identitario, la solennità di un giuramento di Pontida.

Tutto ciò a maggior ragione, ove si consideri che, nel medesimo comunicato, l’UDC afferma di non voler vendere i propri valori, che si iscrivono, almeno originariamente, nella tradizione cattolico-democratica e popolare – sia pure secondo i modi della sua articolazione che data dalla metà degli anni ’90 – tuttora attestata dalla militanza nell’UDC di autorevoli esponenti del mondo cattolico, ad esempio, l’on. Paola Binetti , protagonista di importanti battaglie. Pare, dunque, che se ne possa dedurre , almeno secondo l’UDC, che il centro-destra – l’attuale centro-destra – sarebbe ambiente adatto a difendere e promuovere tali valori.

Se vogliamo, si può comprendere – e, comunque, è successo – che, nel momento in cui implode Democrazia Cristiana, si siano sparse schegge per ogni dove ed, in ogni caso, il centro-destra di allora , se non altro, rivendicava, almeno a parole, anche una vocazione cattolica-liberale. Ma con la destra a trazione antieuropea e sovranista, i cattolici cosa hanno a che vedere? E con la strategia dei respingimenti in mare, cosa c’entra la vocazione di solidarietà della cultura cattolica?

Senonché, se la memoria non tradisce, anche l’UDC e suoi autorevoli esponenti era ed è tra i protagonisti di  quella  tentata “ricomposizione” – nelle forme di una federazione di ex-democratici cristiani – che ha celebrato i suoi fasti nel convegno di Saint Vincent dello scorso autunno.

Atteso che la precondizione di un simile processo non può che essere, come per parte nostra affermiamo da tempo, una vera, piena, convinta, coraggiosa autonomia dei cattolici sia dalla destra che dalla sinistra – dopo quasi trent’anni di soggezione, all’ uno o all’altro dei due schieramenti dell’Italia bipolare – oggi siamo ad una grave passo indietro o addirittura alla rivelazione che, fin dalla sua prima origine, la “ricomposizione” di  cui sopra è sempre stata concepita  in questi termini, cioè  come una riedizione, perfino più strutturata, della subordinazione dei cattolici ad una destra, oggi a trazione salviniana?

Domenico Galbiati

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