Leggendo le cronache di questi giorni ed ascoltando tutti i dibattiti televisivi, una cosa risulta evidente e su di essa esiste un comune consenso espresso sia da tutti i partiti politici sia dai vari commentatori: con una burocrazia come quella italiana non si va da nessuna parte ed ogni provvedimento preso dal Governo, anche se di importantissima entità, rischia di avere solo un modesto impatto sulle cose di ogni giorno.

Insomma urge una importante riforma della burocrazia !

Sinceramente non mi pare una importante novità, da quello che mi ricordo il primo a provarci fu circa 25 anni Sabino Cassese, delle cui competenze non si può certo dubitare.

Poi nel tempo tante forze politiche hanno cavalcato questo tema, da ultimo i 5 Stelle, ricordate le 100 leggi da abrogare ?

Risultati zero, anzi anche peggio, si peggiora ogni giorno e l’ultimo DPCM del Governo ne è la più evidente dimostrazione, con rimando a Regi Decreti di 100 anni fa.

Allora si deve rinunciare, il sistema è irriformabile?

Io credo di si, anzi credo di no, credo esista una via per risolvere il problema, anche in breve tempo.

Ma se non c’è riuscito Sabino Cassese, che ne sapeva tanto, come  posso riuscire io a trovare una soluzione?

Un po’ di esperienza pratica in realtà me la sono fatta, amministrando  realtà economiche private, ma anche  Enti particolari, come una Fondazione bancaria o Società pubbliche come Hera.

Partendo da quest’ultima, ad esempio, come ha fatto una modesta società come Seabo a moltiplicarsi per 100 e, cosa non trascurabile, a creare per il Comune di Bologna  tra dividendi , vendite, diritti di concessione, aumenti di valore, qualche cosa che assomiglia a un Miliardo di Euro?

Quella che presenterò è una evidente semplificazione, le cose fatte sono diverse, ma una è la più importante: è stato buttato via il librone del Diritto Amministrativo, quello che disciplina la burocrazia pubblica, e se ne è comperato uno nuovo quello del Diritto Civile, che disciplina le relazioni tra privati.

Gli ambiti di intervento della vecchia Seabo sono rimasti tutti, ma la mentalità, le regole di funzionamento, sono diventate quelle di una normale SPA con azionisti sia pubblici che privati , con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.

É peggiorata la qualità dei servizi, sono stati licenziati dei dipendenti, è calato l’impatto sull’economia del territorio?

No, anzi il contrario.

Un altro esempio vissuto è stato il Progetto Anziani della Fondazione del Monte: circa 1000 anziani assistiti in assistenza domiciliare con un costo di circa 5 volte inferiore a quello delle ex IPAB pubbliche ora ASP .

Il segreto: semplice , l’uso di contrattualistica e mentalità di gestione privatistica.

Quale è la proposta che quindi intendo fare?

Non una riforma della burocrazia statale, regionale o comunale , ma un’uscita del Pubblico da molti settori, attuando quanto disciplinato dalla  Costituzione nell’art 118, la Sussidiarietà, che recita: Stato, Regioni, Città Metropolitane, Provincie e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli ed associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.

Nessuna nuova legge, nessuna riforma, ma solo un cambio di mentalità.

Prendiamo a titolo di esempio  il nostro welfare, l’unico elemento in grado di garantire una importante redistribuzione della ricchezza nazionale e garantire una parziale giustizia sociale.

Occorrerà   innovarlo e renderlo non efficiente, ciò è a dire che rispetta le migliori regole della burocrazia, ma  efficace, il che significa che diventa in grado di realizzare gli obbiettivi per cui è stato creato.

Occorrerà scrivere le regole con le quali il pubblico potrà controllare, sul modello dei Trust anglosassoni, e relegare la politica ad un ruolo di programmazione, controllo e redistribuzione risorse e anche, se occorre , di fornitura di equity, ma non più di gestione .

Le analisi e le discussioni sarebbero ampie, ma lo scopo di questo mio breve spunto è uno solo: dichiarare che la burocrazia è irriformabile, ogni tentativo risulterebbe vano, per riformare lo Stato occorre tentare altre vie!

L’unica via per riformare lo Stato è quella di fare si che lo Stato stesso non gestisca più , che esca dall’operatività in molti settori, i quali invece dallo Stato stesso dovranno essere solo programmati e finanziati secondo quanto disposto dall’art 118 delle nostra Costituzione.

Stefano Aldrovandi

 

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