Come abbiamo recentemente fatto per quelle di altri gruppi di lavoro organizzati da Politica Insieme, pubblichiamo le proposte che riguardano l’agricoltura a firma di Andrea Olivero elaborate all’interno del gruppo coordinato da Daniele Ciravegna in materia di ambiente, territorio e agricoltura.

Premessa

L’agricoltura italiana ha una lunga tradizione di alta qualità, pur caratterizzandosi per marcate differenze territoriali e per una strutturazione aziendale talvolta poco adatta a garantire sviluppo ed innovazione. Nel complesso il settore agricolo (che comprende al suo interno anche silvicoltura e pesca) pesa oggi il 2,1 per cento dell’economia italiana, ma è fattore decisivo anche per il settore agroalimentare, sommando il quale si giunge ad un 3,9 per cento, dato di tutto rispetto se consideriamo le altre nazioni europee più sviluppate. Deve, inoltre, essere tenuto in debito conto anche il peso occupazionale del settore agroalimentare, assai rilevante, con il 5,5 per cento di tutti gli occupati, due terzi dei quali in agricoltura. Il settore ha manifestato una netta controtendenza nei recenti anni di crisi, mantenendo elevato il numero di occupati, in prevalenza stagionali a tempo determinato. Si assiste, ormai da alcuni decenni, ad un rilevante calo del numero di imprese agricole, aspetto accentuatosi negli ultimi anni, derivante dalla fine di un modello agricolo familiare ormai obsoleto. Per un certo tempo questo aspetto ha coinciso anche con la perdita di SAU, superficie agricola utilizzata, con rilevati danni per il settore, ma recenti rilevazioni sembrano indicare una, seppur leggera, inversione di tendenza. Un aspetto peculiare dell’agricoltura italiana, essenziale per la tenuta di molte imprese e per la sua innovazione, è la sua particolare propensione alla multifunzionalità. Negli ultimi decenni molte aziende agricole hanno differenziato le proprie attività sia aprendosi al turismo (agriturismo, cantine aperte, agricoltura sociale…), sia alla trasformazione dei prodotti sia, infine, alla produzione di bioenergie, aderendo a progetti di economia circolare che da sempre sono presenti nella cultura contadina.

Punti di forza della nostra agricoltura

Schematicamente si possono individuare quattro elementi che rendono l’agricoltura italiana un settore potenzialmente dinamico e attore di autentico sviluppo:

  1. La qualità dei prodotti agricoli italiani e dell’agroalimentare viene riconosciuta a livello planetario. Essa è figlia di una lunga tradizione che, in Italia più che in ogni altro Paese, si è conservata grazie alla caratteristica ancora in gran parte familiare delle imprese agricole.
  2. La biodiversità italiana, frutto di una straordinaria compresenza di ecosistemi differenti nel nostro Paese, garantisce una pluralità di prodotti davvero unica e capace di sviluppare interesse in un mondo sempre più connotato da produzioni omologate. Inoltre, l’Italia è leader nella produzione bio nel mondo, con oltre il 15,5 per cento della SAU (pari a circa due milioni di ettari) coltivato secondo gli stringenti disciplinari dell’agricoltura biologica.
  3. In Italia prodotti e luoghi sono tra loro associati, grazie alla tradizione e all’amore delle comunità per il proprio territorio. Questo garantisce che il prodotto agricolo possa godere del prestigio dei luoghi di provenienza e, contestualmente, che taluni territori possano beneficiare della fama raggiunta dai propri prodotti. L’Italia è il primo Paese al mondo per prodotti ad indicazione geografica (299 prodotti DOP, IGP, STG e 524 vini DOCG, DOC e IGT).
  4. La competenza dei nostri agricoltori si è tramandata nel tempo e consente oggi spesso di associarsi ad una forte innovazione produttiva, figlia di studio, scienza e tecnologia. Nell’ultimo decennio gli istituti agrari e le facoltà universitarie hanno avuto una costante crescita di studenti, che oggi rappresentano una preziosa risorsa umana competente e innovativa.

