Come sanno i nostri lettori “+ istruzione è la soluzione” è lo slogan lanciato da Tuttoscuola per sostenere la necessità di un grande investimento volto a innalzare in modo sostanziale la qualità e l’equità del sistema educativo italiano, i cui gravi limiti e ritardi vengono rilevati anche nell’edizione 2021 del rapporto OCSE Education at a glance ( CLICCA QUI ) pubblicato nei giorni scorsi. Elevati indici di dispersione, gravi (e storici) squilibri Nord-Sud, bassa percentuale di laureati, record di Neet, età avanzata dei docenti sono solo alcune delle questioni evidenziate nel rapporto. Alle quali ne va aggiunta almeno un’altra, messa in luce dall’Invalsi: la bassa qualità della preparazione media reale dei nostri studenti, nettamente inferiore a quella che essi dovrebbero teoricamente possedere sulla base dei titoli di studio acquisiti.

Su come affrontare tali questioni siamo tornati più volte, ribadendo la nostra convinzione che la via maestra per un cambiamento di fondo poggi sui pilastri della inclusione, personalizzazione e digitalizzazione dei processi formativi, con un particolare impegno per la rimozione delle cause degli squilibri, soprattutto di quelli sociali e territoriali, che penalizzano il Sud del nostro Paese.

Una scuola migliore e più giusta sarebbe il più efficace antidoto (di tipo preventivo) contro la diffusione del virus dell’ignoranza. Un virus che in passato ha prodotto superstizioni, pregiudizi, false credenze, totem e tabù, e che nel nostro tempo internettistico si manifesta nella forma delle fake news – le italiche “bufale” – la cui diffusione è inversamente proporzionale al livello di istruzione raggiunto dalle popolazioni di riferimento e che è alla base del populismo, caratterizzato in primo luogo dalla sfiducia nella scienza e nella competenza, all’insegna dell’uno vale uno. Come si sta vedendo bene nel diversificato comportamento degli italiani nei confronti del vaccino anti-Covid 19.

Non è casuale, è lecito presumere, il fatto che lo zoccolo duro dei no-vax si collochi nella fascia dei 50-60nni, certamente meno acculturata delle classi di età più giovani, soprattutto le ultime (18-30 anni), e che i maggiori rischi li stiano correndo Regioni, come la Sicilia e la Calabria, dove la dispersione scolastica è più alta e la qualità della scuola più bassa. Per fortuna la battaglia populista contro l’obbligatorietà del green pass, che permette anche la riapertura delle scuole in sicurezza, assomiglia sempre di più a quella degli ultimi giapponesi dopo la fine della Seconda guerra mondiale, convinti che la fine della guerra fosse una fake news. Ecco perché per battere definitivamente l’insidia populista serve urgentemente “+istruzione”.

 

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