The Observer di Londra rivela che un summit segreto ai massimi livelli è servito a mettere insieme importanti dirigenti del Partito conservatore britannico, che sta al governo, e i laburisti dell’opposizione. Accompagnati da uno stuolo di diplomatici, esperti della difesa e ai capi di alcune delle più grandi aziende e banche, il vertice è stato dedicato a quella che è definita “una delle più significative riflessioni sulla Brexit e le sue conseguenze”. Nello stile britannico, a differenza di quanto fanno i nostri politici italiani, i due partiti maggiori non hanno avuto alcuna difficoltà nell’affrontare assieme una questione così rilevante, da cui dipende il futuro del Regno Unito.

Ma la segretezza sui due giorni d’incontri di giovedì e venerdì scorsi è subito saltata a poche ore dalla conclusione dell’incontro tenuto in una residenza della campagna britannica dello Oxfordshire. C’è da chiedersi se la notizia non sia stata volutamente fatta circolare per preparare la pubblica opinione a decisioni che potrebbero essere prese nel futuro più o meno immediato e che, sicuramente, finiranno per andare esattamente nella direzione opposta da quella verso cui si sono incamminate le cose dopo il referendum che vide la vittoria di tutti quegli speranzosi illusi di risolvere i problemi con la semplice uscita dall’Unione europea.

“Come possiamo far funzionare meglio la Brexit con i nostri vicini in Europa?”, questo il titolo emblematico del documento attorno a cui si sono svolti i lavori, stando a quello di cui sono venuti in possesso i giornalisti del domenicale londinese che a fine settimana sostituisce nelle edicole The Guardian. Si tratta di giornalisti che fanno il loro mestiere e che non si limitano a riecheggiare in maniera compiaciuta i vincitori di turno. Anche questa non è una differenza di poco conto rispetto a quello che avviene a casa nostra.

Tra i presenti dalla parte pro-Brexit dei conservatori c’erano l’ex leader del partito Tory Michael Howard, l’ex ministro per l’Europa l’ex cancelliere Tory Norman Lamont, e per i laburisti l’ex ministro agli affari europei Gisela Stuart, gli attuali ministri “ombra” agli esteri , David Lammy, alla difesa, John Healey e l’ex commissario europeo Peter Mandelson, che fungeva da presidente. I partecipanti non politici includevano John Symonds, presidente della società farmaceutica GlaxoSmithKline; Oliver Robbins, amministratore delegato di Goldman Sachs ed ex capo negoziatore della Brexit per il governo dal 2017 al 2019; Tom Scholar, l’ex segretario permanente del Tesoro; e Angus Lapsley, vicesegretario generale della NATO per la politica e la pianificazione della difesa.

La riflessione di partenza sarebbe stata quella “finora il Regno Unito non ha ancora trovato la sua strada al di fuori dell’UE” mentre c’è da prendere atto che la Brexit ha finito per rivelarsi un “freno” per la crescita e inibisce il potenziale del Regno Unito.

La riunione doveva servire, allora per vedere come “mettersi nella posizione migliore per avere un colloquio con l’Unione europea sui cambiamenti nel commercio e sulla cooperazione tra Regno Unito e UE”.

Dopo aver sostenuto che “il rientro nell’UE non sarà all’ordine del giorno”, il documento del vertice ha tuttavia sottolineato che l’UE e il Regno Unito “hanno interessi comuni nel contenere l’aggressione russa, e quindi nella difesa,  nello sviluppare nuove fonti di energia e nel costruire grandi società tecnologiche anche al di qua dell’Atlantico, piuttosto che solo degli Stati Uniti”. Questa ultima frase è particolarmente significativa perché spazza via tutte quelle illusioni, sostenute da Trump, che il Regno unito avrebbe trovato in una più stretta relazione con gli Usa il “risarcimento” per l’uscita dalla Ue.

I commentatori del The Guardian  che ha anticipato la notizia ieri, ritengono che l’incontro confermi il comune convincimento cui sono giunti conservatori e laburisti nel constatare che “la Brexit nella sua attuale forma sta danneggiando l’economia del Regno Unito e riducendo la sua influenza strategica nel mondo”.

The Guardian ricorda come secondo l’Office for Budget Responsibility ha previsto che, nei 15 anni a partire dal 2016, la Brexit ridurrà il PIL pro capite del Regno Unito del 4% cosa.

 

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