Ridurre gli stock cumulati, convincendo i Paesi ‘virtuosi’, è possibile.

Mentre le elezioni europee si avvicinano l’intera Eurozona, nonostante lievi segni di ripresa della crescita, soffre il problema della mancanza di piena occupazione e ancor più quello della carenza in molti casi di un lavoro degno, segnalato dalla crescita dei lavoratori poveri e del part-time involontario. Sono questi gli elementi che alimentano rabbia e malcontento producendo spinte centrifughe e aumentando il rischio di disgregazione. Per contrastare chi dà risposte velleitarie e pericolose alla rabbia di molti è arrivato il momento di scelte importanti per il rilancio dell’Unione Europea. Occorre rilanciare investimenti e occupazione. Le ricette possono essere svariate ma forse è il momento di affrontare un nodo strutturale che affligge tutti: lo stock dei debiti pubblici cumulati. Il problema c’è per tutti ma per il nostro Paese appare particolarmente grave poiché, anche con i dati leggermente migliori del primo trimestre 2019, la crescita nominale del Pil (crescita più inflazione) è inferiore al costo del debito facendo dunque permanere la condizione di ulteriore peggioramento del problema.

Sono molte le proposte che sono state messe sul tavolo in questi anni per alleviare il peso del debito. Tra di esse il piano Wyplosz (uno dei punti che introducemmo dell’appello dei 350 professori per la riforma dell’Europa pubblicato su‘Avvenire’), la proposta avanzata da Prodi e Quadrio Curzio e un’altra di una commissione di esperti internazionali tra i quali il collega Marco Pagano. Come sappiamo il livello di fiducia tra Paesi membri non è al momento tale da rendere politicamente sostenibili proposte che implichino una condivisione dei rischi (neanche sulla base di roadmap condivise che convincano i partner della reciproca affidabilità). Il problema della fiducia tra Stati è di soluzione più difficile di quello della fiducia tra individui perché un atto di lungimiranza (concessione di fiducia) del leader di un Paese esporrebbe lo stesso al ‘fuoco amico’ del fronte interno che lo accuserebbe di aver venduto gli interessi del proprio Paese allo straniero. Per questo dobbiamo considerare come praticabili solo quelle proposte che non implicano una condivisione del rischio.

Il paradosso che però sembra sfuggire ai nostri partner nell’eurozona è che se non si sceglie alcuna proposta (anche quelle che non implicano condivisione del rischio) e si continua a procedere come oggi, ci sarà un’implicita condivisione di rischi sempre maggiori man mano che gli squilibri e le asimmetrie aumentano, la situazione dei Paesi ad alto debito peggiora e il rischio di ‘exit’ di un grande Paese come l’Italia, rovinoso per tutti, aumenta. Ecco perché adottare una delle proposte di riduzione dello stock di debito che non implicano condivisione dei rischi è vantaggioso anche per i Paesipiù ‘virtuosi’.Ridurre in modo sostanziale gli stock dei debiti pubblici potrebbe essere decisivoper rinforzare il processo europeo e liberare risorse per il welfare rendendo l’Europa più amica dei cittadini. Oltre a significare un immenso passo avanti di politica solidale. Non è un’utopia, in realtà da anni se ne parla seppur a bassa voce ipotizzando vari strumenti di ingegneria finanziaria. E proprio ‘Avvenire’ di recente ha dato notizia di un progetto studiato da quattro economisti della Banca d’Italia (Marika Cioffi, Pietro Rizza, Marzia Romanelli e Pietro Tommasino). Si tratterebbe di un Fondo che aiuterebbe i governi nazionali a gestire gli eccessi di debito oltre i limiti fisiologici. Il gruppo di studio ha immaginato un meccanismo che consentirebbe di non far gravare su altri Stati parte del nostro debito. Il Fondo potrebbe farsi carico di una quota di debito in percentuali diverse a seconda del Pil di ogni Paese finanziando l’operazione per la quota di ciascun Paese con i proventi da signoraggio di quel Paese stesso. Senza entrare nei sofisticati meccanismi, il risultato sarebbe una drastica riduzione del rapporto tra debito pubblico e Pil – ad esempio l’Italia lo riporterebbe attorno al 60% – generando quindi minori interessi su bilancio. E questo significherebbe avere a disposizione una grande liquidità per finanziare il rilancio del Paese uscendo dalle asfittiche manovre di bilancioattuali.Una operazione che metterebbe inoltre al riparo dai capricci dei mercati. In questo contesto di carestia, questa operazione sarebbe ‘win-win’, ovvero conveniente per tutti. Le forze europeiste che si presentano alle prossime elezioni di fine Maggio hanno bisogno di argomenti forti per convincere cittadini ed elettori di non pensare solo alleélitesma di tenere in giusto conto e dare risposte efficaci alle loro istanze. La proposta di intervento sul debito è una di queste.

Leonardo Becchetti   Alberto Mattioli

Foto utilizzata: Shutterstock

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