La storia dell’Uomo, piaccia o non piaccia, dagli albori fino alla fine del XIX secolo, all’interno della Civiltà occidentale, in tema di rapporti tra i due sessi, Uomo e Donna, ha evidenziato un orientamento lineare, basato su ruoli definiti, accettati, condivisi;

chiari i ruoli dell’Uomo: difendere, procurare, combattere per ottenere, garantire, programmare;

chiari i ruoli della Donna: custodire, aspettare, allevare, educare, accogliere, accompagnare.

Poiché oggi nessuno, all’interno della Civiltà Occidentale, si riconoscerebbe in una siffatta definizione dei ruoli, si deve indagare cosa sia successo, le cause di ciò che è successo, gli effetti di ciò che è successo ed ancora quanto potrebbe e dovrebbe succedere.

Non era mai stato messo in forse che l’esistenza dell’Uomo, nella modalità di Maschio e di Femmina fosse ordinata alla procreazione; la certezza di fondo che l’Uomo esistesse come Maschio e Femmina, che la trasmissione della vita fosse stata e sia compito assegnato all’Uomo.

Siamo all’interno di una Rivoluzione culturale\etica\sociale\istituzionale. C’è chi attribuisce lo “scoccare della scintilla del cambiamento” alla Rivoluzione Industriale ed al lavoro femminile in fabbrica. C’è chi lo attribuisce ai risultati degli studi sulla fecondità femminile del Dottor Ogino-Knaus. Chi scrive ritiene che, pur attribuendo alle due cause di cui sopra fondamentale importanza, nessuna delle due ha causato la rottura\cambiamento epocale attualmente in atto.

Una rottura dirompente, ad avviso di chi scrive, è avvenuta, invece, a partire dal 1951, data della scoperta della Pillola anticoncezionale in un laboratorio messicano, realizzando una possibile separazione dei termini Affettività, Sessualità, Generatività, fino a quel momento, nella generalità dei casi, sociologicamente e funzionalmente collegati.

La rottura di cui si scrive ha comportato che la Donna non si senta più appartenente all’Uomo, che si siano spezzate le catene della subordinanza, che le donne ritengano di potersi autodeterminare e di essere capaci di esercitare il Potere nelle stesse modalità degli uomini. Questa rottura sembra derivare dalla constatazione che tutte le forme di affettività, di sessualità, di generatività, separate le une dalle altre, possono essere pensate giuridicamente e sociologicamente in modalità indipendente. Se la affettività\sessualità potesse essere pensata separata dalla generatività, allora anche quest’ultima potrà essere pensata senza affettuosità\sessualità e con tutte le modalità che capiterà di pensare. Se l’essere umano potrà nascere non solo più per generazione\effetto dell’affettività\fecondità, allora la nascita non sarà più solo un dono della affettuosità\sessualità ma anche un “prodotto pianificato del fare di un singolo”, maschio o femmina che sia.

Chi considera positivamente questa evoluzione del pensiero deve accogliere e valorizzare le conseguenze positive; chi considera, anche in parte, negativamente questa evoluzione del pensiero, deve tentare di contrastare le conseguenze negative.

Tra le prime: la consapevolezza degli esseri umani di sesso femminile che essere subalterne a quelli di sesso maschile, come previsto dalla precedente distribuzione di ruoli,  non deriva da alcun fatto naturale e, quindi, di potere ambire ad una competizione per ricoprire i ruoli a loro vedere più gratificanti; la consapevolezza che il sesso non attribuisce ruoli, ma che gli esseri umani di sesso femminile li possono ricoprire tutti, possono scalare tutti i gradini di tutte le scale, possono competere per il raggiungimento di qualunque traguardo in qualsiasi consesso o competizione. Basta progettarlo, sviluppare capacità e competenze idonee e volerlo fortemente. La prova provata: la “candidatura” ipotizzata per la brava ministra Marta Cartabia, con un curriculum eccellente, alla posizione di Presidente della Repubblica.

Emerge la consapevolezza di poter interloquire, per quanto se ne sia, per cultura, capaci con i propri dirimpettai di sesso maschile, da pari a pari e mai più in situazioni di subalternatività. Traguardo sociologicamente sostanzialmente acquisito, soprattutto negli strati più acculturati delle Società della Civiltà occidentale.

