Se la brava Maria Teresa Meli ha riportato fedelmente la cronaca dell’incontro tra il Presidente Conte e la delegazione del partito di “Italia Viva” (Corriere della Sera, 23 dicembre, pag.2) essendo difficile dubitare che si sia comportata diversamente, c’è da temere seriamente sulla effettiva capacità di guida del nostro governo.

La cronaca è nota: Conte chiede un chiarimento ai renziani sul Recovery Fund, quasi che le critiche degli ultimi giorni si limitassero a ritocchi e non invece alla esigenza che a governarlo debbano essere governo e ministri come prevede la Costituzione. La onorevole Maria Elena Boschi risponde che l’incontro riguarda la legge di bilancio dello Stato in discussione alla Camera e preannuncia un contributo del suo gruppo solo nel giro di due-tre giorni in quanto l’ultima bozza era stata appena trasmessa. E qui già affiora l’incredibile vicenda del mese di ritardo nella presentazione del bilancio, quasi si trattasse di convertire in legge un decreto sulla carie bovina negli allevamenti in Val Padana.

Ma l’ineffabile presidente, alla stregua di un capotreno al quale si chiede una sosta non prevista, reagisce paventando il rischio di “arrivare in ritardo”. Ha buon gioco la parlamentare renziana a replicare che un emendamento alla legge di bilancio è stato trasmesso ai parlamentari alle due di notte, e induce Conte a precisare che “non si trattava di un emendamento”.

A questo punto entra in gioco la ministra Bellavia che rivendica energicamente di ben conoscere che cosa sia un emendamento e conclude che se il presidente non lo sa “vuol dire che questo è un governo non inutile ma pericoloso”.

Il presidente è nell’angolo, e il ministro Gualtieri che pure lo assiste, non può esimersi dall’ammettere che quello trasmesso alle due di notte era effettivamente un emendamento.

Dopo altre imbarazzanti precisazioni su documenti letti o non letti, il presidente insiste sulla sua proposta di gestione del Recovery Fund con la ragione “che ce lo chiede l’Europa” prestando un’altra volta il fianco alla Boschi che non perde l’occasione per un altro fendente: “ ti vorrei ricordare che prima dell’Europa c’è la Costituzione”.

Che dire di questo non certo edificante episodio di cronaca romana?

Non solo quello che già si sapeva sui normali rapporti dentro la maggioranza. E’ il mancato rispetto delle regole, il ritardo nella presentazione della legge di bilancio e dei progetti per l’accesso ai fondi europei che assumono profili non certo edificanti sulla attività di governo.

Quello che ancora una volta emerge dalla cronaca richiama una vecchia regola della politica che ci insegnavano veri uomini delle istituzioni: non ci si improvvisa uomini ai vertici delle strutture dello Stato e quando ciò accade prima o poi mette inesorabilmente a nudo i limiti fino a sfilacciare la stessa immagine di governo.

Siamo tutti convinti che non ci sono alternative a questa maggioranza e che non è possibile tornare alle urne perdurando l’emergenza sanitaria e in carenza di una legge elettorale adeguata alla avvenuta riduzione del numero dei parlamentari. Ma da qui a sopportare tutto ce ne corre.

Come è possibile immaginare gli scenari che ci attendono: dal milione di posti di lavoro a rischio, alla struttura produttiva del Paese da rilanciare; dal sistema sanitario da integrare dalle unità territoriali per le vaccinazioni di massa, alla scuola da ricostituire addirittura dalla accessibilità; dal turismo da rifare dopo la catastrofe, al fabbisogno del Tesoro di trecento miliardi. Tutto ciò con una struttura di governo così precaria.

L’anno che verrà infatti sarà duro e complesso. Non certo quello evocato dalla indimenticabile canzone di Lucio Dalla.

Guido Puccio

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