Quando smetteremo – anzi smetteranno, dato che su queste pagine non l’abbiamo mai fatto – di raccontarci la favola del “centro” e dei “moderati” sarà sempre troppo tardi. Per parte nostra lo stiamo affermando da oltre quattro anni a questa parte. Dai tempi non sospetti in cui la nostra rivendicazione di “autonomia” da ciascuno dei due poli di destra e di sinistra, in nome di una proposta politica di chiara ispirazione cristiana veniva irrisa e contrastata – concordemente e di comune intesa, malgrado il tendenziale riferimento ad opposte sponde – sia da chi vagheggiava il cosiddetto “partito cattolico”, sia da chi ci spiegava, senza capire la nostra vera ragione, che erano già stati tali e tanti i tentativi di riproporre un “centro” da vanificarne la speranza. Argomento che, per la verità, funzionava perfettamente da alibi per sentirsi incoraggiati a permanere seduti al desco del Partito Democratico.

Porsi al “centro”, come forza di interposizione tra i due schieramenti di un sistema politico decotto, che sopravvive solo avvitandosi su sé stesso, secondo la logica del “voto utile”, non ha alcun senso. Siamo giunti al punto che ciascuna forza in campo si definisce non più di per sé, in ragione della propria visione, ma per contrasto all’altra. E, per giunta, lo stesso vastissimo astensionismo elettorale va assumendo il carattere, piuttosto che di deprecabile lacerazione da ricucire, di condizione necessaria alla sopravvivenza dell’ attuale sistema.

Per quanto ci riguarda – a maggior ragione dato che non siamo mai stati interessati alla lotteria degli “strapuntini” – vale tuttora la necessità non di accettare un sostanziale “appeasement” con l’attuale sistema politico, sia pure con l’encomiabile e sincero intento di redimerlo, ma piuttosto di proporne un chiaro, alternativo superamento, liberando gli italiani e la pluralità delle culture politiche di un Paese straordinariamente articolato e ricco, dal nodo scorsoio del bipolarismo maggioritario.

Ci attende, a quanto pare, un rude confronto con la proposta “presidenzialista” con cui la destra cercherà d’imporre, al di là del quinquennio in corso, una egemonia non solo immediatamente politica, ma più fondamentale, culturale. Una battaglia per la quale, da parte nostra, proponiamo di attrezzarci operativamente fin d’ora. Potremo vincerla non a mani nude, ma solo costruendo una proposta di rigenerazione di una democrazia parlamentare e rappresentativa che sappia accogliere e governare la sfida della società complessa. Altro che i pannicelli caldi della “moderazione”….

Domenico Galbiati

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