La notizia ha già fatto il giro del mondo. Dal New York Times ( CLICCA QUI ), alla Bbc ( CLICCA QUI ), grande il rilievo della notizia che Sergio Mattarella fa salire al Quirinale Mario Draghi alla ricerca di un governo di “alto profilo” in grado di portare il Paese oltre la crisi in cui si è avvitata un’intera classe politica che ha fatto il proprio tempo.
Da “Super Mario”, come lo definisce stamattina The Guardian ( CLICCA QUI ), ci si attende ora quello che non c’hanno saputo dare una maggioranza rissosa e una destra incapace di offrire un’alternativa adeguata, chiusa com’è in una visione antieuropeista e distante dall’idea di una democrazia di stampo occidentale. Egli sale al colle più alto di Roma perché “le cose cambiano, e a Draghi non sfugge”, come titolammo un articolo di Giuseppe Sacco dello scorso agosto dopo l’intervento dell’ex Presidente della Bce al Meeting di Rimini( CLICCA QUI ).
Con la chiamata al Quirinale di Mario Draghi si svolge l’ultima parte del tramonto di un’intera stagione politica e si possono forse creare le condizioni affinché si avvii quella trasformazione di cui noi parliamo da tempo e che dopo il lancio del nostro Manifesto ( CLICCA QUI ) ci ha portato a dare vita al partito Insieme intenzionato a partecipare al superamento di una lunga fase politica – istituzionale che ha contribuito al degrado dell’intero Paese. Quella della cosiddetta Seconda Repubblica che della Prima ha protratto nel tempo le cose peggiori, nonostante le tante assicurazioni che, con il bipolarismo ed anticostituzionali leggi elettorali, l’Italia sarebbe diventato un Paese migliore e risolto le tante cose rimaste sospese. A partire dalla qualità della sua collocazione in Europa.
Sotto il profilo della scelta europeista, Mario Draghi assicura una coerenza e una continuità di comportamenti che partono dall’impegno profuso da Direttore generale al Tesoro, da quello di Governatore della Banca d’Italia e, soprattutto, da Presidente delle Bce. In quest’ultima veste è riuscito in quello che sembrava impossibile: costringere i tedeschi a ragionare in una logica europea che non partisse e si concludesse nella ricerca dei solo vantaggi per loro. C’è voluto del tempo, ma un diverso sentimento, che non dobbiamo comunque considerare assodato per sempre, si è lentamente imposto e ha portato a dei risultati concreti con l’avvio del nuovo settennato dell’Unione Europea.
Così, Mario Draghi potrebbe rivelarsi una grande opportunità per l’Italia costretta a rimisurare le proprie relazioni con quegli alleati d’Oltralpe cui ha sempre più legato i propri destini all’interno del cammino prima comunitario e poi dell’Unione. “Super Mario”, a differenza di gran parte della classe politica italiana, è probabilmente in grado d’indirizzare tutto l’impegno per il Next Generation Eu in modo che l’Italia ne tragga il massimo dei benefici, cosa che non era detto si sarebbe ottenuto con le vaghe idee espresse finora, e su questo Matteo Renzi aveva le sue ragioni, e i partner europei possano pensare che, una volta tanto, saremo all’altezza della situazione.
Esiste, però, il contesto in cui questo incarico a Draghi prenderà corpo allorquando sarà in grado di sciogliere la riserva con cui uscirà dal Quirinale per andare a confrontarsi con i suoi interlocutori dei palazzi della politica da cui, in ogni caso, molto dipenderà.
Egli è estraneo a tutto il sistema dei partiti. Questi sanno benissimo che le novità introdotte con lui potrebbero segnare la fine di molte pratiche e molti modi di ragionare. E qui si pone il problema che un Governo ha pur sempre bisogno dei voti nelle commissioni parlamentari e in aula, non solo e non tanto per sopravvivere, ma per portare a compimento qualunque provvedimento sia necessario emanare. Vi è pure l’altro problema, sempre più evidente, di una macchina istituzionale e amministrativa che non funziona più a causa di un legiferare ridondante e confuso e l’inevitabile contorto rapporto che, in una situazione del genere, si crea tra apparato, politica e interessi esterni di cui non è regolamentata la relazione con le istituzioni pubbliche.
Il quadro politico è oramai caratterizzato da una polverizzazione in gruppi e sottogruppi che fanno da confuso contorno a partiti più grandi non più in grado di reggere all’interno del sistema cosiddetto bipolare che formalmente si continua a tenere in vita.
Il centrodestra è oramai ridotto ad una dichiarazione d’intenti di natura esclusivamente elettoralistica, sovente smentita nei fatti come accaduto anche nel corso di questa crisi. L’alleanza tra Cinque Stelle e Pd, nata per uno stato di necessità, in quello stato è rimasta senza andare molto oltre il frenetico impegno a tenere in piedi la legislatura solamente sulla base della coincidente contrarietà alle elezioni anticipate e riuscire a fare il passo verso un organico accordo politico di legislatura.
Bisognerà vedere come il “governo di alto profilo” riuscirà a prendere forma anche quale esecutivo di più ampie intese alla Camera e al Senato. Non tutti i partiti di centrodestra possono coesistere con il centrosinistra e i 5 Stelle e potrebbe non essere facile definire una base parlamentare in grado di offrire la coerenza necessaria a garantire l’esecutivo che si formerà attorno all’ex Presidente delle Bce. Il quale non sarà certo così ingenuo da tentare salti mortali troppo complicati perché, a dispetto delle dichiarazioni di maniera, si troverà di fronte a tanti duri e, forse, insuperabili veti incrociati. Il primo e più tenace è sicuramente quello che riguarda il rapporto con l’Europa e una decisa scelta senza tentennamenti per il campo occidentale, come ci ricorda oggi la nostra Zebretta a proposito del caso Navalny ( CLICCA QUI ).
E’ vero che l’arrivo di “Super Mario” riapre tutti i giochi di un sistema bloccato, ma è anche probabile che la scelta della delimitazione del campo abbia come sfondo la collocazione dell’Italia nel percorso europeo e quindi dovrà fare i conti con l’antieuropeismo di Matteo Salvini, anche se tutta la Lega in questo non lo segue, e di Giorgia Meloni. Si partirà dunque dalla stessa base parlamentare che ha sostenuto il Conte 2, ma con possibili allargamenti che Giuseppe Conte non è stato in grado di perseguire oltre l’apporto dei “responsabili”? Certamente pensando al recupero di Matteo Renzi e, forse, quello di Forza Italia che non ha mai mancato di ribadire la propria scelta di convinto europeismo.
I rischi non mancano perché come abbiamo già tante volte detto il vecchio è superato, ma il nuovo non si è ancora materializzato sia nei contenuti, sia nel metodo. La crisi ancora in corso ha confermato che se al sistema politico mancano i primi, nei secondi continuano ad annidarsi i vizi peggiori della Prima e della Seconda repubblica.
Giancarlo Infante