La notizia, passata quasi sotto silenzio in Italia, è che la Commissione Europea sta lavorando per lanciare a breve un “Action Plan for Social Economy” che sarà determinante per la programmazione comunitaria 2021-2027. In sostanza l’Europa ha capito che per uscire dalla crisi procurata dalla pandemia il contributo dell’economia sociale e del Terzo Settore è fondamentale, e quindi qui bisogna investire. Non si può infatti correre il rischio che dopo la crisi sanitaria ed economica arrivi anche una crisi sociale, con conseguenze potenzialmente devastanti, e quindi occorre mettere in campo tutte le risorse a disposizione. E proprio per questo non si può ignorare il mondo non profit. Tutti abbiamo infatti visto il contributo che il Terzo Settore e l’economia sociale hanno dato nei mesi dell’emergenza sanitaria: le reti sociali (associazionismo, volontariato, imprese e cooperative sociali ecc.) si sono dimostrate in Italia flessibili e capaci di rispondere ai bisogni di tante persone in difficoltà durante i momenti più duri dei mesi scorsi. Da più parti è stato detto che è stata la parte migliore dell’Italia che ha salvato l’Italia.
Tuttavia, mentre L’Europa si è resa conto che il Terzo Settore e l’economia sociale non profit devono essere considerate un pezzo fondamentale per il rilancio e ha agito di conseguenza, il nostro Paese sembra essere in ritardo su questo fronte. Per questo anche l’Italia deve seguire la Commissione Europea: si deve dotare di un Action Plan nazionale per rendere possibile e concreto il contributo dell’economia sociale non profit al rinnovamento del nostro Paese. In questo senso è stata sicuramente lodevole l’iniziativa dell’Istituto EURICSE (European Research Institute on Cooperative and Social Enterprises) che ha scritto una lettera aperta, sottoscritta da oltre 200 esponenti della società civile, al Presidente del Consiglio Conte ( CLICCA QUI ) . Ma questa al momento non ha avuto seguito. Eppure l’economia sociale non profit proprio per la sua capacità di ripensarsi per ricominciare, può essere capace di costruire sviluppo economico, sociale e occupazionale stabile. Non a caso, secondo i dati ISTAT, il non profit è l’unico settore che è cresciuto durante e dopo la grande crisi economico finanziaria del 2008.
A ben vedere nel programma di aiuti straordinario europeo Next Generation EU ci sarebbe un’altra opportunità: l’azione ‘REACT EU’, che vale circa 55 miliardi di euro, è pensata per rafforzare la coesione sociale e comprende anche l’economia sociale. In questa e in altri programmi di azioni, tra l’altro, non ci sono limitazioni d’accesso legati alla forma giuridica, un fatto che mette sullo stesso piano le organizzazioni dell’economia sociale non profit e e le imprese profit “tradizionali”. L’Europa, quindi, c’è. L’Italia invece manca all’appello. Da noi si parla tanto e bene del Terzo Settore, ma le istituzioni stentano a riconoscere concretamente il suo ruolo fondamentale. Adesso il Governo è chiamato in causa: cambi passo, faccia la sua parte mettendo mano a un piano di rilancio dell’ economia sociale non profit destinandogli una parte importante degli investimenti dei prossimi mesi. Per ripartire non basteranno risorse economiche abbondanti, vedi il Recovery Fund, se non si partirà dai soggetti che hanno già dimostrato di essere in grado di utilizzarle per il bene di tutti.
di Gian Paolo Gualaccini
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