Bene ha fatto Lorenzo Cesa a dirsi assolutamente fiducioso nella magistratura. Si è dimesso da segretario  dell’Udc senza parlare di giustizia ad orologeria, a differenza di quanto è stato spesso fatto e diversamente da chi ha subito voluto creare un collegamento tra l’intervento della magistratura calabrese e la sua recente partecipazione al vertice del centrodestra avvenuta in occasione della crisi di governo provocata da Matteo Renzi. Non costituisce una novità il primo e neppure la persistente presenza dell’Udc  in una precisa area politica. Non è un caso che a ciò abbiamo dedicato un recentissimo intervento ( CLICCA QUI ).

Resta in ogni caso da vedere le specifiche responsabilità di uomini di rilievo dell’Udc calabrese finiti al centro dell’inchiesta e, persino, arrestati.

Purtroppo, le cronache da tempo portano alla nostra attenzione brutte vicende in cui finiscono coinvolti anche uomini politici e rappresentanti delle istituzioni. Quello della criminalità organizzata, che si sovrappone ad un fenomeno diffuso di corruzione, giacché per  decenni non si è fatto tutto ciò che era necessario fare per  sconfiggere la prima e per introdurre sistemi adeguati a contenere fortemente il secondo, è questione che riguarda l’intero Paese. Ci sono voluti anni ed anni perché anche al Nord si capisse che Mafia, Camorra e ‘Ndrangheta non erano solo cosa meridionale. Anzi!

Perché Falcone seguiva i “piccioli”? Perché sono soprattutto loro ad interessare la delinquenza, organizzata o meno che sia. Non è detto, dunque, che le grandi organizzazioni criminali utilizzino solamente la loro capacità d’influire sulla politica per raggiungere i propri scopi o che abbiano bisogno d’intrattenere rapporti diretti con gli uomini politici che loro fanno comodo. Nella battaglia contro questo che sembra un nostro male endemico, e neppure più confinabile solo a determinate aree del Meridione, ci dev’essere più impegno da parte dello Stato, anche dentro se stesso. Non dev’essere lasciata sola la società civile, non possono essere abbandonati al loro destino gli imprenditori onesti e quei cittadini che vorrebbero fare la loro parte e che, però, sono costretti a chiedersi “ma chi me lo fa fare?”.

Tutte le istituzioni, tutti noi dobbiamo fare una scelta per la legalità, senza tentennamenti o indecisioni. Ne va del nostro oggi, del nostro futuro e del domani dei nostri figli e nipoti.

Ai politici è inevitabile ricordare come abbiano una responsabilità in più. Non si può evitare di fare delle scelte e non intervenire fissando regole nuove in grado di affrontare la sostanza della questione che riguarda anche l’apparato pubblico, a tutti i livelli. E’ importante impegnarsi nel riempire tutte le falle che, evidentemente, si sono aperte nel sistema istituzionale e politico del Paese.

Noi abbiamo fatto la nostra scelta nelle realtà locali che, però, indicano un sentire che trascende in quella nazionale. Ce lo ricorda Paola Baldassarre, coordinatrice di Insieme nelle Puglie ( CLICCA QUI  ), dove i nostri amici hanno scelto Libera e il contrasto alle agromafie, così come stanno promuovendo un’azione contro l’usura. A Reggio Calabria la nostra Maria Laura Tortorella, da sempre impegnata apertamente per la legalità, partecipa a un Patto Civico per la trasparenza affinché non cali l’impegno attivo contro la ’Ndrangheta ( CLICCA QUI ). Forte è la sua denuncia del fatto che “nessun partito, a nessun livello di governo locale, ha proposto fino ad oggi soluzioni concrete in una materia, quella dei rifiuti, così delicata per gli aspetti sanitari e di decoro urbano ed appetibile per gli enormi interessi economici”.

E’ questa una triste verità che va oltre Reggio Calabria e oltre l’intera Calabria: tutti i partiti non hanno voci, e comportamenti univoci e coerenti nel contrasto alla criminalità diffusa. La stessa legge elettorale calabrese, che grida vendetta per i suoi caratteri anticostituzionali, dimostra come esista, alla fine, una conventio ad includendum che riguarda, però, solamente loro.

Concludo tornando alla vicenda dell’Udc per una riflessione che non può non essere fatta da tutti i partiti esistenti e da quelli che, come noi, stanno costruendo un partito “nuovo”. Questo non si costruisce “raccattando” di tutto per una mal concepita aspirazione a divenire sempre più grandi, ad arricchire il novero delle relazioni, e dunque puntando su un organizzativismo che cerca più la quantità che la qualità.

Giancarlo Infante

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