Gli eventi di quest’estate confermano che la NATO è in crisi di identità: da un lato, continua a contrapporsi alla Russia che, oggettivamente, non è più il minaccioso bastione del totalitarismo comunista del XX secolo, bensì una nazione che punta ad essere la terza superpotenza mondiale, dall’altro, non riesce più ad unire i paesi membri.

L’alleanza che fidelizza le nazioni nell’orbita di Washington non basta più ed ecco quindi che nel bacino mediterraneo ci si scontra e (quasi) ci si combatte tra alleati. L’esuberanza turca (eufemismo) ha il merito di mostrare quanto gli “Alleati” NATO siano tali: greci e francesi sono coalizzati contro i turchi tanto in Libia (dove appoggiano Haftar) quanto nelle acque che separano gli eredi di Bisanzio da quelli della Sublime Porta.

Tutti sono alleati e tutti si dicono amici (vassalli?) di Washington senza per questo esitare a giocare di sponda con Mosca (il teorico nemico comune) per avvantaggiarsi nel Mediterraneo o in altri quadranti strategici aprendo così autostrade che portano la Russia a potersi inserire nelle aree più disparate vanificando gli sforzi di USA e paesi dell’est di mettere l’orso russo in “quarantena”.

Le vicende libico-mediterranee e le tensioni bielorusse sono un chiaro sintomo di mancanza di obiettivi comuni e dell’obsolescenza dell’Alleanza Atlantica che, secondo le parole attribuite al suo primo segretario, nasceva per “tenere dentro gli americani, fuori i russi e sotto i tedeschi”. Tutte idee non più attuali: la Germania primeggia in Europa, la Russia privata dei suoi satelliti è lontana e non tenta l’ingresso in Europa e gli USA non sono così sicuri di stare dentro a un posto “pieno di un mucchio di gente costosa e con progetti di benessere tali da poter arrestare la terra sul suo asse di rotazione”.

In tutto ciò l’Italia continua a professarsi (necessariamente) atlantica e filo americana senza per questo essere tutelata né nelle contese con paesi non membri (caso marò in India docet) né dalle iniziative dei nostri alleati più prossimi e scomodi. Senza fare nomi Francia, Uk, Germania, Turchia che, per un motivo o per l’altro, si pongono in rotta di collisione con gli interessi del Bel Paese comportandosi da veri antagonisti: ricordiamo nell’ordine la crisi libica, le schermaglie sullo sfruttamento dei giacimenti nel mediterraneo orientale, i dissidi sui migranti e sul controllo dei flussi migratori ecc.

Insomma, la NATO rischia di apparire più una lega elitaria piuttosto che un vero strumento di difesa e, per questo, la nostra nazione dovrebbe pensare a emulare i competitor e varare una strategia di contatti bilaterali o multilaterali con partner sapientemente individuati. Il nostro paese credo debba pensare a una politica estera al passo coi tempi, che faccia evolvere la logica dell’appartenenza all’Alleanza Atlantica come garanzia ultima di tutela.

Lo stesso ragionamento deve purtroppo essere applicato anche all’ambito comunitario europeo che, come visto anche in occasione della crisi Covid (penso soprattutto ai sequestri di forniture mediche operate dai vari paesi a danno di altri paesi membri), si dimostra sempre più come un ritrovo di opportunisti piuttosto che come uno spazio comune di condivisione e crescita.

Per questo motivo ritengo quanto mai urgente uscire dall’atlantismo e dall’europeismo di maniera che in questi anni sono stati usati come comodi “jolly” sia per evitare di impegnarsi in una seria riflessione politica e culturale che indirizzi concretamente la politica internazionale del paese, sia per avere una comoda giustificazione a fronte di ogni scelta o non-scelta operata in ambito internazionale.

Ovviamente, quando parlo di superamento dell’atlantismo e dell’europeismo non sto suggerendo una sciocca quanto improbabile “fuga” da NATO e UE, come qualche urlatore da talk show, talvolta, suggerisce, bensì propongo una visione disincantata e pragmatica della realtà dei rapporti internazionali. Lo scopo ultimo dell’operazione dovrebbe essere quindi l’ottenimento di un nuovo slancio che consenta di sopperire alle palesi carenze di NATO e UE nella tutela del nostro paese nelle diatribe internazionali riuscendo a costruire una rete di rapporti con singoli stati o piccoli gruppi di stati che ci consentano di essere tutelati nell’agone politico mondiale e che possano al contempo portare al rilancio dell’Italia nel ruolo di paese del dialogo che nei lunghi anni della guerra fredda i nostri ministri avevano saputo costruire.

Mattia Molteni

 

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