In Italia sino al 1993 vigeva una legge elettorale con sistema proporzionale. Con l’approvazione di quella maggioritaria si crearono i due poli, con l’intento di fare nascere  un sistema politico bipolare. E’ stato un grave errore, perché in Italia non si è mai creata una coscienza politica coesa, ma la storia del paese è sempre stata divisa da diverse fazioni, sia per il dominio subito, sia per il fatto che l’unità del Paese è stata voluta da Cavour, senza una larga volontà popolare.

In effetti, l’unificazione del Paese ha portato un netto distacco delle regioni del nord a discapito di quelle del sud. La richiamata “ Questione Meridionale”  non è mai stata risolta, proprio perché la distribuzione dei seggi in Parlamento ha sempre favorito una maggioranza delle regioni settentrionali. Basta ricordare che dopo il 1860, il Sud contava poco e incideva quasi nulla sulle scelte politiche dei governi di quel tempo. Questo ha comportato che, nel tempo e durante tutto il secolo scorso, il Sud non ha colmato la disparità economica con il Nord, per via della poco incisività della rappresentanza politica in parlamento.

La nascita del maggioritario non poteva fare confluire l’elettorato in due blocchi senza che ci fosse una cultura e un sistema  politico basato su due partiti ben definiti. Inoltre, sono state approvate diverse leggi elettorali che hanno modificato quella precedente senza, però, dare il giusto senso alla democrazia rappresentativa.

Ricordo di seguito le leggi elettorali succedutesi nel tempo  in Italia: dall’Unità d’Italia fino al 1882 fu adottato un sistema maggioritario a doppio turno con un quorum previsto di un terzo degli elettori ed eventuale ballottaggio tra i primi due candidati. (legge 17 marzo 1848, n. 680).

Con il T.U. 24 settembre 1882 n. 999 fu introdotto lo scrutinio di lista in collegi plurinominali di 2, 3, 4 o 5 seggi. Mentre nei primi tre casi il numero dei voti esprimibili era pari a quello dei seggi, nei collegi da 5 erano possibili solo 4 preferenze. Tra il 1891 ed il 1919 venne reintrodotto il sistema maggioritario a doppio turno (legge 5 maggio 1891, n. 210). Con la legge 15 agosto 1919 n. 1401 fu adottato un sistema proporzionale basato sul metodo D’Hondt.

Nel periodo fascista la legge Acerbo del 1923 introdusse un premio di maggioranza: al partito che avesse ottenuto almeno il 25% dei voti sarebbero stati assegnati i due terzi dei seggi. Nel 1925 si tornò al collegio uninominale, mentre nel 1928 (T.U. 2 settembre 1928, n. 1993) fu introdotto il sistema plebiscitario della lista unica, con tanti candidati quanti erano i seggi da occupare, che lasciava agli elettori l’unica scelta se approvarla o respingerla in blocco.

Nell’Italia repubblicana si optò per un sistema proporzionale, con modalità differenti per i due rami del Parlamento. Alla Camera veniva applicata la formula del quoziente Imperiali. Invece, il sistema per il Senato era formalmente maggioritario, in quanto per essere eletti nei collegi uninominali occorreva raggiungere il 65% dei voti, ma, poiché difficilmente questa elevata soglia poteva essere superata, di fatto era proporzionale, su base circoscrizionale regionale con la formula d’Hondt.

A parte la breve esperienza della cosiddetta “legge truffa” alle elezioni del 1953, che prevedeva un premio di maggioranza, solo alla Camera dei deputati, per la coalizione che avesse ottenuto la maggioranza assoluta dei voti, il sistema elettorale rimase sostanzialmente invariato fino  agli anni Novanta.

Sulla scia dei referendum del 1991 (abolizione della preferenza multipla) e del 1993 (abrogazione della legge elettorale del Senato nella parte relativa al quorum del 65%) si pervenne alla riforma adottata con le due leggi 4 agosto 1993, n. 276 e n. 277 che introdussero un sistema misto (cosiddetto “Mattarellum”): il 75% dei senatori e dei deputati veniva eletto, nell’ambito di collegi uninominali, a maggioranza relativa dei voti a turno unico (plurality); il restante 25%, seppure con alcune modalità differenti tra le due Camere, veniva eletto con sistema proporzionale, con la formula del quoziente naturale e dei maggiori resti. Per la Camera l’elettore aveva a disposizione due schede, una per la parte maggioritaria, l’altra per la proporzionale; per il Senato il voto era espresso in un’unica scheda.

Con la legge 21 dicembre 2005, n. 270, (legge Calderoli), è stato adottato un sistema proporzionale, caratterizzato da soglia di sbarramento e premio di maggioranza.

Per l’elezione della Camera il territorio nazionale è suddiviso in 26 circoscrizioni: ciascuna delle sei Regioni più popolose ha due circoscrizioni (Piemonte, Veneto, Lazio, Campania e Sicilia) o tre (Lombardia), mentre a tutte le altre ne corrisponde una. A ciascuna circoscrizione è assegnato un certo numero di seggi, in base alla popolazione residente secondo i dati dell’ultimo censimento nazionale, giusto il disposto dell’art. 56 della Costituzione.

L’ampiezza delle circoscrizioni varia da un seggio (Valle d’Aosta) a 44 (Puglia). Bisogna sottolineare che, in realtà, la ripartizione dei seggi avviene a livello nazionale, come sarà spiegato meglio in seguito. Pertanto, è come se esistesse un collegio unico nazionale, elemento che comporta la più ampia proporzionalità del sistema.

Alle circoscrizioni regionali si aggiunge la circoscrizione Estero, suddivisa in 4 ripartizioni, a cui sono attribuiti in totale 12 seggi. In questo momento si discute tra le forze politiche, una possibile nuova legge elettorale, ma le stesse sono in perenne conflitto, perché il ragionamento di base è impostato sulla funzionalità ad ogni forza politica.

Allora, è necessario ribadire un concetto elementare, ma importante ai fini dell’approvazione di una nuova legge elettorale. Il sistema proporzionale è da preferire perché tutela i cittadini nella rappresentanza in Parlamento, mentre il sistema maggioritario non tutela i cittadini, perché chi perde non viene rappresentato alla Camera o al Senato. Ciò a discapito del principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione. Inoltre, si deve ribadire la contraddizione in termini di alcune forza politiche che sono favorevoli alla legge elettorale proporzionale, ma vogliono il taglio dei parlamentari, dunque, una minore rappresentanza in parlamento. Tutto ciò è davvero contraddittorio perché non si può condividere un sistema che si contraddice.

A mio giudizio va approvata una legge su sistema proporzionale,  senza la riduzione dei parlamentari per mantenere la rappresentanza dei territori nel Parlamento.

Domenico Cutrona

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