Elementi critici

Di fronte alle grandi potenzialità sopra espresse, sono purtroppo presenti anche elementi che in taluni casi stanno mettendo a rischio intere filiere e rappresentano una zavorra per il settore. In particolare, possono essere sottolineati questi principali aspetti:

  • Scarsa redditività dell’attività agricola. La notevole parcellizzazione delle aziende, spesso di dimensioni assai piccole e poco propense ad aggregarsi, la non sempre razionale strutturazione aziendale, il costo elevato dell’energia ed altri fattori, spesso contingenti, connessi alle vicende climatiche, rendono in talune parti del Paese poco redditizio il settore.
  • Abbandono delle aree interne. La progressiva carenza di servizi nelle aree rurali, la scarsità di reti logistiche efficienti e l’obiettiva complessità del territorio nazionale, caratterizzato da molte aree di difficile accesso, rendono sempre più grave questo problema, che riguarda principalmente le aree montuose, tanto delle Alpi quanto degli Appennini.
  • Cambiamenti climatici e calo della biodiversità. L’Italia è più esposta di altri Paesi ai rischi connessi a condizioni climatiche estreme: alluvioni, siccità, incendi e altri eventi (si pensi alle tempeste di vento che hanno devastato foreste secolari lo scorso anno) mettono a repentaglio non solo i raccolti, ma persino la sopravvivenza di habitat naturali caratteristici.
  • Presenza di mafie e caporalato in agricoltura. Il settore primario è da sempre considerato strategico per le organizzazioni mafiose, sia per questioni simboliche, sia per la relativa facilità di riciclaggio di denaro. Scarsi controlli, cattiva gestione dei fondi PAC, in special modo da parte delle Regioni, mantenimento di modelli aziendali e produttivi arcaici (ad esempio la vendita del prodotto “in campo”) consentono alle mafie, antiche e nuove, di controllare interi territori e filiere.

Proposte

Si indicano di seguito alcune proposte di carattere generale, che possono facilmente essere tradotte in atti di governo e in provvedimenti legislativi:

  • Sostegno all’aggregazione tra imprese e agli accordi di filiera. Serve un patto tra settore agricolo e agroalimentare per aumentare il valore aggiunto dei prodotti agricoli e garantire il mantenimento della qualità dei prodotti italiani e del territorio produttivo.
  • Potenziamento delle reti infrastrutturali. È necessario garantire la piena connettività di tutte le imprese agricole ed il loro accesso ai mercati. Su questo capitolo dovrebbero essere investite parti consistenti del finanziamento comunitario, come hanno fatto nostri importanti competitor negli scorsi anni.
  • Sostegno alla multifunzionalità, con particolare riguardo a progetti di economia circolare. Le imprese agricole (ed in particolare gli allevamenti) debbono essere aiutate a trovare soluzioni innovative per compensare le emissioni di CO2 e ridurre l’inquinamento.
  • Tutela delle aziende agricole delle aree interne, valutando forme di retribuzione per i servizi ecosistemici che esse svolgono nell’interesse comune (tenuta dell’assetto idrogeologico, mantenimento della biodiversità, tutela del paesaggio).
  • Avvio di un piano nazionale di gestione sostenibile del patrimonio forestale italiano, oggi lasciato per oltre due terzi in completo abbandono, con gravi danni all’ecosistema e rischi per le popolazioni.
  • Creazione di una tutela pubblica della biodiversità in agricoltura, garantendo la custodia delle sementi e loro caratteristica di bene comune.
  • Sostegno all’investimento tecnologico e all’innovazione delle pratiche agricole. Negli ultimi anni la tecnologia sta offrendo formidabili strumenti che possono ridurre in modo significativo l’impiego della chimica in agricoltura ed assicurare una drastica riduzione del consumo idrico ed il mantenimento nel tempo della fertilità dei suoli.
  • Riduzione del numero dei soggetti preposti al controllo in agricoltura e loro efficientamento, per garantire sia standard sanitari e ambientali elevati, sia un rigoroso rispetto delle normative sulla tutela dei lavoratori.
  • Gestione maggiormente coordinata dei fondi PAC tra le diverse Regioni, per poi giungere ad un confronto con Francia, Spagna, Portogallo e Grecia finalizzato alla realizzazione di una proposta “mediterranea” di gestione della Politica Agricola Comune, da anni monopolizzata dai Paesi del Centro-Nord dell’Unione.

Daniele Ciravegna

 

Immagine utilizzata: Pixabay

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