Tra le conseguenze negative: non era, per decine di secoli, mai messo in forse che l’apertura alla trasmissione della Vita determinasse l’essenza dell’istituto chiamato Matrimonio. La separazione del trinomio Affettività\Sessualità\Generatività comporta la messa in discussione della certezza del compito di trasmissione della Vita, affidato all’UOMO e dell’utilizzo, a questo scopo, dell’istituto giuridico\sociale del matrimonio; il che quindi rende astrattamente possibile desiderare di attribuire questo “Nomen” ad un istituto\rapporto che non preveda la finalità generativa, come nei millenni costantemente avvenuto; da ciò la diffusa pretesa di attribuire il “Nomen” Matrimonio all’unione omosessuale all’interno della quale la generatività tramite sessualità è impossibile.

Ennesimi passaggi concettuali: l’Uomo ha da sempre pensato che ciò che si può fare si può anche distruggere: quindi, sono possibili ed operabili, ancorché non ancora leciti nonostante le diffuse tendenze radicaleggianti ed i procedimenti in corso, l’aborto, l’eutanasia, il disporre del proprio o dell’altrui Fine Vita. Il destino della Famiglia, esposta maggiormente alle intemperie, alla mancanza di certezze nella difficoltà decisionali tra pari, all’incremento della competizione sui ruoli. Il destino dei figli affidati alla Scuola, non sempre e non dappertutto adeguata al compito, ai televisori di casa in funzione di Molok, ai loro devices,  con effetti dirompenti per la crescita, la loro formazione delle coscienze, la loro cultura, la loro consapevolezza. L’assurdo mantenimento dell’attenuante della provocazione nella valutazione di comportamenti penalmente rilevanti, giuridicamente perseguiti,  e sfociati in processi per stupri e femminicidi. L’incomprensibile gap in pejus in tema di retribuzioni femminili e conseguenti trattamenti pensionistici, a parità di mansione e conseguente inquadramento; di questo tema troppo poco si parla e niente si raggiunge. L’attuale fase dovrebbe imporre la scelta della eguaglianza delle opportunità, sulla quale le donne da tempo chiedono di misurarsi.

Conseguenze sociologiche della interoperabilità dei ruoli non caratterizzabili con il binomio positivo\negativo: il passaggio dall’idea di Casa Castello alla Casa Monovano, ovviamente una estremizzazione dialettica, consacrato, in Italia dalla Legge Urbanistica del 1971. Il Castello, era il regno della Dama quando il suo Cavaliere andava in guerra di conquista di nuovi possedimenti; il Monovano, è l’alloggio di una coppia di manager impegnati entrambi nella competizione della vita, nell’ottenimento di risultati analoghi, nel ricoprire ruoli analoghi, infastiditi dal doversi occupare di orpelli non funzionali, quali la sistemazione dell’alloggio.

Ci si può spingere in avanti fino a pensare che quanto sopra descritto esprima, ancorché in presenza di problemi ancora irrisolti, una situazione di maggiore  realizzazione condivisa della Democrazia?

Se questo è lo scenario, evidente il ruolo di Insieme e dei cattolici democratici nel confrontarsi, all’interno delle proprie comunità di riferimento, con il cambiamento in meglio verso il futuro: vivere un tale cambiamento nel rispetto dei propri valori, tante volte enunciati, all’interno della propria visione e del progetto di società che è loro proprio; formalizzare una propria Carta dei valori, valorizzare con il pensiero, il discorso, gli scritti ed accompagnare con l’azione di testimonianza le positività che la società esprime nel presente e nel divenire; contrastare con l’influenza della propria presenza nella società civile, pensando, dicendo, testimoniando con i comportamenti,  attraverso i suoi associati il dichiarato proposito di contribuire a ribaltare i trend  negativi.

Il tutto nel tentativo di contribuire a conseguire il Bene comune nel cambiamento verso il futuro, i più saldi Valori condivisi, i più sani comportamenti etico\sociali nell’ottica del perseguimento del Bello, del Bene, del Giusto e del Vero.

Massimo Maniscalco

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