Quando nel 2019 la casa editrice Morcelliana pubblicò “Breve apologia per un momento cattolico” del teologo e filosofo francese Jan Luc Marion, opera di presentazione alla società d’oltralpe dell’utilità di una presenza cattolica nell’ambito di uno Stato laicissimo, provato profondamente dall’estremismo islamico, mi sono chiesto se non fosse arrivato il tempo per un’opera simile anche in Italia, seppure scampata alle stragi del Bataclan e di Nizza, ma comunque impigliata nelle contraddizioni del populismo e del sovranismo, due facce della stessa crisi della democrazia, che ormai è di fronte agli occhi di tutti.

Le categorie di crisi e decadenza delle organizzazioni umane, evocate da Marion, calzano anche nell’analisi dello stato di salute del nostro Paese a cominciare dai suoi due maggiori protagonisti, lo Stato italiano come soggetto politico nazionale e la Chiesa cattolica come autorità religiosa, che nel suo affermarsi storico si presenta oggi con un’accentuata identità internazionale e universale.

Nell’anno ormai storico del manifestarsi della pandemia in Italia, il 2020, gli osservatori più attenti hanno iniziato a esorcizzare il rischio incombente dell’”età del vuoto” e della “notte di un’epoca” per l’Italia, dove le persone hanno smesso di sperare perché non immaginano un futuro migliore del presente e dove appaiono ormai diffusamente sentimenti di rabbia verso la politica e le istituzioni e di odio nei confronti dei più deboli, in particolare degli stranieri. E il CNEL  si è permesso di mettere in guardia coloro che leggono la crisi solo in termini economici, indicando nel 2008 l’inizio dell’interminabile tunnel del declino, perché, a suo parere il nostro Paese ha vissuto, nell’ultimo decennio, un vero e proprio trapasso d’epoca sociale e culturale che ci proietta in un altrove ancora tutto da costruire, cioè una lunga transizione verso l’invenzione di una nuova società.

Il baratro del declino si è appalesato nel momento in cui il sistema politico italiano uscito dallo shock delle elezioni politiche del 2018 , nel primo anno della legislatura ha già cambiato due governi per approdare all’ultima spiaggia del governo Draghi, non a caso guidato da un tecnico di alto profilo che ha messo in mora i tradizionali partiti a vocazione muscolare e conflittuale, rispondendo alle aspettative del Presidente della Repubblica,  fermamente convinto dell’ urgenza di chiamare “i costruttori”, di una nuova fase decisiva della crisi, capaci di guardare con responsabilità e fiducia alla New Generation EU.

L’aveva detto anche un religioso illuminato, come Bartolomeo Sorge, che la salvezza può venire dall’Europa. E proprio la Chiesa cattolica potrebbe contribuire a facilitare questa transizione se avrà la forza di praticare l’esortazione costante di Papa Francesco di non sprecare la dura prova della pandemia restando quelli di prima, per puntare invece, con le opere e la speranza, a uscirne migliori per cambiare paradigma culturale e morale nell’economia, nella politica e nella solidarietà verso i più deboli.

Ma la crisi della democrazia non risparmia neppure il mondo cattolico, i suoi movimenti, le sue istituzioni, i rapporti tra la comunità ecclesiale e i christifideles laici impegnati nel campo della politica. Quindi crisi anche della Chiesa cattolica? Papa Francesco , di fronte a questo dilemma, ha elaborato un’espressione paradossale: mi auguro di essere sempre in crisi come Chiesa per uscire dall’autoreferenzialità e avviare il tempo di una chiesa missionaria “in uscita”.

La crisi non viene letta più come categoria di declino ma come occasione di cambiamento e di sintonia con la storia, capace di rinnovare il percorso della pastorale cristiana che si sviluppa in tre movimenti: dal Vangelo ( la fede) al discernimento dei segni dei tempi, alla vita della Chiesa come popolo di Dio. E’ lo schema pastorale del Concilio Vaticano II , da cui è nato il metodo ormai consolidato di vedere-giudicare-agire. E la Chiesa cattolica italiana si è decisa ad imboccare il cammino di un nuovo Sinodo intitolandolo ”Annunciare il Vangelo in un tempo di rinascita. Per avviare un cammino sinodale”. Ce n’era bisogno? Fresco di stampa, è uscito ad aprile 2021 il libro di Andrea Riccardi “La Chiesa brucia. Crisi e futuro del cristianesimo” in cui l’autore non usa scorciatoie  e afferma che oggi per la Chiesa la situazione è molto difficile e non solo in Italia se il cristianesimo sembra spegnersi in Francia e anche nella cattolicissima Spagna e in Germania. Coincidenze di una pandemia nella pandemia: chiese vuote, crollo delle vocazioni, catastrofe educativa e disimpegno dei giovani, stanchezza nella pratica religiosa.

