Ha fatto bene Enrico Letta a tirare  un sasso in piccionaia. Ha avanzato una proposta che, in ogni caso, ha il merito di segnalare l’urgenza, l’indifferibile necessità, non opinabile, strutturale, oggettiva, di provvedimenti che vadano verso obiettivi di giustizia sociale, verso condizioni di equità oggi gravemente compromesse. Solo un segnale, ma necessario. Che, a suo modo, consente di capire, di auscultare il respiro del Paese, delle forze, dei poteri che vi si agitano.

Ci sono diseguaglianze francamente inaccettabili dal punto di vista etico e pericolose per la stessa tenuta del nostro ordinamento democratico. Squilibri che lasciati proliferare, perfino dopo la devastante esperienza della pandemia, sarebbero destinati a metastatizzare  nel corpo sociale come un tumore capace di aggredire anche la nostra condizione di libertà.

Possiamo parlarne ? La provocazione di Letta non meritava la stroncatura di Draghi. “Quieta non movere”? E’ un criterio di governo all’altezza delle aspettative appuntate sull’attuale esecutivo? Il punto è serio e non eludibile: come sosteniamo le generazioni che intendono affacciarsi ad un ruolo attivo nel contesto produttivo del nostro Paese?

La proposta del segretario PD  ha ovviamente un  limite:  è del tutto parziale e si presta ad essere elusa con il facile argomento che la riforma del fisco è ”ben altro”. Ed è vero. E,  dunque, diamoci da fare.

Dalla cornucopia dello stellone d’Italia traboccano miliardi. Spenderli tutti, spenderli in fretta, spenderli bene. E’ importante. Ma basta ? Non è solo questione di “dané”, come si chiamano a Milano, nel dialetto meneghino caro alla Lega. E’ questione di un orientamento di fondo, che, addirittura, precede le riforme. Ed in carenza del quale le riforme si risolverebbero in un carosello di buone intenzioni. Da rinviare ad una prossima occasione. Intanto, l’Europa cacci i soldi. Poi si vedrà. Ma ci sarebbe una prossima occasione?

Il fisco e la concorrenza, la giustizia e la pubblica amministrazione: tutto si tiene, purché tutto si attenga ad un indirizzo di equità da ristabilire. La prima riforma è rincuorare gli italiani. Che avvertano come, pur nelle differenze di censo che nessun piatto egualitarismo demagogico immagina di azzerare, c’è da parte di tutti uno sforzo, una fatica comune. E’ da qui che Draghi potrà evincere se gli tocchi guidare un governo di emergenza e di salute pubblica oppure un governo cui sappia dare un effettivo respiro di unità nazionale.

Valuteremo da qui la sua virtù.

About Author