“Attraverso un nuovo corso di iniziativa e d’azione politica” sono le parole conclusive della riflessione acuta e approfondita di Domenico Galbiati apparsa domenica 2 agosto su “Politica insieme” ( CLICCA QUI ). Un nuovo corso di iniziativa e d’azione politica è il testimone da affidare al futuro partito cristianamente ispirato che dovrebbe prendere forma prima della fine dell’anno. Un nuovo corso, giustamente, perché qualsiasi tentativo di riprendere un discorso interrotto è destinato al fallimento. Così pure non c’è prospettiva nel vedere il futuro nuovo partito cristianamente ispirato come una ricomposizione della diaspora dei cattolici impegnati in politica. Significherebbe soltanto rimettere insieme dei cocci ma i pezzi vecchi non servono per costruire qualcosa di nuovo, al limite per riparare qualcosa. Invece nella politica di oggi e del prossimo futuro c’è bisogno di inventare qualcosa di nuovo perché, come ammonisce Stefano Zamagni, “al nostro Paese non sono più sufficienti le riforme, ma serve una ricostruzione”.
L’unico elemento in comune con il passato, come un fiume carsico che c’è anche quando non si vede, è l’ispirazione all’insegnamento del Vangelo, è avere come guida la dottrina sociale della Chiesa, è porsi come obiettivo “la costruzione della città dell’uomo a misura d’uomo” nell’insuperabile espressione di Giuseppe Lazzati.
Un nuovo corso si può, anzi si deve intraprendere, avendo ben chiaro il terreno sul quale costruire la città dell’uomo. Una mappatura di questo terreno arriva da due articoli pubblicati su “La Repubblica” di domenica 2 agosto. Per la precisione un editoriale e un’intervista, autori diversissimi e su questioni diversissime. Certamente inconsapevoli di dare indicazioni sul percorso futuro dei cattolici che intendono impegnarsi in politica.
Il primo articolo è l’editoriale di domenica scorsa del fondatore del giornale, Eugenio Scalfari, sotto il titolo “Papa Francesco e la società moderna”. La stima di Scalfari verso Papa Francesco è ben nota, ma questo articolo è qualcosa di diverso. Inizia così: “Jorge Mario Bergoglio, che è il nostro Papa dal 13 marzo 2013…”. L’età, l’esperienza e il carisma fanno di Scalfari il nume tutelare della cultura laica italiana, intrecciata di liberalismo e socialismo, apertamente atea, ma rispettosa della sensibilità religiosa. Ma quel “nostro Papa”, ripetuto qualche riga più avanti, è qualcosa di più, supera la stima e il rispetto personale. Scalfari va oltre. Nel riportare il colloquio con Papa Francesco di qualche giorno prima in Santa Marta, ricorda così il momento del congedo: “Non potevamo farne a meno e quindi ci siamo di nuovo abbracciati fisicamente e mentalmente”.
L’abbraccio fisico è un segno di amicizia anche tra persone che hanno idee diverse. Un abbraccio “mentale” è una condivisione di valori, ideali e cultura. Questa immagine è senza dubbio la più significativa fotografia da portare a Porta Pia tra poco più di un mese, quando il 20 settembre verrà celebrato il 150.mo anniversario dell’annessione di Roma allo Stato italiano. Si realizza il sogno di Cavour di “libera chiesa in libero Stato” come riconoscerà un secolo dopo il cardinale di Milano, Giovan Battista Montini nel portare il saluto della chiesa italiana in occasione delle celebrazioni del centenario dell’Unità d’Italia. Tuttavia i primi decenni post Porta Pia sono stati difficilissimi nei rapporti tra Stato e chiesa, arrivando all’esclusione dei cattolici dalla vita politica. Da una parte e dall’altra ci furono atteggiamenti arroganti, pretestuosi e intransigenti. L’anno dopo Porta Pia nacque Luigi Sturzo, quasi uno scherzo della storia per rimarcare che il futuro fondatore del Partito popolare era in larga parte figlio di quell’evento. Nel frattempo tanta acqua è passata sotto i ponti del Tevere e oggi Scalfari saluta il “nostro” Papa Francesco “abbracciandosi fisicamente e mentalmente”.
L’altro articolo di “Repubblica” uscito domenica scorsa è l’intervista a Giovanni Bazoli sulla recente operazione finanziaria che ha portato Intesa San Paolo all’acquisizione di Ubi banca. Due creature dello stesso Bazoli. A un certo punto il giornalista chiede: “Quando lei parla di un’idea vincente di banca (ovvero la fusione, ndr) è quella che possiamo ancora definire finanza bianca o cattolica, che è in fondo il solco nel quale sono cresciuti entrambi i gruppi?”. La risposta del cattolicissimo Bazoli è tremenda e dice: “No, tutto questo è ormai superato. Nel senso che molte delle istanze della finanza cattolica, a cominciare da quella per cui l’interesse della banca non si identifica solo con quello dei suoi azionisti, quindi tradizionalmente una parte degli utili veniva redistribuita in beneficenza, sono ormai state accettate da tutti in senso generale. Esse contribuiscono a definire il ruolo che una banca può e deve avere non solo per i propri stakeholders, ma per le comunità e i territori in cui opera”. Parole che descrivono una Porta Pia all’incontrario, ovvero attraverso quella breccia il mondo cattolico ha conquistato l’Italia. Parole che fanno gioire Sturzo e sono la più bella medaglia per le sue battaglie. Parole che delineano un mondo nel quale i cattolici oggi possono essere protagonisti senza piagnistei e senza sudditanza psicologica.
Parole che dicono chiaramente che indietro non si torna: questa è la prima grande sfida che spetta al futuro partito cristianamente ispirato. Il quale non dovrà rivolgersi ai cattolici, ma alla comunità intera. Non dovrà operare nella logica di farsi carico dei problemi “cari” ai cattolici, ma operare per il perseguimento della giustizia sociale, il rispetto della libertà, la valorizzazione della persona senza barriere di razza, religione o ideologia. L’insegnamento di Sturzo è stato quello di portare i cattolici in politica, non di perseguire una politica per i cattolici. Insegnamento ancora valido: si tratta di coniugarlo nel contesto socio culturale attuale testimoniato da Scalfari e Bazoli per dar vita a “un nuovo corso d’iniziativa e d’azione politica”.
Luigi Ingegneri