Per uscire da una crisi, serve un “cambio di paradigma”; cambiare regole e prospettive, adeguare il proprio sguardo a un modo nuovo di interpretare la realtà; è ciò di cui si discute da diversi anni (vedi Mauro Magatti 2017), ma ancora di più è ciò che vuole INSIEME e che spero si avvii concretamente con il nostro Congresso tra quindici giorni.
Tra i paradigmi sicuramente la Sussidiarietà è stata più volta indicata come la scelta strategica fondamentale (vedi Manifesto di INSIEME ( CLICCA QUI )e il documento approvato nel corso dell’Assemblea di ottobre 2020( CLICCA QUI ).
Oggi è un caposaldo costituzionale (introdotta formalmente dal 2005) che fa tesoro della Dottrina Sociale della Chiesa, dalle prime indicazioni della Rerum Novarum alla Quadragesimo Anno che ne ha elaborato la sua più chiara declinazione; ma è anche il principio, formale e sostanziale, su cui si basano tutte le politiche dell’Unione Europea.
Nel nostro Paese, dove è stata culturalmente elaborata e a riguardo è doveroso ricordare Giuseppe Toniolo e Luigi Sturzo, da quando è diventata norma costituzionale non se ne è fatto più nulla.
Soprattutto nelle Città, dove maggiore deve essere la ricerca di collaborazioni costruttive tra pubblico e privato, pochissime sono le esperienze di partenariato che potrebbero spaziare dai servizi alla persona alle più grandi e complesse opere pubbliche. Eppure anche la recente pandemia ha dimostrato che la società è in grado, attraverso le forme associative, di rispondere “presto e bene” alla nuove esigenze che di volta in volta si presentano: le istituzioni arrivano sempre dopo, spesso troppo tardi….
Bisogna, allora, costruire un sistema paritario tra pubblico e privato, interscambiabile e rigenerabile continuamente; se pensiamo anche soltanto al mondo del lavoro dove l’interscambiabilità tra pubblica amministrazione e mondo privato è pressoché nulla, ci rendiamo conto dello spreco quotidiano di risorse umane ed economiche generato da questa impermeabilità tra i due sistemi.
Vediamo qualche punto semplice di osservazione e di attenzione.
In tutte le scelte programmatorie e di spesa, dal più piccolo Comune ed Ente Pubblico fino al Governo Centrale, bisogna che le voci di spesa pubblica siano sempre accompagnate e valutate in termini di “convenienza” rispetto alla possibilità di realizzare i vari progetti e programmi in modo diretto e tradizionale (il tradizionale appalto pubblico più o meno semplificato) o in forme di partenariato pubblico-privato. Ci sono in vigore almeno una decina di forme di partenariato (project financing, concessione, contratto di disponibilità, ecc.) che possono essere utilizzate a seconda del progetto/programma che si vuole realizzare, ma sono praticamente ignorate dalle migliaia e migliaia di stazioni appaltanti in essere nel nostro Paese: non dimentichiamo che ogni Comune è una stazione appaltante, come ogni Ente o Azienda Pubblica
Infatti tutte le opere che, nella fase operativa/gestionale, si sviluppano con l’applicazione di tariffe possono essere realizzate con la collaborazione e l’impegno di risorse dei privati; si moltiplicano in tal modo le risorse a disposizione, si ripartiscono i rischi e si raccordano le fasi realizzative con la fase gestionale, il tutto in un quadro di responsabilizzazione collettiva.
Si tratta, allora, di verificare ogni volta se è conveniente o meno usare soltanto risorse pubbliche e operare con gli appalti tradizionali o utilizzare anche risorse private per garantire la gestione di ogni singola opera.
A fianco di ogni voce di spesa, ad esempio di un bilancio comunale, dovrebbe essere indicata sempre una “c” per certificare che si è valutata ogni diversa modalità di spesa e si è scelta la più “conveniente”.
Se almeno una parte delle decine e decine di migliaia di Amministratori Pubblici -Sindaci, Assessori, Consiglieri Comunali, Presidenti e componenti di Consigli di Enti Pubblici, ecc.- si dedicassero con “attenzione costruttiva” alla discussione dei bilanci di loro competenza, si creerebbe una cultura di governo responsabile e attiva con risparmi e mobilitazione di risorse sorprendenti.
Il presupposto è la qualificazione e responsabilizzazione sia delle strutture pubbliche che di quelle private, perché si genera un autentico rapporto di collaborazione/sana competizione in cui sono sempre presenti le caratteristiche di “chi fa che cosa” e si riducono gli spazi di opacità nel rapporto tra pubblico e privato.
Anche nell’attuazione del Recovery Plan sarà necessario verificare la realizzazione dei vari progetti con forme di partenariato pubblico-privato; sarebbe miope non “far fruttare i talenti” che vengono messi a disposizione dall’Europa.
Da tutti è riconosciuto che si tratta di una occasione “unica e irripetibile! Sarebbe, poi, paradossale che proprio su fondi europei non si applicasse un principio cardine delle politiche europee.
Gianni Verga