Viviamo- scrive il sociologo Franco Garelli- in un’epoca che coltiva un’idea debole e plurale della verità: la religione non fa eccezione. E se la ricerca sociologica conferma la crisi del sentimento religioso nell’Italia incerta di Dio, lo stesso Andrea Riccardi non rinuncia a segnalare un rilevante fenomeno storico che fa da contrappeso, rappresentato da personalità carismatiche che hanno segnato la vita religiosa ma anche quella civile del nostro Paese, a partire da don Lorenzo Milani fino a Chiara Lubich.

Verrebbe confermato il paradigma delle minoranze illuminate, evocate da Vera Negri Zamagni nel suo libro “Occidente”, che potrebbero guidare il rinascimento dell’intera società occidentale, segnata dal crollo dei suoi valori fondanti. Certamente la Chiesa italiana ha mostrato ritardi e incertezze se è vero che già ,nel 2015, a Firenze, il Papa “ venuto da lontano” aveva auspicato un Sinodo che partisse dal basso, passando dalle diocesi e dalle parrocchie e assumendo come guida la Evangelii Gaudium.

Emerge forse da queste contraddizioni il vero enigma del Pontificato di Papa Bergoglio, segnato da un Magistero che si impone all’attenzione mondiale con il ciclo profetico delle sue Encicliche o con il coraggioso impegno culturale dell’Economia di Francesco e con il Documento sulla Fratellanza umana e si riflette poi in una Chiesa europea pigra e sonnolenta. Un pontificato crocifisso è stato definito dal Direttore di Civiltà Cattolica, Antonio Spadaro, ma anche il frutto maturo del Concilio Vaticano II.

Dunque qual è  oggi il senso dello scisma strisciante tra il Magistero petrino e il Popolo di Dio? Eppure si direbbe che la prossima Settimana Sociale dei Cattolici di Taranto, di ottobre 2021, intitolata ”Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro #tutto è connesso” sia ispirata all’ecologia integrale della Laudato si’. E cosa dire dei riflessi della Fratelli tutti sui temi già tracciati dalla CEI per il Sinodo della Chiesa italiana, al momento sintetizzabili nella conversione pastorale, nella fraternità sinodale da vivere nel concreto della prossimità e nell’accentuata formazione ecclesiale?

Il cardinale Bassetti ha poi riassunto l’obiettivo strategico del Sinodo con una frase molto immaginifica: scuotere la nostra gente da questo torpore. E i laici che ruolo giocheranno se Papa Francesco non cessa di ripetere che non vuole una chiesa clericale? Si potrà esaltare la transizione verso la sostenibilità sorretta dalla sola cittadinanza ecologica oppure si dovrà ricordare la migliore politica della Fratelli tutti, quella che viene prima dell’economia e della tutela ambientale? Difficilmente il Sinodo italiano potrà tacere sul rapporto stringente tra fede e impegno politico, dimenticando la frase del domenicano, protagonista del Concilio Vaticano II, il francese Marie Dominique Chenu: se il Vangelo non si fa politica cessa di essere Vangelo.

Non si tratterà più di tornare solo alle memorie del passato per non incorrere nella Retrotopia criticata da Bauman e neppure nel ripensamento della legittimità del pluralismo dei cattolici in politica. Semmai si dovrà esercitare un onesto discernimento nella lettura dei segni dei tempi per rilevare cosa è derivato alla democrazia italiana dalla diaspora più che ventennale dei cattolici dalla vita politica e se allo stato penoso dei partiti attuali si debba rispondere con un superficiale “hic manebimus optime”.

Enzo Bianchi, alla notizia della nascita del nuovo partito Insieme, dichiarò che era un fatto legittimo ma che lui avrebbe auspicato (preferito?) prima un Sinodo della Chiesa italiana. Ma la politica cammina a prescindere dai Sinodi, i quali saranno fondamentali per illuminare le coscienze e facilitare le conversioni, ma non potranno entrare nella  piazza laica e pluralista della democrazia.

Senza soffrire di nostalgia i cattolici democratici italiani hanno da tempo assorbito il valore della laicità della politica dall’esempio di giganti come Sturzo, De Gasperi e Moro, i quali con la loro testimonianza si sono sempre ispirati ai valori cristiani e alla Dottrina sociale della Chiesa. Dossetti aveva a suo tempo raccomandato che il progetto politico, ideato e perseguito, restasse totalmente distinto dalla comunità di fede e che nascesse da un senso di giustizia disinteressata, specialmente verso le categorie evangeliche privilegiate (i poveri, gli umili, i piccoli). Con questo stesso spirito auguriamo alla Chiesa italiana un proficuo ascolto della base in una sinodalità ispirata dallo Spirito di Pentecoste: l’Italia ne ha bisogno.

Antonio Secchi

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