Non era affatto scontato che il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte sarebbe riuscito a gestire con sensatezza la più grave crisi sanitaria che ha sconvolto il mondo e ove l’Italia è stata tra i paesi più colpiti. V’era scetticismo che sarebbe riuscito nelle mediazioni utili a gestire le forze politiche di governo e le pulsioni derivanti da un inevitabile minor coinvolgimento del Parlamento.
Non disprezzabile la diplomazia con cui ha affrontato organismi e leader europei richiamando la necessità di una imponente e solidale manovra finanziaria per sostenere la crisi che coinvolge persone e imprese, e necessaria per rilanciare le economie. Passo dopo passo, non senza preconcetti e opposizioni, la Bce e i principali paesi dell’Unione europea, a partire dalla Germania e Francia, sono addivenuti a concordare misure straordinarie a favore dei paesi più colpiti come mai nella storia.
Certo, Conte ha goduto del favore del ruolo ove le paure inevitabilmente spingono a stringersi attorno alle istituzioni, e questo certamente gli ha consentito ampia visibilità. Ma non era scontato che potesse reggere la prova del palcoscenico, ove altri hanno perso la misura rovinandosi con le proprie mani. Almeno sino a qui. La controprova è nel confronto con diversi leader mondiali, a partire dal Presidente degli Usa Donald Trump e del Premier inglese Boris Johnson, visibilmente impreparati e imbarazzanti dinnanzi a difficili scelte da compiere tra tutela della salute e blocco delle economie. Incapacità pagate a caro prezzo di vite. Per non parlare poi di altri leader come Jair Bolsonaro, Presidente del Brasile, che dà per ineluttabile la perdita di vite umane ritenendo pertanto inutili e costose le misure di prevenzione e sanitarie.
Ma la fase due è diversamente, ma altrettanto gravida di pericoli. Le previsioni economiche 2020 sono disastrose e ciascuno di noi può già ben misurarne il costo. I provvedimenti sin qui adottati possono calmierare gli effetti, ma certo non sono sufficienti per il rilancio. Si invocano grandi idee e scelte ricostruttive. Certo è compito del governo, ma non può bastare.
Occorre un Piano nazionale che chiami in causa tutto il sistema paese. Occorre che tutte le organizzazioni si pongano solidalmente in collaborazione per produrre l’immane sforzo di ammodernamento e rilancio dell’Italia. Come prima non potremo tornare, la sfida è essere meglio. Serve una chiamata generale per predisporre un piano di completa trasformazione, come auspicato da Stefano Zamagni ( CLICCA QUI ).
Il Presidente Conte quindi non balli da solo, ma convochi gli Stati Generali (o come si preferisca chiamarli) del Paese: imprenditori, sindacati, enti di categoria, Terzo settore, Università, centri scientifici e culturali. Convochi le migliori intelligenze di cui disponiamo per raccogliere e sintetizzare le idee ricostruttive portanti di un grande Piano nazionale di rinascita.
Formazione, educazione, e cultura per ridurre i divari di sapere che rischiano di aumentare le disuguaglianze in particolare con il Sud; sviluppo sostenibile di cui l’Italia potrebbe ben divenire un campione mondiale; taglio e semplificazione della burocrazia; sanità territoriale, collaborazione con il privato sociale e occupazione potrebbero essere i driver principali su cui investire le risorse. C’è tanto da fare e una zappa per ognuno. Solo uniti e organizzati, saremo credibili e forti.
Alberto Mattioli