La Lega, attraverso il suo segretario, ministro delle infrastrutture e vice capo del governo, invoca una sanatoria per le cartelle esattoriali del 2023, ritenendo che chi non ha pagato, non è perché non voleva ma, non poteva. Non c’è dubbio che l’affermazione rispecchi un dato reale, pur difficilmente quantificabile, se non su base statistica. Il ministro prende le parti di coloro che si sono trovati in difficoltà nel pagare i tributi e sostiene che si debba loro concedere di sanare il debito verso lo Stato, concedendo condizioni di miglior favore, che non quelle vessatorie del vigente sistema fiscale. La misura, sostiene, è del tutto congrua, coi generosi provvedimenti dei governi precedenti per  la concessione del reddito di cittadinanza o i bonus a favore del risparmio energetico: mettendoli, di fatto, sullo stesso piano.

Che i condoni, siano diventati prassi ricorrente dei governi, per fare cassa, non deve stupire ma, la scelta genera sempre discussioni accese, sul piano dell’etica istituzionale. Chi è favorevole, ritiene che gli oneri dovuti allo Stato siano un gravame eccessivamente pesante, fino a compromettere l’esercizio sostenibile delle proprie attività. Non è dato sapere quanto il fenomeno sia diffuso ma, pur sempre significativo sul piano delle entrate dell’Erario. Lo Stato, si dice in questo caso, non esonera nessuno dal pagamento delle tasse ma, consente delle dilazioni e la sospensione delle sanzioni, senza infierire su contribuenti onesti in crisi economiche. Non ci sono quindi concessioni particolari, se non la possibilità di mettere in regola cittadini che si sono trovati in difficoltà finanziarie. Chi è contrario, avendo correttamente ottemperato ai propri doveri fiscali, mettendo in conto anche rinunce e sacrifici personali, non può che, comprensibilmente manifestare il proprio sdegno avvertendo un oggettivo atto di ingiustizia. Dilazionare i pagamenti, su intervalli di tempo più lunghi, farebbe comodo a tutti, oltre a essere un atto di giustizia fiscale.

Stando così le cose, agire a valle del sistema, per temprare gli effetti di un meccanismo tributario oppressivo, almeno per una parte di contribuenti, significa introdurre elementi distorsivi che tendono solo a perpetuare un sistema ritenuto inadeguato, generando ulteriori sperequazioni. Meglio sarebbe allora, agire a monte, riducendo le aliquote, in modo da renderle più sopportabili per tutti. La modifica delle aliquote fiscali, introdotte dal Governo in carica, lo scorso anno, non sembra aver preso in considerazione il problema, con variazioni che hanno poco inciso sull’impianto complessivo, lasciando il limite dei 50mila euro, o poco più, per l’applicazione dell’aliquota maggiore. Fissare l’asticella del discrimine tra abbienti e, meno abbienti a 50mila euro, come fatto dai governi precedenti, è quanto meno discutibile ma, evidentemente va bene così, visto che la maggioranza di Governo è tendenzialmente orientata verso la flat-tax.

La politica della rottamazione porta inevitabilmente alla rottamazione della politica. Il cittadino onesto che paga le tasse, si sente raggirato nel vedere che, chi non le paga, pur per diverse ragioni, trova sempre il modo per essere agevolato. La conseguenza è che i cittadini perdono fiducia nello Stato e si allontanano dalla politica e dalle istituzioni, come dimostra la sempre minor percentuale di cittadini che vanno a votare.

Le scelte in politica, non sono mai neutrali e, andrebbero sempre fatte, tenendo conto deli interessi complessivi del Paese.

Adalberto Notarpietro

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