Politica Insieme si è fatta animatrice di un processo di convergenza di gruppi, associazioni e persone che, sulla base del Manifesto lanciato alla fine del 2019 ( CLICCA QUI ), il Manifesto Zamagni, sta portando alla creazione di un partito d’ispirazione cristiana, dalla forte impronta programmatica e puntando a fare emergere una nuova classe dirigente.

Insieme ha sempre ribadito questa impostazione prima, durante e dopo il Congresso del luglio scorso ( CLICCA QUI ) con una serie di documenti ufficiali, e di decisioni importanti, che hanno sempre confermato alcuni elementi caratteristici che  si intende assumere: partito “nuovo”, cioè espressione di un originale sentimento di gratuità e di disinteresse personale;  fatto di “facce nuove” e non logorate da una lunga partecipazione a fasi della politica in via di superamento e che hanno assistito, tra le altre cose, all’irrilevanza del movimento politico dei cattolici; espressione dei territori piuttosto che di  “caminetti” tra  maggiorenti o tra “ottimati”, termine quest’ultimo più adatto a logge massoniche che a un partito vissuto democraticamente.

La capacità di essere “nuovo” scaturisce anche dalla propria connotazione e, quindi, dalla consapevolezza dell’autonomia espressa, come non è stato fatto pienamente finora nel corso della cosiddetta diaspora, sul piano pubblico e legislativo in stringente coniugazione della Costituzione e del Pensiero sociale della Chiesa.

Credo che questo debba essere visto come il senso più vero del definire l’identità che a noi sta a cuore rappresentare. Cosa che non significa autoreferenzialità. Anche perché, nel corso del lungo impegno politico dei popolari e dei cristiani democratici, è sempre emersa la capacità di ragionare in termini di coalizione con altre forze di natura laica con cui, però, era possibile, persino sui temi antropologicamente ed eticamente più sensibili, un’intesa o, almeno, un reciproco rispetto.

La ricerca del dialogo e del confronto richiede discernimento. A maggior ragione oggi, quando emergono tutti i limiti di quelle che sono state le espressioni politiche del nostro mondo, in un contesto in cui il “bipolarismo” mostra tutto intero il proprio disfacimento richiede un grande discernimento. Da un lato, dev’essere infatti proseguita l’azione di convergenza; dall’altro, è necessario, persino doveroso, evitare che l’idea della ricerca di un’astratta unità, giocata tutta a livello di accordi di vertice tra entità prossime allo zero per cento, distrugga definitivamente quel nostro moto originale, perché autenticamente trasformatore e di cui credenti e non credenti possono farsi propugnatori e partecipi, al fine di avviare una nuova fase rigenerativa della nostra politica e delle nostre istituzioni.

Chi pensa di mettere insieme piccoli spezzoni, tra l’altro mantenendo in essere l’ambiguità sulla futura collocazione e chiaramente facendo intendere che ci si limita a pensare come meglio fare per mandare, o rimandare, in Parlamento un risicato drappello, si assume la responsabilità di far deragliare definitivamente quel processo di ricomposizione che avrà un futuro se darà il segno di una netta inversione di tendenza.

Anche i temi che sono a noi più cari, lavoro, solidarietà, famiglia, e pace, ma anche quelli dell’educazione, quelli etici che richiamano una complessità che non sempre sappiamo adeguatamente penetrare, devono essere declinati in una visione rigeneratrice e non possono essere mortificati da intese con quanti non hanno finora sviluppato una presenza coerente con quei valori di riferimento cui pure dicono, come facciamo noi, di ispirarsi.

Giancarlo Infante

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